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Stadio San Siro - Milano

Vasco Rossi

 

Per comprendere che cosa rappresenti un concerto di Vasco Rossi per il suo pubblico è necessario iniziare dalla fine: un coro di sessantamila persone che intonano Albachiara. Un coro surreale e suggestivo (non che durante tutto il resto del concerto le ugole si siano risparmiate, anzi), un coro di grande bellezza e serena vitalità che l’artista di Zocca ha accompagnato con le sue parole accondiscendenti e un sorriso che sprizzava immensa felicità. È proprio questo speciale feeling instaurato con il suo pubblico che rende speciale, unico, inscalfibile il rapporto d’amore tra il ‘Komandante’, come lo chiamano i suoi fan, e tutti coloro che lo seguono. Incondizionatamente, senza mediazioni.

Questo rapporto, ultradecennale e sincero, lo si è osservato attraverso la composizione del pubblico (davvero intergenerazionale) che, con grande vitalità e compostezza, ha aspettato l’ingresso allo stadio San Siro. Inevitabili le lunghe file di attesa (comunque scorrevoli) ripagate poi con una scaletta di 28 pezzi che ha visto il pubblico partecipare, con passione, allo spettacolo stesso, diventandone parte integrante. Di grande qualità anche la definizione dello schermo (schermo !?!, diciamo pure uno schermo immenso), con un formidabile effetto creato per l’intro. Dicevamo dell’eterogeneità del pubblico. Difficile non notare come sia un pubblico composto da persone dai diciotto (qualcuno anche meno) ai settant’anni (qualcuno anche di più…) che ha accompagnato Vasco Rossi e la band nelle due ore e mezzo del concerto, cantando insieme a lui senza mai deflettere. Un concerto dove si è apprezzata la potenza dei musicisti, capaci di costruire un sound ora solido e aggressivo, ora finalizzato a far emergere la melodia e la potenza espressiva della voce di Vasco. Si viene così a creare un lavoro di arrangiamenti notevole, efficaci e ricchi di sfumature, con la chitarra di Stef Burns (qui sotto in una foto di repertorio, un artista che da anni, non da ora, fa scintille sul palco), a prendersi spesso la scena grazie al suo indubbio talento.

 

Ma non si comprende appieno il senso di un concerto di Vasco Rossi se non si evidenziasse la gestione della sua voce (davvero strepitosa la sua condizione vocale), la sua mimica facciale e quella che trasmette con le mani con cui pare voglia “spingere” verso il pubblico le parole delle canzoni. E poi, grazie ai grandi schermi, è possibile corrispondere il suo sguardo vivido e brillante che cerca il contatto con il pubblico, che lo ricambia affascinato, ed in cui è presente il desiderio di condivisione e complicità nel percorrere una strada comune. Un giorno qualche sociologo dovrebbe scrivere un libro parafrasando Umberto Eco e la sua ‘Fenomenalogia di Mike Bongiorno’ per comprendere questo fenomeno artistico-esistenziale, perché Vasco Rossi, oltre ad essere l’artista che conosciamo, rappresenta anche una sorta di archetipo (o forse più archetipi) che lo rendono affascinante, credibile, artisticamente e umanamente e, per alcuni, anche necessario per vivere meglio la propria quotidianità. Può sembrare un’iperbole, è vero, ma basta vedere la massa di gente che affolla i suoi live e non sarà difficile individuarne ben più di uno. D’altra parte non potrebbe essere altrimenti, perché raccogliere intorno a sé quattrocentoventimila spettatori (solo per i concerti milanesi) non può succedere per “caso”, significa che il fenomeno trascende il semplice “andiamo a vedere un concerto”.

Ecco, parlando nello specifico del concerto di questo tour, della sua scaletta, possiamo dire che i brani proposti raccontano la vita declinandola da punti di osservazione differenti e la presenza di generazioni diverse racconta e testimonia che i temi trattati/cantati non appartengono ad un periodo storico-sociale definito bensì sono parte integrante dei bisogni di tutti. Si coglie appieno il messaggio sottotraccia che unisce molte canzoni di Vasco, quel cogliere l’attimo fuggente del tempo, per esempio, in cui ci si ritrova avvolti nel passaggio dall’adolescenza verso la giovinezza e l’età adulta, con l’arroganza, l’incoscienza, la paura, il desiderio, le fragilità tipiche nella dinamica della crescita. È quello il tempo nel quale ci si immagina padroni del mondo anche se, nel proprio intimo, spesso si ha paura di essere giudicati non all’altezza dei compiti che la vita vorrà/dovrà affidarci. Ma ci sono anche brani che raccontano bene dei drammi esistenziali che la vita ci mette di fronte (basti pensare ad un capolavoro come Sally…), momenti che non saranno mai dimenticati. Insomma, Vasco Rossi racconta la vita con parole dirette, apparentemente semplici o banali (questo è un refrain che molti detrattori usano per attaccarlo, ridimensionarlo, visto che non hanno poi altre armi per farlo…) eppure, con queste parole è riuscito negli anni a toccare la sensibilità di una moltitudine di persone, superando le barriere dell’età, del ceto sociale, del sesso e, aggiungiamo, anche dei gusti musicali differenti di molti estimatori che comunque ne rispettano la potenza evocativa dei brani.

 

Ultime considerazioni sul concerto del 15 giugno. È doveroso ricordare che si trattava del quinto concerto sui sette previsti allo stadio di San Siro e questo veniva manifestato con un senso di grande orgoglio da parte sua ed i suoi fan. Aggiungerei un ‘giustamente’, visto che si replica il 19 e il 20 giugno e nessuno come lui ha calcato il prato di San Siro (lasciateci la metafora calcistica perchè in fondo questa è pur sempre la 'Scala del calcio') oltre 30 volte...
Opportuno, al fine di rendere omaggio a chi ha reso possibile lo svolgimento di un concerto senza sbavature, i nomi della band che accompagna il rocker emiliano in questo tour (e non solo…). Un team affiatato composto da Vince Pastano, direzione musicale e chitarre; Stef Burns, chitarre; Antonello D’Urso, programmazione e chitarra acustica; Andrea Torresani, basso elettrico; Alberto Rocchetti, tastiere; Donald Renda, batteria; Andrea Ferrario, sax; Tiziano Bianche, tromba; Roberto Solimando, trombone; Roberta Montanari, cori. Ospite speciale l’amico fraterno Alberto Golinelli, basso elettrico.

Una band che – unitamente al pubblico - è parte fondamentale dello show, certamente al servizio del capobanda, è chiaro, ma capace di una straripante potenza sonora senza mai andare sopra le righe, senza strafare in assoli fini a sé stessi, musicisti efficaci nel mantenere insieme il set nella parte musicale ed in quella scenica. Un gran bel concerto, studiato nei minimi particolari e che una volta finito lascia immediatamente la voglia di rivederlo ancora (non riusciamo a recuperare e quindi ringraziare tutti i nomi dei tecnici, fonici, lightdesign, decine e decine di professionisti che hanno contribuito a costruire una vera magia ‘estetico-sonora’ intorno ai brani e a cui andrebbe fatto un applauso lunghissimo).

In chiusura ci viene naturale ripensare ad uno dei primissimi live che vide Vasco suonare, nel giugno di quarantasette anni fa, in un istituto scolastico di Modena, accompagnato da basi musicali. Possiamo dire senza timore di essere smentiti che il ‘ragazzo’ di Zocca, ragioniere, ce l’ha proprio fatta ad entrare nel gotha della musica italiana. E non da ora, ovvio.
Oggi, con questo tour, ci ha solo riconfermato il motivo.

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In dettaglio

  • Data: 2024-06-15
  • Luogo: Stadio San Siro - Milano
  • Artista: Vasco Rossi

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