Teatro Smeraldo, Milano
Il palco del Teatro Smeraldo
offre per questa stagione concertistica un panorama di Artisti cosmopoliti, ampio
e diverso nei generi. Il momento riservato a Paolo
Fresu e Ludovico Einaudi rappresenta
l’incontro tra ricerca e passione per la
Musica; il piano, le composizioni sospese e puntiformi di Einaudi
e l’amore di Fresu per il potere evocativo della tromba. Colpiscono
l’atteggiamento di ognuno verso il proprio strumento: Einaudi si accompagna al
pianoforte lasciando che apra le porte verso un mondo, emani una spirale di
suono che si irradia verso la tromba di Fresu, “trombettista magico” posato
sulla sedia in una posa quasi felliniana. L’immagine che si offre allo
spettatore appare delicata nell’atmosfera; entrambi vestiti di scuro, la luce cala dall’alto quasi srotolasse un tessuto, esaltando
il gesto dei musicisti. La musica di
Einaudi risulta trasfigurata dagli arrangiamenti operati da Fresu, maestro di
quello strumento particolare che è la tromba con la sordina, molto di più di
una tromba silenziata.
I due musicisti hanno in comune il muoversi normalmente in progetti musicali
diversi che da sempre implementano la loro ricerca musicale e le loro
composizioni. Fresu è soggetto unico nel panorma jazzistico italiano.
Eclettico, versatile, a suo agio da solo, in duo o in formazioni allargate,
capace di fondere sperimentazioni ardite e sonorità barocche (mai dimenticate
dall'epoca del conservatorio), ugualmente attratto da musica etnica, leggera e
jazz. Le sue composizioni colpiscono per
la freschezza, l'originalità, l'intensità semplice delle sue melodie. Dotato di
una vena poetica spiccata che unisce con le suggestioni che gli provengono di
continuo dalla sua isola natia, la
Sardegna, terra di silenzi e suoni antichissimi che l’artista
ha ben presenti quando suona e scrive musica. Sa fondere, in maniera
eccellente, la tradizione con l'innovazione. Nella sua tromba e nella sua
sordina ci sono Miles Davis e Chet Baker, ma anche le launeddas, il mirto, il
vento, i colori del mare della sua isola. L’incanto, per affinità, non può non
accompagnarsi alla poetica dell’acqua del
musicista torinese Ludovico Einaudi che a proposito della composizione Oltremare affermò come essa sia nata in
parte dalla suggestione di un ricordo
d’infanzia. Nella sua casa c’era una grande conchiglia bianca. Ogni tanto
appoggiava sull'orecchio la conchiglia, chiudeva gli occhi e ascoltava il suono
del mare. Quel sibilo misterioso apriva le porte degli abissi e allora
cominciava a immaginare. La musica di Oltremare
non è il racconto di questa storia, o forse lo è, appunto, solo in parte.
L’apertura alla tromba di Fresu trasforma il suono del piano
amplificandone la traiettoria, moltiplicandola all'infinito, distorcendola, riflettendola
in progressioni ritmiche, stratificandola. Lo distanzia e lo dilata, lo
accelera o lo rallenta come un microscopio svela le molecole di un elemento.
Eppure i due musicisti si sono incontrati lungo una passeggiata sulle Dolomiti;
è la passione per la montagna ad unirli. Paolo Fresu, in fondo, resta un
dotatissimo naif. Lo ammette, quando racconta la sua meraviglia di fronte a uno
strumento inerte che, invece, emette un "suono". Fresu è capace di
stupirsi ancora davanti all'appropriatezza di un silenzio, alla bellezza di un
nota, unità minima della poesia. Per questo attrae tanti altri compagni di
viaggio, per questo incanta gli ascoltatori. Proviamo alla fine del concerto ad
immaginare come possa essere ascoltarli nel luogo del loro incontro, ci
rendiamo conto che il palco del Teatro Smeraldo debba esserne una eco.