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di Alberto Calandriello Periodo di intensissima attività per l'Associazione Culturale Lilith, punto di riferimento per la cultura a Genova ed in Liguria, che da pochi giorni ha dato il ...

Arena di Verona

Renato Zero

1979, giugno, periferia di una città veneta. Un tendone a strisce con una grande insegna luminosa: Zerolandia. C'è una ragazzina bionda di 15 anni che frequenta il liceo artistico, che ha grandi sogni, grandi occhi e un amore smisurato per la musica e per suoi i colori. La ragazzina è accompagnata dal papà, che l'ha incoraggiata e sostenuta nella sua passione per l'arte, che la porta alle mostre di pittura e ai primi concerti pop della sua vita. È un po' perplesso, il papà, di tutti quei colori, piume, costumi, trucchi e parrucchi, ma l'accompagna volentieri perché vede la gioia più sfrenata accendere gli occhi della figlia, e a metà concerto si è già sufficientemente ricreduto sulle sue perplessità riguardo al cantante che si esibisce sul palco. L'artista è un certo Renato Fiacchini in arte Zero, quello, fra l'altro, con la tutina giallo oro aderente e un triangolo verde di paillettes ricamato sul petto, quello con i capelli nerissimi e lunghi, con la frangia e i boccoli, quello con la faccia truccata di malinconia come un clown del circo. Quello magrissimo, che non sta fermo un istante, che si dimena, che ancheggia e ammicca, che balla e canta come un folle per più di due ore sotto un tendone a strisce strapieno di ragazzi festosi e innamorati, di lui, della musica, dei colori, dell'arte, della vita (e dell'arte della vita). Proprio come lei.

2016, giugno, centro storico di una città veneta. Il teatro stavolta è antico, immenso, il luogo più bello del mondo dove un artista possa pensare di esibirsi, tempio della lirica e insieme luogo ideale per la musica pop e rock. Tra i 15.000 spettatori della prima delle tre serate previste (tutte sold out), avvolti in leggerissimi impermeabili multicolori, incappucciati e sorridenti, c'è una ragazzina bionda di 15 anni che studia al liceo artistico, dipinge, scolpisce, ama la pop art e i manga giapponesi. È seduta in prima fila all'Arena di Verona, occhioni sgranati, affamati, e stupore crescente, e accanto a lei c'è la mamma, quell'altra ragazzina di cui dicevamo prima, che aveva la sua stessa età nel 1979, quella che avevamo lasciato sotto al tendone a strisce. La pioggia batte sui loro cappucci di nylon, ma non diluisce né raffredda l'emozione. Le luci si spengono, il cielo è cupo, loro due si stringono forte la mano e si uniscono al rituale conto alla rovescia che scandisce gli ultimi istanti di quell'attesa frenetica e bagnata.



3...2...1... Zero!!! Parte la musica, lui non compare ancora. Sui megaschermi di lato e sopra al palco sfilano immagini di altro pubblico festante, altri occhi, altri applausi, altri volti emozionati. Il concerto inizia con Non dimenticarti di me, un inedito che è un invito, una preghiera e insieme un ringraziamento al pubblico che sfidando le avverse condizioni del tempo (“questa bizzarra meteorologia non ci fermerà” dirà poi lo stesso Zero) è accorso fin qua da tutta Italia per queste tre serate magiche che segnano il ritorno di Renato Zero dal vivo dopo quasi tre anni di assenza. Finalmente entra in scena il protagonista, accompagnato dal gruppo a cappella dei Neri per caso, che lo affiancheranno con le loro voci, e dai suoi storici musicisti, tra cui Stefano Senesi al pianoforte e Lele Melotti alla batteria. Renato, luminoso e impeccabile nel suo completo bianco, intona Vivo, da uno dei suoi primi album, Zerofobia del 1977. Sale la commozione soprattutto in chi ha più di 50 anni, la magia ha avuto nuovamente inizio e confonde la gioia di tre generazioni in un unico fragoroso e caloroso applauso. 

A 65 anni, a dispetto del tempo e delle mode che da sempre ha combattuto imponendosi con grande coraggio, l’istrionico Renato Zero si trasforma per l’ennesima volta in una sorta di pifferaio di Hamelin, per cantare oggi – con modi ben più sobri - ciò che ieri interpretava con gestualità trasgressive indossando costumi eccentrici e trucchi esagerati. Renato è ora un signore elegante (vestirà completi impeccabili bianco, grigio chiaro, blu, e nero per il gran finale) che affronta con la sua maturità e grande coerenza gli stessi temi degli inizi: amore, coraggio delle idee, rispetto della vita, attenzione per gli ultimi, ma anche il desiderio di una Rivoluzione che rimetta in piedi il Paese. “Un’altra Italia sì, oh! Un po’ più onestà di così”, chiede Renato e l’Arena s’infiamma. Zero è maestro dello stare in  scena su quel palco enorme inondato da luci spettacolari, gesticola molto ma contiene gli ammiccamenti e gli ancheggiamenti di un tempo, accenna qualche passo di danza ma senza mai esagerare. E' la voce a far da padrona, a sostenere una scaletta di ben trenta brani per tre ore abbondanti. Voce pulita, forte, ben impostata fino alla fine, nonostante la pioggia, una brezza leggera e l’umidità che sfiora il 90%. Ed ecco che, dopo i primi brani, anche la pioggia di colpo cessa, e tutto appare finalmente perfetto.



La prima parte dello show ruota quasi tutta attorno all’ultimo lavoro discografico Alt! rendendo chiaro fin dall'inizio che quello non vuol essere uno spettacolo autocelebrativo, una raccolta dei suoi più grandi successi o una sorta di facile tripudio basato sui suoi cavalli di battaglia. No, Renato Zero dopo più di quarant'anni di carriera ha ancora voglia di sorprendere e di raccontarsi attraverso nuove canzoni, non ha intenzione di “vivere di rendita” perché, lo sappiamo,  nemmeno si divertirebbe. Invece ora, mentre presenta al pubblico il suo nuovo lavoro, un brano alla volta alternato a qualche pezzo famoso ma non famosissimo (le sue “bandiere” di un tempo, da Mi vendo a Triangolo ad esempio, dal Carrozzone a La favola mia, sono volutamente escluse dalla scaletta a sottolineare questa scelta di continuare un percorso senza guardarsi troppo alle spalle) appare raggiante, orgoglioso, ispirato, e la risposta del pubblico c'è, è immediata e affettuosa. Dopo la ritmica Voyer, avviene il colpo di teatro: il palcoscenico si apre a conchiglia, svelando l’orchestra di cinquanta elementi diretta impeccabilmente dal M° Renato Serio. Zero regala due splendidi brani degli anni novanta: Mentre aspetto che ritorni e Cercami, con un finale d'archi grandioso, quindi reinterpreta, stravolgendola completamente in chiave jazz con l'aiuto degli ottimi Neri per caso, una struggente Inventi eseguita “solo voci”, perla di rara bellezza degli albori della sua carriera e brano certo non fra i più conosciuti, per poi  chiudere la prima parte del concerto con l’applauditissima Figaro, il cui riferimento musicale si sposa alla perfezione con l'atmosfera dell' Arena.

 

La seconda parte dello spettacolo guarda un po' di più al passato (ma non a quello remoto, di cui la ex-ragazzina in prima fila – cioè chi scrive- sente forse un po' la mancanza) con cavalli di battaglia come Più su, Spiagge, cantata in duetto con Emma, con la quale interpreta anche  Per sempre (omaggio alla grande artista trasteverina Gabriella Ferri ) quindi Sesso o esse, dal mitico album “Zerolandia”, quello del tendone di cui si parla all'inizio, da decenni assente nei concerti. Prima di cedere il palcoscenico ai Neri per caso che cantano da soli la nuova canzone  Lune per noi dal loro album da poco uscito, Zero regala al pubblico un momento “mistico” con il nuovo brano intitolato Gesù.Perché il vero miracolo tra tutti, alla fine, credo sia proprio avere fede” dice, e ricorda anche le donne vittime di amori malati e di “uomini incapaci di accettare un semplice no”, come riporta la cronaca di questi giorni. Renato continua a offrirsi al pubblico con generosità senza accenni di stanchezza, percorrendo il palco fino alle estremità per permettere a tutti di godere della sua immagine, della sua attenzione, dei suoi sorrisi dei suoi abbracci ideali. L’ultimo duetto, molto emozionante, è con Francesco Renga, visibilmente emozionato a sua volta, con il quale Zero interpreta Amico.


Il concerto si chiude con i due brani forse più famosi di Renato, l'unico vero momento autocelebrativo e inevitabilmente un po' ridondante, che viene però relegato ai bis finali: I migliori anni della nostra vita, cantata in coro da tutto il pubblico dell'Arena in piedi, e la sempre commovente Il cielo, il cui lungo finale affidato all'orchestra accompagna i saluti, gli inchini, i ringraziamenti, gli applausi reciproci, e infine l'uscita di scena del protagonista dopo la frase di rito diventata da anni il suo saluto: “Non dimenticatemi!!!!”. C'è chi si asciuga una lacrima, chi si abbraccia, chi rimane immobile ancora stordito dalla potenza della musica che, stasera più che mai proprio in questa splendida cornice, si è rivelata ancora una volta linguaggio comune e trasversale, per “Sorcini” ( più o meno attempati ) e non solo. Di certo c'è che né quella ragazzina bionda di 15 anni, né sua madre, né le altre 15.000 persone presenti potranno dimenticare mai questa luminosa serata.
 
Foto e report di Valeria Bissacco

Scaletta Concerto 01.06.2016 
Non dimenticarti di me (inedito)
Vivo
Chiedi
Figli della guerra
In questo misero show
Una magia
La lista
Il cielo è degli angeli
Voyeur
Mentre aspetto che ritorni
Il tuo sorriso
Cercami
Inventi (con Neri per caso)
Voglia d'amare
Figaro
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Più su
Spiagge (con Emma)
Omaggio a Gabriella Ferri (con Emma)
Magari
Perché non mi porti con te
I nuovi santi
La voce che ti do
Sesso o esse
Gesù
Lune per noi (Neri per caso)
Galeotto fu il canotto
In apparenza
Rivoluzione
Amico (con Francesco Renga)
Alla tua festa
Gli anni miei raccontano
bis:
I migliori anni della nostra vita
Il cielo

 

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In dettaglio

  • Data: 2016-06-01
  • Luogo: Arena di Verona
  • Artista: Renato Zero

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