Auditorium Parco della Musica, Roma
Daniele Silvestri nella sua casa
Non posso non cominciare questo racconto dalla notizia dall’annullamento della seconda delle due date previste all’Auditorium Parco della Musica, a chiusura del lungo tour di Daniele Silvestri. Sul finire del live della prima sera, il 27 dicembre, prima di concludere con Testardo e Cohiba, Daniele scherzando (ma a questo punto poi non troppo) rivolto al pubblico: «queste mi date una mano a cantarle, tanto le parole le sapete…non ho più voce». Il 28 sale sul palco, ammette faticosamente al pubblico che il concerto non ci sarà, che i medici lo hanno obbligato al silenzio…canta piano un paio di brani (Voglia di gridare è uno, tanto per riderci sù) e quindi festa, applausi e il secondo abbraccio collettivo della sua città, tutto rimandato al 9 di gennaio. Lui però resta lì un po’, foto e autografi per chi ha comunque fatto km per esserci ed organizzato babysitter e nonni per tenere i pargoli almeno quella sera. Il giorno dopo i commenti dei fans sulla sua pagina facebook sono strapieni di battute, affetto, “daje”, incoraggiamenti e ringraziamenti. È un bagno d’amore che certamente rincuora.
Ma la prima festa, la prima sera, c’è stata. Togliamoci subito il dente malato…l’apertura al pubblico e la vendita dei biglietti anche nella zona retropalco della Sala Santa Cecilia è un tentativo che è bene resti primo ed ultimo. L’acustica è a fatica definibile accettabile, si perde completamente il senso dell’arrangiamento di un brano, la voce pare ovattata e si fa davvero fatica ad ascoltare distintamente le parole. E se anche chi era lì le canzoni di Silvestri le sapeva a memoria, perdersi l’intensità del cantato o la modulazione di un suono vuol dire perdersi molto di quello che l’artista e i suoi musicisti stanno quella sera portando sul palco.
Apre il live con La verità, da solo al pianoforte. Uno strano silenzio in sala. In Quali alibi dimentica qualche parola qui e là, ma il pubblico lo scusa e sorride divertito. La mia casa è non solo titolo di un brano ed etichetta appiccicata a queste due serate in Auditorium ma è davvero il senso del suo stare sul palco questa sera. Perché è Roma, perché è il punto conclusivo di un cerchio partito mesi fa con l’uscita di Acrobati. È come quando torni da un viaggio lungo, che eri partito con una piccola valigia e ora stai tornando con un milione di cose in più, che più che cose sono incroci di sguardi, applausi, camerini, brindisi, abbracci, foto, teatri, spazi estivi, prati e fango, Vulci. Torni e hai tutto questo con te, appoggi tutto sul pianerottolo, cerchi le chiavi, apri la porta e dici “sono a casa”. E dall’altra parte della porta hai 2.500 persone ad aspettarti a braccia aperte.
I brani in scaletta sono tanti e spaziano nei vent’anni di carriera, Monolocale, Ma che discorsi, Pochi giorni, Amoremio, L’uomo intero, Precario è il mondo, Il secondo da sinistra, Sulle rive dell’Arrone, Le cose che abbiamo in comune, L’uomo col megafono, Il mio nemico, A bocca chiusa, Acrobati (Daniele scende a camminare tra il pubblico delle prime file), Un altro bicchiere, tra gli altri.
È una festa lunga, appassionata, divertente, inclusiva, intensa, per lo più ben organizzata. Silvestri è uno che negl’anni ha imparato a dosare analisi del contemporaneo e profondità emozionali, sperimentando e divertendosi nel farlo, giocando con le parole sempre con cura e rispetto. È sempre un bello spettacolo vederlo live, mai scontato, mai uguale a uno qualunque dei precedenti. Daniele è però la punta di un ottagono i cui lati meritano di essere nominati uno ad uno: Duilio Galioto, Sebastiano De Gennaro, Marco Santoro, Piero Monterisi, Gabriele Lazzarotti, Gianluca Misiti, Daniele Fiaschi e Fabio Rondanini.
E quando hai al tuo fianco questi musicisti qui…viene tutto più facile.
Grazie a Simone Cecchetti per aver autorizzato l'uso di alcuni suoi scatti.