Palasharp, Milano
C’è un album nuovo da presentare,
Ottavio, e canzoni inedite da testare
live e, quindi, a dispetto dei sedici anni di carriera, la tensione nei
camerini del Palasharp è tanta. L’ora dell’inizio sembra non arrivare mai e,
intanto, il palazzetto inizia a riempirsi di gente festante, pronta a godersi
l’ennesimo concerto della Bandabardò.
C’è chi inganna l’attesa sorseggiando birra e chi, invece, non disdegna un po’
di vino, rigorosamente portato da casa e in bottiglie di plastica. Si spengono le
luci della sala, il palco s’illumina ed ecco Erriquez e soci pronti a
sciogliere via ogni tensione al primo accordo di chitarra. Si parte forte e con
un brano tratto proprio dall’ultimo lavoro, Bambine
cattive, e dal vigore delle prime note si percepisce che quello di questa
sera sarà un concerto atipico per la Banda: il folk, infatti, sembra aver
lasciato spazio ad una sorta di folk’n’roll, dove le chitarre sono più cattive
e il basso e la batteria pompano decibel come in un’arena.
Il concerto è stato diviso in tre
tempi con tre ambientazioni diverse, in modo da dare ad ogni canzone del folto
repertorio della Banda la giusta collocazione. Il primo scenario è la taverna
della vedova Begpick che dopo sette canzoni – tra cui i grandi classici W Fernandez, Ubriaco canta amore e Mojito
Football Club – viene trasformato in una balera di provincia, il “Dancing
Discoteca m’ami non m’ami”: la band ritorna in scena agghindata come
un’orchestra di liscio e inizia a cantare in un impasto di luci rosse il brano Manifesto, dedicato agli studenti e alle
loro manifestazioni per il diritto allo studio, a cui segue Bambino, primo singolo estratto da “Ottavio”,
nonché unico brano dell’ultimo disco accolto con una certa eccitazione dal
pubblico, probabilmente perché l’unico conosciuto. La politica ritorna a far
capolino nelle parole di Erriquez prima di Balla
ancora dedicata al neo-presidente americano Barack Obama, con l’augurio e
la speranza che l’America torni a farci sognare. Il terzo tempo è ambientato
sulla spiaggia di Porto Cabagna e la Banda
si presenta sul palco in tenuta da spiaggia con tanto di paglietta in testa. Il
concerto prosegue senza particolari intoppi fino a Lilù si sposa, dove la stanchezza comincia a farsi sentire ed Erriquez
stecca, alla fine del brano però ci scherza su, chiede scusa e tutto ritorna
nei canoni di eccellenza tipici della Banda fino al termine dell’esibizione. Da
segnalare nei bis finali, oltre all’immancabile Beppeanna, una Bobo Merenda
ripresa dal repertorio di Enzo Jannacci.