Teatro Augusteo, Napoli
Nel serbatoio delle frasi da
luogo comune scovo “Il ragazzo è bravo, ma non si applica”. Ora, consideriamo
che un povero recensore deve fare i conti con l’ingrata – seppur necessaria –
missione della sintesi e che un po’ di provocazione può dare gusto alla
recensione di un concerto. Accettato il gioco, diremo che la frase da luogo
comune non s’allontana tanto dal giudizio che merita il concerto tenuto da Stefano Bollani e Irene Grandi al Teatro Augusteo di Napoli. Certo, qualche
differenza c’è: Bollani non è bravo, è bravissimo. E dire che non si applichi è
quanto meno irriguardoso per la qualità del lavoro che porta avanti da anni.
Però, però… I dubbi vengono tutti, quando la bravura del pianista la si è
osservata e goduta fino in fondo in altre occasioni.
Chi conosce bene Stefano Bollani
sa infatti che, con quel pianoforte solitario illuminato sul grande palco
dell’Augusteo, può fare brillare qualunque cosa, dal serio al faceto. E all’inizio
i lampi non mancano, quando viaggia da Chick Corea alla musica brasiliana,
passando per gli standard jazz, mettendoci la propria impronta. Ma quando
arriva Irene Grandi finisce il breve incanto, e non certo per mancanza di
bravura. I due ripropongono una selezione per niente ruffiana di cover – da
Caetano Veloso a Pino Daniele, passando per Miguel Bosè (!) – ma la proposta è comunque
polverosa. Ci sono sicuramente una bella voce e un bravo pianista, ma chi
scommetterebbe che si trattano di Bollani e Irene Grandi? È irriverente
sospettare che i due si siano accontentati di adagiarsi sul proprio talento –
senza metterci troppo impegno nel creare uno stile, uno stampo, un segno
distintivo – ma purtroppo assai lecito. E se le risate provocate dai noti
siparietti di Bollani possono addolcire la serata, facendo sicuro effetto su
chi Bollani non lo conosceva, a chi s’aspettava il meglio di lui resta un po’
d’amaro in bocca. Soprattutto se si pensa al salatissimo prezzo del biglietto e
al fatto che lo spettacolo sia durato un’ora e mezza, di cui almeno quindici
minuti fra battute di spirito e applausi. Un po’ pochino, no?