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Porto Antico, Genova

Artisti Vari

Diciamocelo: i motivi di apprensione c’erano tutti. Sarà per la scelta della data (venerdì 17); sarà perché dopo una settima estiva, proprio oggi c’è una sciroccata da paura e nuvoloni che suggeriscono di stare a casa; sarà perché il pubblico genovese è particolarmente esigente e freddino; sarà perché il comune di Genova poi tutta questa attenzione per la musica d’autore non la dimostra (e a parte il logo del patrocinio non l’ha dimostrata neppure stavolta). E sarà soprattutto per tutto questo parlare della morte della musica d’autore, della sua abdicazione in favore dei talent scout.

Quando invece a mezzanotte e cinquanta, vedi quei quattro sul palco (Baccini, De André, De Scalzi e Fortis) che improvvisano prima Creuza de ma, poi Un giudice per chiudere con Il pescatore; quando vedi la sala ancora (dopo quasi quattro ore di concerto) strapiena, quando vedi tutto il pubblico in piedi, felice che batte le mani… allora capisci che un piccolo miracolo si è compiuto. Che la prima edizione di “Palco autore” è stato un successone. E poco importa che a credere a questo miracolo alla fine sia stata una brasiliana (coriacea e testarda), Mara De Assis di Zerodiecieventi (senza naturalmente dimenticare lo straordinario apporto di Pepi Morgia quale direttore artistico). L’idea era quelle di radunare proprio a Genova – che volente o nolente ha visto nascere la canzone d’autore – tutti i vincitori dei vari premi musicali italiani: il Gaber, il De André, il Bindi, il Tenco, il Pigro Ivan Graziani, il Musicultura, L’Artista che non c’era, il Lunezia e il Bianca D’Aponte. E intervallarli con un parterre de roi di artisti già ampiamente affermati

Sotto la brillante presentazione di Massimo Cotto si sono, così, alternati sul palco artisti forse lontani per esperienze, generi e anagrafe, ma uniti dalla stessa matrice di qualità.

Ad aprire la serata i siciliani Cordepazze. Brillanti e divertenti, riescono a unire canzone d’impegno a satira sociale: “Vorremmo dedicare questa canzone ai nostri genitori… a mamme e papà che ci hanno lasciato in eredità questo bel debito pubblico”.

Roberto Amadè, fresco vincitore del Bindi, appare quasi intimidito mentre presenta (solo chitarra e voce) la delicata Braccia aperte che apre il suo disco d’esordio in uscita proprio in questi giorni, Tutti gli incanti della vita. Armando Corsi, la chitarra che sorride, incanta con una versione “fado” di Ma se ghe pensu che fa scattare una vera e propria ovazione al – di solito – compassato pubblico genovese. Momo è un personaggio che sembra uscito da un fumetto (un po’ quelli che canta ne Il buon governo), strappa sorrisi e applausi convinti quando invita la platea a cantare: “Paperino ha il dono dell’ubiquità, ora Qui, ora Quo, ora Qua”.

Francesco Baccini mi pare un poco più “serioso” del solito, quasi volesse finalmente togliersi di dosso l’ingombrante etichetta di cantante “ironico”. E così, dopo Ci devi fare un gol, propone la malinconica In fuga (dedicata a Marco Pantani) e la struggente Vedrai vedrai di Luigi Tenco. E ha ragione ancora una volta Cotto che nel presentarlo poco prima ha ricordato che “ogni volta che sale sul palco è festa”. Gian Piero Alloisio (accompagnato dallo storico chitarrista di Giorgio Gaber, Gianni Martini) presenta Lo shampoo e Democrazia, un piccolo grande esempio di Teatro-canzone. Patrizia Laquidara è artista vera, persino quasi troppo consapevole delle sue enormi potenzialità vocali e sceniche. Il suo set ammalia e coinvolge.

Dente esordisce alla sua maniera (stralunata e beffarda): “Good evening ladies and gentlemen, benvenuto… a me perché voi c’eravate già!”. Seguono Sempre uguale a mai e Buon appetito. Il pubblico più giovane – ma la musica d’autore non era un fossile ad appannaggio solo degli over 40?! – è in piedi a ballare. Ma la standing ovation scatta sul finale dell’esibizione del genovese d’acquisizione Alberto Fortis. Piano, voce ed armonica rispolvera La sedia di Lilla e una versione “asciutta” di Settembre citando Gesù, Martin Luther King, Gandhi, Lennon, Falcone e Borsellino: quelle persone che hanno cercato con il loro sogno di migliorare il mondo. Lo fa senza retorica, cosa non da poco.

Filippo Graziani, ci ricorda Cotto, potrebbe benissimo proporre un set di sue canzoni, invece preferisce portare in giro per l’Italia i brani di suo padre. Pigro e Lugano addio le scelte di stasera, il pubblico applaude convinto lui e l’indimenticabile (ma troppo dimenticato) Ivan.

Il “nostro” Pino Marino ammalia il pubblico quasi nascondendosi dietro il piano. C’è molto Fossati, molto De André, persino molto Bindi. Ma c’è soprattutto molta della sua classe.

Piji ha vinto qualcosa come dodici premi (dietro le quinte mi dice scherzando: “Oh, ma non è che sta cosa mi porterà sfiga?!”), giusto che qui sia tra gli ospiti d’onore. Così come è giusto che proprio a Genova canti L’ottovolante dedicata al ligure Natalino Otto (a proposito, quando la città si ricorderà anche di lui?).

Erika Mineo, già vincitrice di Sanremo Lab, per due volte ha sfiorato il palco del Teatro Ariston. Cotto ci scherza su, mentre l’amplificatore della chitarra elettrica fa le bizze. La sua esibizione, però poi, fa perdonare i minuti di attesa.

E qualche minuto in più degli altri se li prende la bellissima Simona Molinari. Dopo Amore a prima vista ed Egocentrica (Premio Lunezia Nuove stelle), l’artista aquilana vuole ricordare – perché purtroppo ce n’è ancora bisogno – la tragedia che ha colpito la sua terra con il brano Ninna nanna, scritto appositamente dopo il terremoto.

Vittorio De Scalzi è sempre uno spettacolo dal vivo. Una miscela esplosiva di entusiasmo e professionalità. Parte con Signore io sono Irish, ricordando giustamente un altro grande genovese, il poeta Riccardo Mannerini. Quindi passa ad una versione quasi acustica di Quella carezza della sera (e il pubblico scatta per un’altra standig ovation). Per chiudere con la dialettale Gente de Liguria.

Chiudere il concerto spetta proprio a uno di questi liguri: Cristiano De André. Se da una parte il nome di Fabrizio fa sempre venire i brividi, dall’altra Cristiano non vive di rendita. Anzi, in qualche modo il fatto di essere “figlio di De André” ha rappresentato un ostacolo alla sua carriera. Attraversare le canzoni del padre è servito al figlio non solo per acquistare credibilità artistica ma anche per elaborare il lutto umano. Inizia il suo set con la straziante Verranno a chiederti del nostro amore da solo al piano (penalizzato purtroppo da un’acustica non perfetta) e continua con la sua Notti di Genova. La chiusura è – e non potrebbe essere altrimenti – ancora una volta nel segno di Faber. Fortis, Baccini e De Scalzi raggiungono Cristiano per Creuza de ma. Ma al pubblico non basta. I quattro sono richiamati a gran voce e devono “inventarsi” un altro finale. Confabulano e poi tirano fuori dal cilindro Un giudice e Il pescatore.

Adesso è proprio finita. Dietro le quinte, pacche sulle spalle e sorrisi. Fuori la gente sfila contenta.

Il piccolo miracolo si è compiuto. La canzone d’autore è viva e vegeta, nonostante tutto.

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In dettaglio

  • Data: 2010-09-17
  • Luogo: Porto Antico, Genova
  • Artista: Artisti Vari

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