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Sulutumana
Poco più di un anno fa avevate voi stessi dichiarato che il gruppo si
sarebbe sciolto, per ripartire poi con un altro nome. Ora siete di nuovo
Sulutumana. Che è successo nel frattempo?…«Arimo!» Ora si riparte…
Quattro chiacchiere con i Sulutumana:
dalle voci di scioglimento dell’anno scorso alla recente uscita di Arimo, concept-album “ accidentale”
nonché disco tra i più belli di questo 2008 che ha riportato il gruppo comasco
a quel riscontro di pubblico che meriterebbe sicuramente qualcosa di più in
quanto a numeri.
L’inizio del 2007 è stato il
periodo più critico della band a causa dell’uscita di scena di Michele. Era
importante per noi riorganizzare le idee senza però interrompere i progetti in
corso. La cosa più opportuna in quel momento era aprire una parentesi e
presentarci con un altro nome, in attesa di risolvere le controversie causate
dal “divorzio”. E’ stato un periodo difficile ma intenso e proficuo dal punto
di vista del lavoro, ed è stato l’anno in cui abbiamo plasmato il nuovo cd
uscito la scorsa primavera. Ultimate le registrazioni di “Arimo” ci siamo
confrontati apertamente e abbiamo ritenuto importante presentarci di nuovo col
nostro nome storico, per non lasciare per strada tutto il lavoro svolto nel
corso degli anni, che per noi costituisce un bagaglio troppo prezioso. Inoltre
il pubblico che ci segue da tanti anni non ha mai digerito il cambio di nome, e
noi non potevamo non tenerne conto.
“Arimo” è a mio parere uno dei migliori dischi di quest’anno. In che
modo ci siete arrivati? E’ cambiato qualcosa nel vostro metodo di lavoro?
Grazie! Abbiamo semplicemente
lavorato molto più in armonia tra di noi rispetto ai due anni precedenti e
questo crediamo abbia senz’altro giovato alla resa finale dell’album. Il metodo
di lavoro è lo stesso da che abbiamo cominciato a scrivere pezzi nostri:
Francesco e Nadir compongono le musiche, Giamba scrive i testi e gli altri
fanno la loro parte in termini di arrangiamenti e apporto sonoro. Va inoltre
detto che Arimo è stato registrato in una sala d’incisione (Suonovivo di
Bergamo) e che il fonico Dario Ravelli è stato parte integrante del progetto
sia dal lato tecnico che da quello artistico. Certamente questo elemento
“esterno” alla band è stato un punto di forza che ha aggiunto qualità al disco.
Ascoltando il disco si nota subito una minor contaminazione con folk e
rock, un maggiori uso del pianoforte a discapito della fisarmonica che vi aveva
caratterizzati in passato. Perché questa scelta?
Perché il pianista è bravo e il
fisarmonicista è scarso! La fisarmonica ha sempre fatto più che altro delle
coloriture all’interno dei brani, se da una parte è uno strumento
imprescindibile per la nostra musica, dall’altra riteniamo che vada utilizzato
con misura e parsimonia, perchè non siamo interessati a spingerci in modo netto
sul versante folk. Il pianoforte, dal canto suo, è lo strumento più elegante e
affascinante di cui si possa disporre, oltre ad essere il più completo, e siamo
proprio felici che in questo disco emerga in modo netto e cristallino.
“Arimo” può essere definito un concept-album ? Che riscontri state
ottenendo?
Può essere definito un
concept-album accidentale, nel senso
che la natura omogenea del disco si è rivelata a noi stessi solo una volta
ultimate le registrazioni e ascoltato il tutto. Ci sono tuttavia dei gruppi di
canzoni all’interno del cd che hanno una comune fonte di ispirazione, quali ad
esempio quelle composte per il teatro e
ispirate ai romanzi e racconti dello scrittore Andrea Vitali, oppure alle drammaturgie dell’attore e regista Giuseppe Adduci. Altri due temi
importanti di “Arimo” sono senza dubbio la guerra e l’infanzia, che creano un
percorso sul filo della memoria. Tutto ciò ha fatto sì che ne scaturisse
appunto un concept-album quasi per caso.
Per la vostra maturità artistica, è stato importante partire come
gruppo di cover ?
Diremmo proprio di sì. Passare
molti anni a suonare cover ci ha garantito un bagaglio sostanzioso di
riferimenti e ci ha dato la possibilità di creare un nostro linguaggio musicale
e una nostra identità artistica, che sono il frutto di quanto abbiamo attinto dai
molti pozzi della musica. Del resto per creare qualcosa da sé è fondamentale
conoscere a fondo ciò che hanno creato altri.
Quali autori vi hanno influenzato maggiormente?
Sono tantissimi e nei diversi
periodi cambiano, si sostituiscono, si accantonano, si recuperano, si
avvicendano. Qualche nome: Paul Simon,
Leonard Choen, Ennio Morricone, Nino Rota,
Tom Waits, Conte,
De André, Guccini, De Gregori, e
altre decine di artisti!
Come giudicate il proliferare attuale di cd di cover ?
Giudichiamo in base all’ascolto: “Fleurs”
di Battiato, per esempio, è
stupendo.
Da anni raccogliete consensi entusiasti da parte della critica, e avete
un buon riscontro dai vostri fans e ai concerti, come mai non avete un adeguato
riconoscimento mediatico?
E già... come mai?
Forse perché la vostra musica è sempre stata difficilmente
catalogabile?
Forse... Boh!
Pochi autori vivono musica e parole in un connubio così inscindibile,
come lavorate alla stesura dei brani? E’ un lavoro di gruppo? Altrimenti come
agite?
Come già detto prima, il nucleo
creativo della band è composto da tre elementi: Francesco e Nadir per la
composizione musicale e Giamba per la stesura dei testi. Si lavora sia
individualmente che in gruppo: ciascuno arriva in sala prove e svuota il
cestino delle idee, poi il lavoro diventa corale e l’idea diventa canzone o
brano strumentale per colonne sonore. In generale, nel caso delle canzoni, il
testo viene sempre dopo la musica, perchè una musica senza testo comunica
suggestioni e colori a cui il testo deve ispirarsi. Forse per questa ragione il
connubio tra i due è così forte.
Le vostre canzoni si legano bene con teatro e libri. Com’è nata questa
voglia di contaminazione? E in particolare il lavoro con Andrea Vitali?
Ad ispirarci non sono solo i
musicisti, ma l’arte e gli artisti ad ogni livello di espressione. Questo crea
una contaminazione naturale tra la nostra musica e altre realtà espressive. Il
sodalizio con Andrea Vitali ne è un esempio: ci siamo incrociati per caso quattro
anni fa e abbiamo immediatamente assaporato un comune sentire, abbiamo capito
che si poteva costruire qualcosa di magico e coinvolgente insieme, a beneficio
di entrambi.
Quanto è importante l'appartenenza alla vostra terra nello sviluppo
della vostra musica?
E’ fondamentale. La musica è un leccio
secolare, con delle enormi radici e fronde maestose che cercano ossigeno ad
ogni latitudine, puntando dritte al cielo. Vabbè, questa ci è venuta un po’
poetica…
Come siete accolti nelle vostre esperienze all'estero?
Per quanto sperimentiamo noi, la musica italiana gode di un’ottima
considerazione all’estero, i biglietti per i nostri concerti vengono acquistati
a scatola chiusa dal pubblico, perchè il più delle volte non sanno manco chi
siamo; eppure non c’è stata una serata deludente nelle decine e decine di
concerti tenuti fuori dall’Italia. Il riscontro di critica e pubblico è
veramente molto buono, speriamo di aprirci in futuro altre finestre sul mondo.
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