È la poesia il motore principale dell’ispirazione di Solo vero sentire, nuovo album – il sesto di una carriera costruita con tre lavori discografici e tre opere per il teatro - di Francesco Camattini. Uscito poco prima della fine dell’anno e distribuito da Egea, l’album è stato presentato al pubblico lo scorso 28 gennaio a Roma, in un incontro intimo tenutosi nella libreria Altroquando, nel quale la voce e la chitarra di Francesco sono state accompagnate dal pianoforte di Alessandro Sgobbio.
Un disco letterario, che sa unire musica e poesia, con la maggior parte delle canzoni che sono infatti ispirate dalle parole di grandi artisti come N. Hikmet, D. Walcott, M. Cvetaeva e I. Andrić.
“Minuscoli frammenti si sono moltiplicati, come per gemmazione disordinata, e sono divenuti immagini, creature autonome, che hanno dato vita ad altrettante canzoni”, racconta Camattini.
In questo album, come in ogni suo lavoro, Camattini unisce arte e impegno civile, dove le grandi tematiche dell’umanità vengono riattualizzate partendo dalle voci dei grandi Maestri. Il risultato è assolutamente originale, consegnandoci un album dove l’autore sembra ricercare una voce autentica rispetto a temi, come per esempio quello dell’amore, che rischiano di essere logorati da retoriche ormai vuote e lontane. Sembra che affermi la volontà di non voler cantare “facendo il verso ad altri” e in questa sua ricerca ci rende conto del perché questo nuovo lavoro s’intitola Solo vero sentire: “Ho sempre cantato alla ricerca di una mia voce autentica che non risulti fasulla ed esteriore ai miei ascoltatori: vorrei dare un minuscolo e sincero contributo alla lettura del nostro tempo, del mio essere nella contemporaneità con gioia e fatica. Anche la musica e gli arrangiamenti risentono di questa scelta, così non abbiamo suonato ‘come avremmo dovuto’ ma come ‘abbiamo sentito giusto’, cercando una strada, a tratti anche impervia, affinché anche la musica suonasse sincera”.
In rete (https://www.youtube.com/watch?v=0VPtp-c4yXs) è disponibile anche il videoclip di Ritango, brano che ha accompagnato l’uscita dell’album: un’elegante danza sostenuta dall’incalzare della chitarra classica di Matteo Mela, in una fulminea e ironica citazione di una vecchia canzone che rimanda a tempi di balere e atmosfere felliniane.