Bitonto, Masseria Lama Balice
È un cielo lapislazzuli spruzzato di nuvole senza minacce quello che accoglie i tantissimi ragazzi ordinati, con mascherina ed autocertificazione alla mano, in un rito comune ormai familiare, accorsi ad ascoltare a Bitonto le canzoni di Fulminacci, il ragazzotto romano che l‘ultimo Festival di Sanremo, con la sua splendida Santa Marinella, ha fatto conoscere al grande pubblico al di fuori dei canali della musica liquida.
Il “grande prato verde” della Masseria Lama Balice, ricavato naturalmente dall’erosione carsica svolta dalle acque piovane nel Parco Naturale Regionale, è la cornice scelta dagli organizzatori del Luce Music Festival, un progetto artistico itinerante, pensato e prodotto da Fanfara, Urem e Ulixes, i cui eventi vergono organizzati in prossimità di luoghi pugliesi di scambio, arrivi, partenze e appunto approdi, per la musica di Filippo Uttinacci.
La scenografia sul palco è povera, scarna, essenziale…, assente, quella che si relega a chi sceglie di far parlare solo la canzone, testo e musica e nessun’altra distrazione: quattro musicisti in croce, chitarra, basso, tastiere e batteria (rispettivamente Claudio Bruno, Roberto Sanguigni, Riccardo Roia e Lorenzo Lupi), qualche faro colorato e via.
Ed eccolo lì, in perfetto orario, chitarrone a tracolla, sguardo da canaglietta alla monello di Chaplin, un furetto in salopette, ad interrompere con i flash musicali di La banda le invocazioni FILIPPO FILIPPO delle migliaia di fans.
E sembra proprio confermarla questa scelta di essenzialità Fulminacci, che sceglie quindi di presentarsi dal vivo con le sue canzoni riarrangiate identiche alle originali, senza modificare partiture o colorarle con intermezzi musicali ed intrusioni di sonorità altre rispetto alle ricette originali. <<Eccomi, questo sono io, senza fronzoli, effetti speciali, scenografie e paiettes>> sembra dire al suo pubblico <<Ecco le mie canzoni>>. Ed il pubblico la apprezza questa semplicità, ascolta, canta, implora, invoca, salta dalle sedie ed esplode in un ballo liberatorio sulle note a battito di tamburo di “Canguro”.
Ci prova pure Uttinacci a fare la parte di quello che coinvolge il pubblico, quel poco che deve, a giocare a fare l’animale da palco, ed invitare ad accendere, senza crederci davvero, gli accendini “come fanno i cantanti veri”, sulle note al piano solo di “Le biciclette”. Ci prova e ci tiene a trascinarci, novello lucignolo, nel suo palese dei balocchi, nel suo mondo abitato da quelle figure sghembe e surreali che appaiono sulla copertina del suo ultimo lavoro Tante Care Cose, che ha eseguito tutto durante il concerto. E sa che per farlo non servono parole diverse da quelle dei suoi testi o emozioni lontane dal vestito musicale con cui ha deciso di addobbarle: magari solo un po’ di swing in più, o qualche giro di basso a slappare, giusto così, tanto per fare divertire i ragazzi.
E per adesso va bene così, basta ed avanza, il ragazzo è bravo, ha talento, si è impegnato, ha cantato e suonato e ci ha fatto ballare su questo immenso prato carsico senza nuvole cattive. Il tempo dei fronzoli arriverà anche per lui.
ph. Francesco De Leo
Scaletta:
La banda
Resistenza
Al giusto momento
Meglio di così
Miss mondo Africa
La vita veramente
Un fatto tuo personale
Una sera
San Giovanni
Davanti a te
Canguro
Le ruote, i motori
La grande bugia
Le biciclette (solo piano)
Santa Marinella
Borghese in Borghese
Giovane da un pò
La soglia dell'attenzione
Tattica
La fine della guerra
Tommaso
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