Aversa (Ce)
Va a Erica Boschiero e al suo brano Anita,
ballata dal sapore folk, la quarta edizione del Premio Bianca d’Aponte di Aversa, nonché il premio per il “Miglior
testo”. Gli altri riconoscimenti: a Silvia
Caracristi il “Premio della Critica” per Pagine vuote; a Katres
il premio come “Miglior composizione” con
Bianco elettrico; a Pilar il
premio per la “Migliore interpretazione” per Attesa.
Di grande valore artistico gli
ospiti: dagli Avion Travel alla
madrina di questa edizione, Fausta Vetere
(standing ovation per lei), passando per Kaballà,
Rossana Casale, Momo, Ferruccio Spinetti,
Isa e Max Manfredi, che nella seconda serata si è esibito in un duetto
d’eccezione con Brunella Selo sulle
note di Reginella (pianoforte
inconfondibile di Marco Spiccio). E come di consueto, sul palco si sono esibite
anche le vincitrici delle passate edizioni: Veronica Marchi, Chiara
Morucci e Mama’s Gan.
E qui finisce il compitino
ingrato del reporter.
Ma ci sono altre cose importanti
da dire: il Premio Bianca d’Aponte di Aversa è un miracolo. Partiamo da una
considerazione: l’Italia è piena di premi e manifestazioni sulle canzoni; si premia
in nome del fanatismo necrofilo, di discografie morenti, di incompetenza viva e
vegeta in merito alle canzoni. Manca solo il premio vaticinato da Woody Allen
in Io e Annie: “Premio al più grande
dittatore nazista: Adolf Hitler”. Spesso, nelle giurie imperano discografici
claudicanti alla ricerca di un ventre piatto e volti televisivi; sui palchi
“presentatori annegati sputan perle raccolte da tutti i fondali” e l’esperienza
condivisa a ricordo dell’occasione è la tacita rincorsa alla filosofia della
posa in trequarti. I ragazzi che partecipano? Carne da mattatoio da sprezzare
per il macello. Non tutti i premi sono così, sia chiaro. Non serve scomodare il
Tenco – santa preterizione! – per trovare chi fa sul serio. Questi luoghi ci
sono, ma si confondono tra gare di ricerche al “ritornello che funziona” e
volti che spaccano il video, plastica pura. Nessuno suona più.
Fine della considerazione.
Ora: il Premio Bianca d’Aponte è
un miracolo perché ha un criterio premiativo esclusivo: si occupa delle canzoni
delle donne. Riflette su quello che fa: per capire cosa si fa e dove si va ci
sono dibattiti pomeridiani, quest’anno moderati da Enrico Deregibus e Antonio
Piccolo (enfant prodige della critica musicale). Ha una direzione artistica
autorevole: Fausto Mesolella degli
Avion Travel è persona di sicura competenza e che non ha certo bisogno di
sottostare a giochi di favori e castrazioni artistiche. È un luogo dove si
suona dal vivo: le artiste suonano, presentano al pubblico “qui e adesso” cosa
hanno scritto e sanno fare. Si esalta l’aspetto compositivo e la performance:
sono state frequenti le domande dei presentatori Sandro Petrone e Roberta
Balzotti – mai televisivi, curiosi, preparati e per niente intenzionati a
violentare fondali – sulla creazione dei brani e sull’esecuzione.
È un miracolo, perché, in giuria
e nel comitato di garanzia, ci sono per la stragrande maggioranza critici e
artisti, non venditori. È un miracolo, perché Gaetano d’Aponte è mosso dalla genuina passione per la canzone
d’autore e del ricordo di Bianca. I dischi non si vendono più e in futuro chi
saprà fare “qui e adesso” sul palco
andrà avanti, gli altri avranno fatto bene a tentare.
A questo punto, l’augurio è che la F.I.O.F.A. davvero riesca a
porre la meritocrazia artistica come unico e santo criterio per la nascita di
nuove figure della canzone. Il Premio Bianca d’Aponte ne è meraviglia esemplare
imprescindibile.