Il cd ..." />
Nicola Conte Il cd ha un pack da vinile: come è nata
questa idea? A mio parere il vinile, ancora
oggi, è l’unico modo – vero - per ascoltare musica. Non ho mai apprezzato il cd,
infatti il 90% della musica che ho è in vinile. Da questo è nato il progetto
grafico dell’album (un cd-vinile), grazie all’apporto dell’amico Yusuke
Yoshinaga. Questo formato ha permesso anche di esprimere la mia estetica
culturale dell’arte rispetto alla differenza tra analogico e digitale: a mio
parere l’analogico mantiene una relazione con la cultura umanistica e una
relazione con l’ambiente che il digitale, a causa della sua dimensione “chiusa”,
non riesce ad esprimere. Più produttore, musicista, dj o collezionista jazz? Sono tutte queste cose insieme,
non riesco a scindermi. Sono nato in una generazione che è stata esposta a più
influenze, all’esplosione della musica, all’esplosione dei dj, delle nuove
prospettive. Ho comprato molti dischi, perché l’apporto che ti da l’ascolto è
unico: ti lascia brandelli di musica da trasformare. È stato naturale per me
fare tutte queste cose: nel tempo mi sono appassionato a tutti i modi per far
musica, anche se questo ha comportato uno sforzo maggiore. Tra i 26 brani di questa impressionante collezione
di jazz moderno, oltre a pezzi appartenenti alle recording sessions dei
precedenti lavori di Conte "Other Directions" e "Rituals", sono presenti otto
produzioni originali (“All or nothing at all”, “New Blues”, “Charade”,
“Castles in the rain”, “Solo”, “Groovy samba”, “black
is the graceful”). Quale criterio è stato utilizzato per la scelta di
brani? Sono tutti brani
registrati tra il 2004 e il 2008, propri del mio approccio nei confronti della
musica, sopra le righe: trovo interessante lavorare su un brano fatto da altri,
conservare le tracce migliori che nel mio flusso di ascolto ‘rimangono’.
Riarrangiarle e risuonarle in un secondo momento, donandole l’atmosfera che le
è propria, come se fosse un disco anni ’70 ma rivisto con la tecnologia adatta
per vestirla con effetti da musica contemporanea. Il motivo principale, il
concetto che mi ha spinto a questo lavoro è stata l’impressione che tante
raccolte siano “confuse”, mentre io volevo “ordine” per l’ascoltatore – per
testimoniare il mio lavoro. L’attività del Fez, movimento culturale da te fondato a Bari all’inizio
dei novanta, come è nata? L’idea del Fez è nata intorno ad
un gruppo di persone: io e i miei amici, nel momento in cui sono andato a
vivere da solo. Vivevo in una villa sul mare nella quale organizzavo feste, in
cui la gente ballava jazz sopra i nostri dischi. L’inizio dei novanta è stato
timbrato dalla tendenza per cui i dj hanno cominciato a fare serate, diventando
un fenomeno di costume. Per questo, ho deciso di andare a Londra per scoprire
da vicino questo fenomeno: lì ho scoperto la mia passione per il mood dei dj,
e, grazie ad un amico che ha trovato un locale per suonare, abbiamo iniziato a
far serate in stile St. German nella Nouvelle Vague, ricca cioè di studenti
universitari bohemienne. E, aggiungo, che iniziare non è facile quando fai
qualcosa di diverso, quando devi scontrarti con il conformismo. Inoltre, Bari è
lontana da Roma e Milano e la stampa c’ha messo molto tempo per accorgersi del
nostro fenomeno. In una realtà come Bari puoi sentirti isolato, io per fortuna avevo
contatti anche internazionali, tanto che del Fez se ne sono accorti prima all’estero
che in Italia. Assurdo. Quali sono le tue influenze? Ho visto le colonne sonore, con la
riscoperta di autori italiani come Piero Piccioni ed Ennio Morricone, e la musica
brasiliana, la bossa nova, la musica afroamericana, Vinicius De Moraes e
Caetano Veloso… A dir la verità prima del duemila
ero molto legato alle colonne sonore, perché secondo me descrivevano la società.
Poi, col tempo, mi sono avvicinato alla samba, al jazz, a tutti gli artisti che
riuscivano a lasciarmi una traccia delle loro cultura. Anche influenze letterarie: il poeta inglese Dylan Thomas e l'americano
Langston Hughes. Da dove arrivano? È una passione che mi accompagna
da sempre: partendo da quei testi, paradossalmente ho creato la mia musica. Oggi
è strano parlare di poesia, il mondo ora rifiuta per ignorare quel che non è
commerciale. La poesia è l’asse portante di un certo modo di concepire la
società e l’individuo. L’influenza dei poeti è fortissima, e deve essere
fortissima, perché con la poesia puoi evadere e, soprattutto, ti lascia una
traccia profonda, che è la grave mancanza d’oggi, riflettuta anche nella musica,
rigettata se non è da classifica. In tutte queste influenze, hai trovato la tua estetica musicale:
potresti dirci le sue caratteristiche principali? C’è una questione di estetica e
di stile che trova il suo significato in quello che voglio trasmettere. La risposta
è nelle forme che scelgo: in un’ottica modernista, lavoro su un arco di tempo
molto ampio, prendendo in considerazione anche correnti musicali di 40/50 anni
fa, che, però, sono ancora moderne: è propria
della mia estetica la purezza di un classicismo d’avanguardia che ha trovato
espressione, per esempio, nelle registrazioni di Coltrane, negli scenari
percorribili, avanguardistici, che riusciva ad aprire; caratterizzati da un’atmosfera
rarefatta che comprendeva quell’apertura religiosa densa del rapporto Uomo/Dio
in direzione di una spinta estetica, propria, tra gli altri, anche di Miles
Davis. In studio, con i musicisti, le tecniche di registrazione, e gli
strumenti adatti cerco di digitalizzare
quella musica per decontestualizzarla in direzione di una contestualizzazione
nel contemporaneo. Hai girato molto per il mondo, hai musicisti di livello internazionale,
ma in “Rituals” hai utilizzato le voci italiane di Chiara Civello ed Alice
Ricciardi: il calore e un'intensità tutta italiana, perché? Classicismo d’avanguardia
Nel mezzo del tour mondiale - partito il 19 novembre dal l'Auditorium Parco della Musica di Roma, approdato prima in Spagna (20 novembre a Granada e 21 novembre a Cartagena), poi in Italia (il 5 dicembre a Sacile, PN) ed infine in Giappone (a Tokyo il 17-18-19-20 dicembre) - Nicola Conte presenta il suo nuovo doppio album: The Modern Sound Of Nicola Conte - Versions in Jazz-Dub (Schema records).
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