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Brunori Sas

"Cantautore in accomandita musicale"

«Origine calabre, sono nato e cresciuto in due piccoli paesini della provincia cosentina: infanzia in montagna stile Heidi e adolescenza marina alla Sampei. Ho iniziato a suonare la chitarra come rimedio alla noia invernale, nella speranza di attrarre il gentil sesso, fino ad allora (e per molto tempo in seguito) per me oggetto misterioso. Poi è arrivata la passione, quella vera, quella che t’inchioda sulla chitarra per ore ed ore. Dopo la maturità sono partito per la Toscana con due obiettivi: università e accademia musicale. Ho abbandonato l’idea del chitarrismo tecnico dopo circa tre anni e da allora mi sono appassionato alla registrazione ed alla produzione musicale in genere. Ho pubblicato alcuni album con un’etichetta svizzera di musica elettronica (Minuta Records) e, sempre in ambito elettronico, ho fatto parte di una band fiorentina, i Blume, ottima palestra per affinare le mie capacità compositive e per incontrare alcuni personaggi, come Matteo Zanobini (A&R di Pippola Music), che mi stanno accompagnando anche in questo nuovo progetto.“Brunori S.a.s.” perchè ho scritto i brani in un periodo in cui lavoravo presso la vera Brunori S.a.s., ditta dei miei che è emblema di una specie di saga familiare legata al mattone e ai materiali da costruzione. Loro hanno pagato le registrazioni ed io ho messo il nome sul disco, come fosse uno sponsor. Il prossimo album me lo paga un mio amico pasticciere e per questo sarà intitolato “ Antica pasticceria del corso”.»
 

Sei stato descritto, tra l’altro, come “cantastorie” o anche “artista da spiaggia”; ti riconosci in queste definizioni?
Senza dubbio “Volume 1” si muove su quelle coordinate, tanto che ho pensato bene di inserire nel booklet dell’album, oltre ai testi, anche gli accordi delle canzoni, in modo da favorire quello che amo definire il “peer to peer da spiaggia”. L’approccio con cui ho scritto i brani è proprio quello, se vuoi ingenuo e genuino, dei primi accordi sulla chitarra, dei falò e dei “millenote”. Mi piaceva ritornare a quella forma elementare, con la consapevolezza e l’esperienza maturata nel corso degli anni.
Chi è “Il Pugile” di cui parli? Ed in generale quanto c’è di autobiografico, o comunque di vissuto, nei personaggi che racconti nei tuoi brani?
Come ti dicevo prima, da alcuni anni mi occupo anche dell’aspetto tecnico collegato al far musica, dalla registrazione al missaggio alla produzione artistica. Il pugile è in origine dedicata al mio “io” tecnico, alla mia parte razionale che spesso e volentieri in passato ha inibito il mio lato emotivo, se vuoi “il fiore” di cui parlo nel brano. Non amo però spiegare i testi, perché mi piace molto il fatto che l’ascoltatore possa darne una propria personale interpretazione. I brani sono tutti autobiografici, eccetto quelli che non parlano di me…
I protagonisti dei tuoi brani sono, in generale, abbastanza malinconici, talvolta un po’ decadenti, sembrano degli “sconfitti” ma in realtà la loro “condanna” non pare definitiva...
Il disco non nasce con intento narrativo, cioè non avevo nessuna premeditazione in merito. Sono stato travolto dai ricordi e dalle immagini collegate ad alcuni luoghi, e ho cercato di fotografare quei momenti, puoi chiamarli “d’ispirazione”, nel modo più rapido possibile.
Diciamo che è come se le canzoni avessero trovato me e non viceversa. I personaggi narrati nei brani mi appartengono tutti e le canzoni sono un modo come un altro per rispondere ad un vecchio interrogativo “Ma io chi sono? Ed eventualmente quanti sono?”
La scelta di una strumentazione abbastanza ridotta e di arrangiamenti “asciutti” è casuale oppure funzionale ad esaltare le descrizioni dei personaggi?
La produzione artistica scarna ed essenziale deriva da una scelta precisa da parte mia e di Matteo Zanobini (produttore del disco). Volevamo che i brani suonassero molto diretti rispettando le atmosfere dei testi e al contempo volevamo evitare l’effetto pallosità inevitabile nei dischi solo chitarra e voce. Per questo abbiamo abbandonato l’idea di “effetti speciali”, riducendo al minimo gli espedienti tipici di una registrazione moderna. Non è Hi-Fi, ma nemmeno Lo-Fi, diciamo che è “Fi” e basta.
Si potrebbe definire “impressionista” il tuo modo di fare musica, nel senso che traduci in note e parole la percezione di episodi, eventi che ti capitano intorno?
Mi sembra calzante nella misura in cui ho cercato di rappresentare gli episodi rapidamente, magari a discapito della forma letteraria, cercando in tal modo di esaltare la componente essenziale dell’ispirazione. A volte è più eloquente una foto scattata in una frazione di secondo, che una pellicola girata in più giorni. Non trovi?
Come valuti la differenza di spazi ed occasioni esistente fra gli artisti cosiddetti “affermati” e quelli ancora meno noti? Quali alternative vedi rispetto alla scarsa capacità o volontà della discografia di “rischiare” o, passami il termine, di “investire” su artisti ancora relativamente meno noti?
Oggi viviamo in un'epoca in cui la rapidità è diventata un valore assoluto, in molti aspetti dell'esistenza. La musica in tal senso non rappresenta un'eccezione, per cui è ovvio che, soprattutto ai piani alti, si punti su progetti “fast food”. E' un'ottica legata al “breve periodo”, per usare una terminologia aziendale. Progetti di tipo cantautorale, e non mi riferisco al mio che alla fin fine è abbastanza leggero, sono penalizzati da questo tipo di approccio, perchè hanno bisogno di un tempo maggiore per esser metabolizzati. Gli spazi a quel punto te li devi creare da solo e puntare sui nuovi media, che in qualche misura riescono a bypassare le grandi strutture. Ma al momento il pubblico della rete rappresenta una piccolissima parte del pubblico totale ed è ovvio che una cosa è essere in homepage su una webzine, una cosa è avere il tuo disco piazzato vicino alla Rustichella in autogrill. Che poi non sono dell’avviso che si debba ambire al successo nazionale, basterebbe solo essere nelle condizioni di poter sostenere economicamente il proprio progetto artistico. E purtroppo spesso non è così, soprattutto in ambito indipendente.
Come immagini il tuo futuro prossimo? Hai già in testa la musica che scriverai, vorresti esplorare altre direzioni, c’è qualche progetto che ti intriga particolarmente?
In questo periodo ho scritto alcuni brani nuovi, senza pormi particolari limiti: semplicemente lascio fluire e quando sarà, se sarà, raccoglierò le cose buone e cestinerò quelle meno riuscite. L’obiettivo è cercare di non ripetersi, mantenendo comunque un legame con i brani che ho già pubblicato. In questo periodo sto ascoltando “Sono all’osso” de “Il pan del Diavolo”, gruppo siciliano dal tiro incredibile, e l’ultimo dei Baustelle “ I mistici dell’occidente” che ha almeno quattro/cinque brani di ottima fattura. E poi tanta, tanta musica italiana degli ultimi 30 anni, che sto riscoprendo anche grazie all’ottimo libro di Zingales: “Italiani brava gente”.
 

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