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Auditorium Flog, Firenze

Dente

 


Un concerto di Giuseppe Peveri in arte Dente è forse uno degli esempi di quella coincidenza degli opposti, con un risvolto a tratti terapeutico. Perché te lo aspetti, da Dente, che ti faccia un po' piangere, che ti faccia un po' ridere, che ti faccia un po' pensare: perché in quelle canzoni, volente o nolente, il più delle volte ci sei tu, grazie alla sua innata capacità di mettere in scena le emozioni che stai vivendo, hai vissuto o non sai se vorresti vivere più.

Il tour che segue la pubblicazione di Io tra di noi non smentisce questo assioma, e nello storico auditorium della FLOG il cantautore fidentino ha regalato davvero un bello spettacolo di arte varia di cui la protagonista è però sempre la musica, impeccabile e travolgente, sostenuta dall’attitudine di Dente e alla sua ben rodata ed affiatata band: Andrea Cipelli, al piano e non solo, Nicola Faimali al basso e Gianluca Gambini alla batteria e percussioni. 

Un inclemente navigatore porta l'attenzione del pubblico mormorante sul palco, per accogliere Dente con la sua band e i primi suoni sintetici di Piccolo destino ridicolo, che rompe il ghiaccio tra milioni di migliaia di chilometri e parole di poeti così poveri che scaldano subito i presenti che - senza nemmeno riprendere fiato - vengono immersi nei faffaraffa di Saldati, il primo singolo del nuovo disco, tra poesia, inverni, cieli nuvolosi e felicità insostenibili.

Tra nodi (che si vorrebbero più semplici) scivola La settimana enigmatica a cui segue una versione, riveduta e corretta, dal piglio decisamente country, di Quel mazzolino, Dente attinge alla sua discografia più recente e trascina la Flog nel desiderio irrefrenabile di ondeggiare tra l'etilometro, gli asterischi, lezioni di vita e casi fortuiti.

Si prosegue con Incubo e la camicia che ti ho dato io su un pavimento che non è mio, per poi trovarsi tra ricordi agrodolci e quella stanza in porta Ticinese di Io sì, il tutto ben sostenuto da batteria e chitarra. E il tutto ben infarcito di siparietti comici, battute, botta e risposta con un pubblico che canta all’unisono A me piace lei agitando le doppie punte e che ben accoglie l’inserto dal sapore techno che trasforma, anche il palco (!?) - per qualche istante - in un dancefloor. Per la seconda volta la band non riprende fiato e propone Casa mia, con un pianoforte che dà il via a un condensato di poesia, con un vibrante riverbero annesso, che non inciampa in un finale banale. Si cambia un po’ l’atmosfera, tra freddure geografiche, ed ecco una casa, una cucina e un po’ di vino e le inconfondibili note di Da Varese a quel paese, tra sing-along e synth. Proseguendo nella vivacità musicale contagiosa di Giudizio universatile la band si chiede come si sposerebbe l’inconfondibile accento toscano con il ritornello, con tanto di esercitazione guidata per il pubblico, che una cosa è certa, le canzoni le conosce proprio bene (certo, non è stato interrogato sulla capacità di riprodurre la celebre erre fidentina!).

Per mettere un Puntino sulla I sul palco restano Andrea Sig. Solo Cipelli alle tastiere e Dente, che tra riverberi e atmosfere stellari, fa la felicità di ogni editor, rivelando tutta la punteggiatura dei sentimenti. Segue un lungo tuffo nel passato per proporre la dolcissima Baby building: anche il pubblico canta le promesse di una nuova primavera, i disgeli e il famoso cesto di stelle di plastica.

L’improvvisazione, intesa come capacità di sentire il pubblico e di intrattenerlo, gioca un ruolo importante nello spettacolo, ma si percepisce che nel concerto ogni piccolo particolare è ben studiato: dalla scaletta, alle pause, dai visual alle spalle dei musicisti, che celebrano la copertina dell’ultimo disco, alla semplicità con cui sono realizzati. L’effetto è di una confortevole onestà, che non abbandona al caso e all’ispirazione la riuscita di uno scambio così intenso, ma che non lo costringe, supportata da una bella empatia sul palco frutto di professionalità e conoscenza, chilometri macinati insieme e progetti condivisi.

La band si riunisce sul palco per una travolgente Scanto di sirene che ricorda a tutti che non c’è due senza te e che alla stazione di Piacenza probabilmente pioverà per sempre, ma la cosa non deve più di tanto turbare e infatti sul palco si sprigiona un carnevale di suoni, tra percussioni, cori e chitarra, preso in prestito da Rette parallele. Finalmente Dente propone un brano dall’introvabile esordio Anice in bocca: la scelta cade su Io della bellezza non me ne faccio un cazzo, un brano bellissimo e difficile, che si insegue in un dialogo, amaro e consapevole. Stella, tra eclissi, un bel mattino e un’estate in festa, scorre veloce tra il calore del pubblico, poche note e cambia ancora l'atmosfera: ci pensa Sogno con cuori che non si aggiustano e occhi che non si incrociano. È tempo della sequenza numerica de Le cose che contano (sarà arrivato il momento dell’assegno della Siae?) che si conclude in un tripudio strumentale mentre Peveri lascia il palco, seguito poco dopo dalla band, per una pausa.

 A rientro le strofe senza pietà di Buon appetito risuonano tra i presenti, in fin dei conti tutti abbiamo qualcuno che non vorremmo nemmeno più sapere dove abita. E se l’amore non è un’opinione, non è il caso di parlarne come si fa del più e del meno, no? Il concerto sta finendo, ma l’entusiasmo non accenna a scemare.

Beato me, il brano che fa parte della raccolta Il paese è reale, soddisfa anche i fan meno accaniti: per tutti la buonanotte è ormai questione di pochi minuti. A Vieni a vivere l’arduo compito del congedo, tra applausi e sospiri, tra la spesa al discount e i centoventi bambini, tutti con dei nomi molto particolari. Anche questa volta Dente c’è l’ha fatta, ci ha fatto ridere un po’, rattristare quanto basta, ballare e ha regalato emozioni indimenticabili.

Scendono dal palco e parte una canzone, perfetta e sconosciuta. Un indizio? Tenete d’occhio il bassista, anche lui ha molto da dire.

 

 

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In dettaglio

  • Data: 2011-12-17
  • Luogo: Auditorium Flog, Firenze
  • Artista: Dente

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