PalaFuturShow, Casalecchio di Reno (BO)
Ultima data italiana del tour invernale dei Negrita, prima di vederli live per
la prima volta in terra straniera, a Londra per la precisione. In un PalaFuturShow
ricettivo al massimo, la band ha dato tutto per dimostrare di essere
all’altezza di quindici anni passati a macinare palchi su palchi, in
un’escalation di pubblico, dai piccoli pub ai palazzetti.
Gli si può dire qualsiasi cosa, che da “Hey Negrita!” non ci sono più i
vecchi Docs o che sia “L’uomo sogna di Volare” che “Helldorado” hanno
abbandonato quella vena “cattiva” degli inizi, ma viversi un loro live,
possibilmente dalle transenne o nel centro del pogo, dimostra solo una cosa: la
loro contagiosa energia la ritroviamo tutta in ogni concerto, ed è inutile
negarlo: i Negrita sono e saranno sempre dei veri animali da palco.
Nella scaletta, la parte del leone l’han fatta com’è ovvio le canzoni
contenute nell’ultimo album, con le uniche eccezioni di Muoviti! e Brother Joe, e
con qualche chicca che riportava alle origini, come Halleluja o la morrisoniana Peace
Frog. Una serie di ventisette pezzi che mirava essenzialmente a tirar fuori
la grinta e la voglia di cantarne quattro – e anche di più in questo caso – a
chi di dovere, o a chi per dovere dovrebbe e potrebbe far qualcosa per cambiare
lo stato di stallo in cui versa questa società.
E così, tra proiezioni e voci fuori campo, su Halleluja l’agente Smith di Matrix ci avverte: “Tutti i mammiferi
di questo pianeta d'istinto sviluppano un naturale equilibrio con l'ambiente
circostante, cosa che voi umani non fate...E l'unico modo in cui sapete
sopravvivere è quello di spostarvi in un'altra zona ricca. C'è un altro
organismo su questo pianeta che adotta lo stesso comportamento, e sai qual è?
Il virus. Gli esseri umani sono un'infezione estesa, un cancro per questo
pianeta: siete una piaga” che nel film continua con un “e noi siamo la cura”...e
nella realtà?
Due intervalli e due ripartenze sempre al cento per cento, con Magnolia e Cambio. Pezzi sempre amati e sempre coinvolgenti, a differenza
della doppietta Che rumore fa – Rotolando verso sud che la sottoscritta
poco tollera, soprattutto se senza pause.
Una chicca per chiudere questa tranche di concerti: la tanto amata Transalcolico, fino a questo momento
eliminata dalla scaletta, è rientrata prepotentemente a fare la parte del
leone, con un palazzetto soddisfatto e scatenato. E un finale beneaugurante con
Gioia Infinita e la speranza di
ritrovare un pò di se stessi in un viaggio, soprattutto mentale, con “scosse
forti all’anima”. E non potrebbe essere altrimenti.