Calusco d’Adda (Bg)
La zona Isola della provincia di
Bergamo apre una lunga stagione di concerti con Neverland (motto che ci fa pubblicità: “L’Isola che non c’era”),
due giorni di musica a Calusco d’Adda con cast in crescendo che include alcune
delle cose migliori della scena indipendente nostrana.
Più breve e meno attraente la
prima giornata, che parte poco dopo il tramonto con lo ska spruzzato di
elettronica, ma tutto sommato prescindibile, dei Green Bricks (vincitori del concorso per gruppi emergenti
organizzato dal festival); segue lo stoner degli arcigni Gea, che giocano in casa e accolgono buoni favori del pubblico. Chiudono
con un set lungo e complesso i Marta sui
Tubi. Giovanni Gullino, Carmelo Pipitone e Ivan Paolini mischiano i brani
vecchi coi nuovi dell’ep incluso al dvd “Nudi e crudi” di recente uscita e a
quelli del nuovo disco che sarà fuori dopo l’estate. L’impressione è che le
nuove canzoni abbiano bisogno di un po’ di rodaggio ancora, migliore l’esito
degli estratti dai primi due dischi (Stitichezza
cronica e L’abbandono in primis)
ma non è una delle loro migliori serate e di rimando anche il pubblico ne
risente un po’.
Il secondo giorno parte nel tardo
pomeriggio con le ballad dylan-springstiniane di un discreto Fabrizio Coppola. Gli Amor Fou, senza Cesare Malfatti e le
sue macchine, regalano una mezz’ora abbondante da “La Stagione del Cannibale”
inasprendo le chitarre elettriche. Convincono, anche se forse avrebbero bisogno
di un habitat meno dispersivo. Il Teatro
degli Orrori invece tira il solito manrovescio rock granitico e teatrale:
chitarra, basso e batteria assicurano una resa da manuale; Pierpaolo Capovilla
potrà piacere o non piacere, ma è indubbio che nelle sue mille pose da
maledetto-folle-carismatico artista artaudiano funzioni. Non a caso il pubblico
lo segue (e La canzone di Tom la
cantano in tanti, buon segno).
Pausa cena e poi Morgan, che si presenta al pubblico,
comprese le tante signorine che senza un X-Factor di mezzo forse non avremmo
trovato, con il solo Megahertz, entrambi a smacchinare su synth e computer con
un basso e un theremin a fare capolino ogni tanto. Il repertorio pare scelto al
momento e prende alla pari da Bluvertigo e dischi in solitario. Il divario tra
i brani del gruppo e quelli scritti da solista un po’ si sente ed in generale
pare tutto abbastanza improvvisato. Non mancano comunque i momenti avvincenti (Altre forme di vita).
Chiudono, alla grande, i Marlene Kuntz. Ad assisterli trainate
dal concerto precedente ci saranno ad occhio tremila persone. L’esibizione del
gruppo di Cuneo è per metà acustica e per metà elettrica, con il nuovo bassista
Luca Saporiti a dettare i tempi sinuoso e pulsante e il violino di Davide
Arneodo (che si dedica anche al piano) ad impreziosire una manciata di
arrangiamenti meno furiosi di un tempo e sempre più in odore Nick Cave e Bad
Seeds. L’inizio vede Cristiano Godano, seduto chitarra acustica a tracolla,
alle prese con alcuni brani di “Uno”, poi spazio ai lavori precedenti
(bellissimo il canto di tutto il pubblico su Lieve) e ad alcune ottime cover quasi a delineare stralci di un
ipotetico canzoniere (italiano) di riferimento: Siberia dei Diaframma, La
libertà di Gaber e Impressioni di
settembre della PFM. Pubblico pienamente soddisfatto. Anche a Bergamo ora
un’Isola c’è.