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'Nessun luogo è lontano'...

Franco Battiato, oggi 23 marzo, compie 73 anni. Molti ricordano un libricino di Richard Bach, che dopo aver scritto ‘Il gabbiano Jonathan Livingston’ nel 1970 diede alle stampe ‘Nessun luogo è lontano’. Un volumetto agile, che parlava dell’invito a un compleanno e di chi s’era messo in volo per raggiungere il luogo della festa, ma dopo aver percorso i monti e i mari e i cieli in un sol pensiero di affetto, aveva capito che di andare materialmente non ne sentiva alcun bisogno, perché in quel luogo c’era già, con la sua mente e la sua anima. “Volare liberi e felici, al di là dei compleanni, in un tempo senza fine… di tanto in tanto noi ci incontreremo - quando ci piacerà - nel bel mezzo dell'unica festa che non può mai finire”.
Questa immagine sembra adatta a un artista senza tempo e senza luogo come Franco Battiato, che nella sua filosofia di vita orientata alla meditazione ha attraversato tutto, anche i compleanni, come ama ricordare in Testamento e già scorre nel polline di bianchi ciliegi, di rosse melagrane e in acini indaco di uve mature, perché con la sua musica i tempi e i luoghi li tocca di poesia, quando ci racconta la cura infinita delle onde della terra (La cura), il veloce moto delle stelle (Vite parallele) il dolce cullarsi di ali nello spazio tra le nuvole (Gli uccelli) e mille storie di un’unica storia che non finisce mai, che è quella dell’essere in viaggio verso la multidimensionalità. Battiato regala palpiti da almeno trentasei anni, data in cui si affermò il suo disco ‘La voce del padrone’, una porta che apriva e ancora apre altre, innumerevoli porte, dove con Segnali di vita si intravede, a prescindere dalle convinzioni e dalle convenzioni del qui e adesso, una corrispondenza di segni con la cosmogonia. Ascoltare le sue canzoni senza soluzione di continuità genera inesauribile stupore e mai appagamento, come se fosse sempre la prima volta e ogni volta l’emozione non è mai la stessa, mutando in intensità e in finezza secondo il proprio stato di coscienza. Nel corso degli anni le donzelle divenute madri si premuravano, prendendone diletto, di cullare gli infanti su quelle note e sulle altre che via via sopraggiungevano: Fogh in nakhal, Bist du bei mir, Il mantello e la spiga, diluite in un Un oceano di silenzio e innumerevoli altre ancora.
Una diversità unitaria di integrità intoccabile e inalienabile, in un intreccio di cultura e di culture, stimolo al confronto che porta alla conoscenza. Queste canzoni, assorbite per osmosi, andavano a catalizzare energie direttamente nelle molecole cosicché gli allora neonati, ora giovani ragazze e ragazzi, si commuovono ai concerti di Franco Battiato insieme alle loro madri e ai loro padri. Solo i Grandi sanno operare simili miracoli che si rinnovano come il sangue o il ciclo dell’acqua e del carbonio, risvegliando il senso di appartenenza in un’umanità consapevole di esistere e sussistere al di là delle trasformazioni, essa stessa come trasformazione e come atto di potenza verso l’eternità.
Forse siamo stati un po’ troppo enfatici in questo breve racconto della sua bellezza artistica, e comunque i
l nostro augurio al ‘maestro’ Franco Battiato in questo periodo di convalescenza, dopo l’incidente subito qualche mese fa, è che possa rilassarsi nel suo giardino a “leggere, studiare… ascoltare una sonata di Corelli…”(Inneres Auge) mentre segue sorridente il cammino delle sue rose.

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Testo di Teresa Antonietta Teti
foto tratte dal sito ufficiale e dalla pagina facebook

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