Teatro Filarmonico, Verona
E’ un Franco Battiato in gran forma,
disinvolto e sorridente, quello che ha riempito a Verona il Teatro Filarmonico
per il primo appuntamento della rassegna “Canzone d’autore” promossa dal locale
assessorato alla Cultura.
Il musicista siciliano, preceduto sul palco, con
un breve set, dal pianista/compositore Roberto Cacciapaglia (già suo partner nella stagione milanese
dell’avanguardia anni settanta) si conferma ormai come un “classico”
graditissimo a varie tipologie di pubblico, che di lui conoscono e amano
eclettismo e imprevedibilità, vezzi e virtù. Si permette persino, e senza
minimamente scomporsi, di interrompere la splendida de La canzone dei vecchi amanti (di Jacques Brel, naturalmente, uno
dei picchi emozionali del primo “Fleurs”) per un problema tecnico in cuffia,
per poi riprenderla in assoluto agio come si fa quando si canta tra amici.
Il tratto distintivo di quest’esibizione
veronese del musicista catanese, si identifica nella scorrevole fluidità del
recital, che senza cadute di tono o forzature ha messo insieme il materiale più
leggero della magnifica “canzonetta” anni sessanta (come E più ti amo, scritta da Alain Barrière e prelevata dall’ultimo
“Fleurs 2”; un delizioso oggettino d’epoca come certi altri pezzi d’antan
rispolverati nella colonna sonora del suo film “Perduto amor”), brani d’autore
della maturità (come E ti vengo a cercare
o La cura) e qualche testimonianza
dal periodo delle sperimentazioni progressive dei primi anni settanta, come Sequenze e frequenze. Quasi sempre
felici le orchestrazioni e i contributi dei musicisti accanto a lui (spicca il
pianista Carlo Guaitoli, bravi anche Angelo Privitera a tastiere e
programmazione, il Quartetto Italiano d’Archi e il giovane chitarrista Davide
Ferrario).
Battiato ci ha dato la
sensazione, ancor più rispetto al passato, di una personalità forte e
positivamente consacrata al culto della canzone, senza autoimposizioni di
categoria; capace, nella sua singolare poetica, di cogliere la bellezza del «rapimento
mistico e sensuale» anche nell’evocatività di un ritornello apparentemente
leggero, come nella perdurante attualità, ahinoi, di una Povera patria, «schiacciata dagli abusi del potere/di gente infame
che non sa cos’è il pudore…».