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Quirinetta Caffè Concerto, Roma

Francesco Motta

Forse non ci sono giorni della nostra adolescenza vissuti con altrettanta pienezza di quelli che abbiamo creduto di trascorrere senza averli vissuti, quelli passati in compagnia del libro prediletto (Marcel Proust, Sur la lecture)

C'è il sopra, e c'è il sotto. A Roma soprattutto. A Roma c'è il sopra, dove i turisti galleggiano ogni giorno facendo la spola tra i monumenti più popolari al mondo. A Roma c'è il sotto, in cui le cupe e detritiche banchine della metro si alternano a simboli obliati del dinamismo culturale della civiltà. Così è, se vi pare, nella musica, dove c'è un sopra che tutti conoscono e in cui tutti si riconoscono, e c'è un sotto che nasconde rare chicche creative. A Roma quel sotto è spesso e volentieri il Quirinetta, suburbio retrò della capitale, Corte dei Miracoli del repertorio che si muove, appunto, sotto gli spartiti più comuni. In quel sotto, sabato 16 aprile, c'era Francesco Motta. Nella foschia del gremito fondo sala piedi, braccia e bicchieri si affastellano sovrastasti da un fastidioso e importuno chiacchiericcio. Nella sera ormai tarda per gli standard del sopra – ma legale per quelli del sotto – spuntano un jeans e una t-shirt scura sui quali campeggia una chioma nera. È Francesco Motta, trentenne giunto sul palco a completamento della serata-evento "Roma Folk Fest" (prima di lui l’esaltante flow romanesco di Lucio Leoni).

Aspettava il momento da 4 anni, dice il figliastro di Appino (produttore del primo disco dei Criminal Jokers, sua prima esperienza autoriale) e Sinigallia (deus ex machina di questo esordio solista). È visibilmente emozionato e garbatamente impacciato Motta, che si è scrollato dopo soli due album il "peso" della band e ha preferito isolare la sua penna per comporre La fine dei vent'anni. A Roma, al suo sopra e al suo sotto, ha dedicato anche una canzone Motta, Roma stasera, musa ispiratrice dell'intero lavoro, città che "prende dal collo" e secondo pezzo in scaletta dopo Prenditi quello che vuoi, perfetta e lavica introduzione. Dal vivo si ha la sensazione netta – se non la certezza – che l’ossuto ragazzotto toscano abbia trovato la giusta quadra tra una musica che alterna rudi stoccate punk e gustose onde folk a ballate acustiche e a una compagine testuale matura, ammonitrice, premonitrice, apocalittica, speranzosa.

È un moto ondulatorio continuo quello della band, un magma che dalla batteria di Cesare Petulicchio si spalma sulle sei corde di Giorgio Maria Condemi, una calamita che aggancia il basso di Laura Arzilli – guest star della serata – alle tastiere di Leonardo Milani, forse i più penalizzati dall'acustica a tratti perfettibile del Quirinetta. La voce ipnotica e il timbro eclettico di Motta si staccano dai fumi e dalle gocce che bagnano il palco per via del dissing accennato e riempiono timpani e spirito di chi fa del sotto il suo sopra e si è lasciato invadere volentieri dalla saturazione melanconica dei brani, ma anche di chi si è addentrato curioso alla Corte dei Miracoli. Per un attimo sul palco sale anche Francesco Pellegrini, ex compagno nei Criminal Jokers, che in quel sotto c'era stato poco tempo fa con Appino, tanto per rimanere in tema. L'influsso dark a tratti chiassoso degli Zen Circus riecheggia non poco nel sound molto più duro con cui Motta impacchetta le 10 tracce rispetto al disco. Le percussioni e le sequenze soniche fanno da sottofondo meccanico all'altalena di accordi di Se continuiamo a correre, mentre Motta indiavola sui tamburi e scandisce il ritmo della riflessione sul lavorìo del tempo – Dal tempo che passa la felicità è un loop melodico da cui si fa fatica a uscire, così come Prima o poi ci passerà – sull'amore – Abbiamo vinto un'altra guerra – sulla bellezza – Sei bella davvero.

Gran disco, gran personalità – nonostante sia un esordio il suo è già un marchio esistenziale – e un'emotività che fa capolino da una musica a tratti rude, sintomatica valvola di sfogo che si tramuta in un tenero saluto ai genitori – la madre che "era bellissima" e il padre che "era un comunista e adesso colleziona cose strane" – e in un adorabile "grazie, cazzo".

Foto: Roberta Camilli

 

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In dettaglio

  • Data: 2016-04-16
  • Luogo: Quirinetta Caffè Concerto, Roma
  • Artista: Francesco Motta

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