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Villafranca di Verona

Niccolò Fabi

Tanti cerchi concentrici di molti colori si chiudono, uno alla volta, e si susseguono all’infinito. Butti un sasso nell’acqua, e la magia si compie nuovamente, i cerchi uno ad uno si inseguono, si allargano. Lanci un altro sassolino e, di nuovo, i cerchi e il suono melodioso dell’acqua si ripetono, la musica di Niccolò è così. Un susseguirsi di emozioni colorate che partono dal centro e allargandosi si amplificano, senza scampo, perchè dal primo momento in cui c’inciampi non puoi evitare di cadervi dentro. E sono vent’anni esatti che questo ragazzo dai capelli come una “specie di medusa” butta sassolini nell’acqua, con i cerchi che pian piano si allargano, gli sguardi si moltiplicano, gli ascolti si fanno via via più attenti, le mani si stringono, le emozioni si sciolgono, le parole sgorgano e tutto si fa più bello e luminoso intorno. Tutto, anche “la gioia come il dolore” si trasforma in pura bellezza.

‘Diventi Inventi’ è il titolo del tour (e lo sarà anche di un album in uscita il 13 ottobre) che celebra i primi vent’anni di carriera di Niccolò Fabi. Sono passati infatti vent’anni dal primo disco, Il giardiniere, ed è da qui che si riparte, da una nuova versione di questo brano che diventa oggi più intimista, meno giocoso e più maturo come è giusto che sia alla soglia dei 50 anni.
Il ragazzo biondo, che oggi ha riflessi d’argento fra gli stessi capelli di medusa di allora e una luce più intensa e azzurra negli occhi, al centro del palco imbraccia un banjo e dà il via alle danze, esattamente da dove tutto è cominciato, e con lentezza e ritmo ondeggiante chiude il primo cerchio.
Il secondo cerchio è l’ultimo, finora, della sequenza. Con un balzo temporale di poco meno di vent’anni Niccolò ci ricorda quanto siano le piccole cose a fare grande la vita di uomo, sempre che questi abbia la sensibilità di scorgerle, di coglierle, di fermarle e rendere loro omaggio, come ha fatto lui con una canzone. Canzone di una semplicità disarmante quella che dà il titolo al suo ultimo album, Una somma di piccole cose, che sappiamo di una bellezza essenziale quanto rara e preziosa. Album che gli è valso la seconda Targa Tenco nel 2016 (consecutiva a quella vinta con il disco precedente, Ecco), come ci piace ricordare.


Niccolò sorride, stasera, forse più che in altre occasioni. Spiega, con emozione, quanto questo tour sia per lui importante perché rappresenta una sorta di ringraziamento ideale, un “giro del campo” per salutare i “tifosi”, per incontrare tutti i propri fan, tutti coloro che in questi vent’anni sono cresciuti cantando insieme a lui. È lui a venirci incontro, stasera e nelle prossime sere, è lui a portare la sua musica il più possibile ovunque, da nord a sud, per chiudere poi idealmente il cerchio (questo cerchio, prima di riaprirne altri) a Roma il 26 novembre, dove è nato e ha mosso artisticamente i primi passi, e dove si augura che da tutta Italia quante più mani possibili giungano per stringersi in un unico abbraccio.

Il pubblico di stasera a Villafranca di Verona è colmo di affetto e di gioia, ed è di una bellezza serena e rilassata. Il luogo è incantevole, le mura medioevali del castello scaligero raccolgono all’interno del loro perimetro tanta colorata umanità, le magliette con i cerchi concentrici d’arcobaleno non si contano, come non si contano i sorrisi, i baci, le birre condivise, i saluti nell’attesa. Tutto ciò che ha a che fare con Niccolò diventa semplice, immediato, pulito, umano. Non è solo un’impressione di chi scrive, lo leggi nei visi delle mamme, dei bambini, degli amici, delle coppie che si baciano, che ordinatamente si mettono in fila per passare i metal detector (a cosa siamo arrivati!), e che tranquillamente trovano il loro posto nel prato aspettando che si compia la grande magia della musica. Ed applaude molto durante tutto il concerto, ma in particolare sulle parole di un brano che recita, ad un certo punto: “facciamo finta che chi fa successo se lo merita”. Ecco, per Fabi quel “successo” non è arrivato presto, né improvviso, tantomeno facile. È arrivato mettendo in fila tante piccole cose, tanti gioielli preziosi, tanti momenti importanti e tanti cerchi colorati intorno alle date dei suoi concerti. È arrivato, ed ora che c’è è un po’ di tutto il suo pubblico, che è diventato grande con lui e perché lui stesso, con grande modestia e generosità come è nel suo carattere e come ha sempre dimostrato in tutte le sue scelte lavorative o di vita, ha voluto che fosse così.

La scaletta del concerto è di quelle belle dense, i brani sono tutti importanti, ognuno per un motivo diverso ha segnato una tappa nel percorso del cantautore e dell’uomo Fabi, e ognuno dei presenti ha un suo motivo personale per collocarla all’interno del proprio percorso umano e affettivo. Non c’è quasi più differenza tra autore e pubblico, tra interprete e ascoltatore, tra chi sta sopra e chi davanti. Cantiamo tutti a memoria, tutti siamo idealmente su quel palco a condividere un bel pezzo di strada, le emozioni di chi ha vissuto, scritto e ora suona e di chi applaude sono mischiate, la sensazione è di essere tutti parte della stessa canzone, anche quando i testi parlano di storie personali, anche drammaticamente personali.

Così Niccolò propone di seguito la canzone per lui più difficile, Ecco, e quella che invece è stato più felice di poter poi scrivere, Le chiavi di casa, che sono i due brani dedicati ai figli “perché la gioia come il dolore” appunto si diceva” si deve conservare, si deve trasformare”. Ci sono poi le canzoni d’amore, d’un amore vissuto in età differenti, La promessa (il primo tempo) e Una mano sugli occhi (quando il rapporto è maturo e ci si abbandona alla consapevolezza del sentimento).

Ci sono naturalmente i grandi successi, quelli più orecchiabili (Rosso, Vento d’estate e, nei bis, la celeberrima Capelli) e quelli che sono veri e propri capolavori riconosciuti (Solo un uomo, Costruire, È non è), ma c’è un posto anche per le canzoni meno fortunate, quelle che si sono comunque fatte amare nonostante il poco successo di vendita del disco che le ospita, come 10 centimetri (da Sereno ad Ovest del 2000) gioiello forse un po’ trascurato ma di particolare bellezza. Tanti cerchi concentrici di diverso colore che contengono mille emozioni differenti, tanti abbracci che si chiudono e lui è nel centro. Intorno a Niccolò Fabi, in un altro cerchio immaginario, c’è la band che dallo scorso anno lo affianca in concerto, guidata dal cantautore Alberto Bianco alla chitarra, con Filippo Cornaglia alla batteria, Damir Nefat alle chitarre, e Matteo Giai al basso. Sono tutti musicisti e polistrumentisti “tecnicamente” validi, affiatati e sempre più in perfetta sintonia con Niccolò. E a proposito di colori, splendide anche le luci del concerto. Difficilissime quanto affascinanti per i fotografi (tanti i rossi, i blu, i verdi e i controluce spinti), di grande atmosfera per chi dal pubblico ha potuto godere dell’ambientazione luminosa ideale per ogni singolo brano.


L’ultimo sassolino lanciato in questa serata ideale è raccolto da tutte le mani protese verso il palco in un abbraccio ideale e affettuoso tra Niccolò e la “sua” gente. I cori sono puntuali, gioiosi, intonati su quella Lontano da me che come al solito chiude i suoi concerti senza alcuna malinconia. Il sorriso, anzi, le risate dei musicisti danzano sul palco e sembra non voler più scendere. Alla fine gli ultimi cerchi che si chiudono sono i pugni di un artista che, rimasto solo sotto ai riflettori fissa per un istante alla volta negli occhi le persone davanti a sé, quasi a convincersi che è proprio tutto vero.

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Scaletta concerto
Villafranca 07.07.2017

Il giardiniere
Una somma di piccole cose
Ha perso la città
Solo un uomo
Filosofia agricola
Non vale più
La promessa
10 centimetri
Rosso
È non è
Ecco
Le chiavi di casa
Una mano sugli occhi
Il negozio di antiquariato
Una buona idea
Costruire
Io / Vento d’estate
Offeso
Lasciarsi un giorno a Roma

Bis

Facciamo finta
Mela (di e con Alberto Bianco)
Capelli
Lontano da me

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In dettaglio

  • Data: 2017-07-07
  • Luogo: Villafranca di Verona
  • Artista: Niccolò Fabi

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