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Tiromancino
L’esperienza all’ultimo Sanremo è stato piuttosto intensa. Ce ne vuoi
parlare?Come suonano i chilometri
Intanto che i Tiromancino
sono di nuovo in tour dopo l’esperienza sanremese e la pubblicazione del primo
disco dal vivo, incontriamo Federico Zampaglione proprio per parlare del
passaggio in Riviera (non privo di polemiche), del suo rapporto con la musica
dal vivo e dei progetti futuri di un artista che intende la sua professione d’autore
in modo sempre più trasversale ed eclettico.
Sì, è stata decisamente intensa.
Eravamo coscienti che Il rubacuori
affrontava una questione spinosa, quella dei licenziamenti nel mondo del
lavoro, in maniera molto specifica. Inevitabilmente le polemiche sono arrivate,
ma credo che alla gente sia arrivato anche il messaggio. Il nostro obbiettivo
comunque era quello di aprire un dibattito o almeno di dare uno spiraglio di
luce ad un problema molto grave di cui non si parla abbastanza. Fino ad oggi i
Tiromancino hanno fatto canzoni con una poetica che definirei “eterea”, quasi
in fuga dalla realtà. Il rubacuori
invece è un brano molto pop e molto diretto, cantato in prima persona. E’ quasi
un pugno nello stomaco e l’effetto che doveva avere l’ha avuto. Siamo contenti
di avere ricevuto tantissime mail dopo essere stati sul palco di Sanremo con
questa canzone e anche parecchi attestati di stima da parte di realtà legate al
mondo del lavoro. Certo, forse qualcuno avrebbe preferito da noi una canzone
d’amore, ma non abbiamo pensato a Il
rubacuori in un’ottica commerciale, né volevamo fare una canzone che fosse
in qualche modo gestibile.
Oltre al problema dei licenziamenti però Il rubacuori prova anche a fare il ritratto di una persona che
essendo definitivamente incastrata in logiche di solo profitto ha perso
qualsiasi moralità. E’ diventata un essere amorale.
E’ lo scotto da pagare quando ti
ritrovi in situazioni in cui l’aspetto economico e burocratico ha preso il
sopravvento su ogni altra cosa. La possibilità di avere dei rapporti umani a
quel punto te la devi estirpare da solo, pena l’essere travolto tu stesso dal
meccanismo con cui travolgi gli altri. Il personaggio de Il rubacuori vive tutto questo con una punta di amarezza, perché
capisce di stare perdendo una parte di sé, il cuore appunto, lo stesso che fa
perdere a chi viene licenziato. Perché le persone che lavorano non sono automi
ma mettono in quello che fanno una parte di loro stessi e perdere il lavoro è
sempre perdere una parte di sé.
I proventi del brano sono andati in beneficenza, giusto?
Sì, i proventi della vendita in
rete del brano sono andati ad una fondazione che si occupa di tutelare i
famigliari delle vittime della Thyssen Krupp. Abbiamo deciso così per evitare
che il nostro interesse sulle problematiche del mondo del lavoro apparisse
solamente come un interesse a parole, ma ci fosse invece anche una parte
pratica, se così la vogliamo chiamare, di aiuto.
A proposito di parole: dei problemi del lavoro, morti bianche in
primis, si continua a parlare molto poco…
E’ vero, però almeno in ambito
artistico vedo negli ultimi tempi una tendenza a parlarne che è significativa.
Ad esempio l’ultimo bellissimo film di Paolo
Virzì, “Tutta la vita davanti”, racconta il mondo dei call-center e
l’alienazione che si subisce in quei posti. Oppure “Coverboy” di Carmine Amoroso, un altro film italiano
piccolo ma altrettanto meraviglioso che descrive il mondo del lavoro precario e
quello dell’immigrazione di clandestini che vengono da noi per lavorare. Sono
segnali importanti, di una sensibilità che purtroppo i media continuano a
rifiutare, ed è giusto che chi come i cantanti, gli scrittori o i registi abbia
la possibilità di parlare di queste cose lo faccia.
Oltre a Il rubacuori il disco
live che avete pubblicato dopo Sanremo contiene un altro inedito: Quasi 40. Sono due pezzi molto diversi
tra loro ma hanno una caratteristica in comune: non contengono parti
elettroniche, dico bene?
Nei due inediti non c’è
elettronica ma è tutto suonato. Anche la pulsione funkeggiante di Quasi 40 è interamente suonata da noi,
dici bene. Ma se ci fai caso anche i testi sono molto più diretti e privi di
abbellimenti poetici, perchè è stata una scelta voluta quella di essere più
terra a terra e senza filtri per queste due canzoni. Allo stesso modo anche il
live è più ruvido e più elettrico. Ci siamo divertiti moltissimo durante
l’ultimo tour e questa eco diretta ed elettrica credo proprio che la porteremo
avanti anche nel prossimo disco.
Quindi sarà un lavoro più rock-blues? Già in questo disco fate una
cover di Sunshine of your love dei
Cream e tu hai anche un gruppo di cover rock-blues, i Blackmailers…
Io ho suonato per una vita quella
musica, sono nato e cresciuto così, per cui sarà semplicemente un recupero che
già porto avanti coi Blackmailers.
In questi anni i Tiromancino hanno lavorato su un suono tra virgolette
“chill-out”, cercando di creare spesso atmosfere intime, confidenziali, con
sonorità rarefatte. Ora stiamo cambiando. Torniamo ai suoni di un tempo, perché
i primi nostri dischi erano comunque pieni di rock, blue e funky, e poi non
vogliamo annoiarci. Io vivo con il terrore di non avere più il coraggio ad un
certo punto di rompere gli schemi e sperimentare. Per questo motivo negli
ultimi anni, ad esempio, ho fatto un film da regista, ho portato a Sanremo un
pezzo che tratta di licenziamenti e poi di seguito un brano totalmente diverso
anche nelle atmosfere come Quasi 40.
Il bello di questo mestiere è cambiare continuamente, altrimenti non rimane che
programmare tutto a tavolino ossessionandosi con la domanda su cosa il pubblico
si aspetti da te.
E il pubblico come ha recepito questa svolta più elettrica?
Quasi 40 è andata forte, in tanti mi hanno detto di aver apprezzato
anche il testo così senza veli. La gente d’altra parte non si fa tante domande
quando un pezzo gli arriva. Quello è l’importante: la musica a differenza di
altre forme artistiche è un qualcosa che ti arriva allo stomaco e va oltre la
comprensione razionale.
Nel disco live infatti il pubblico è molto più partecipe rispetto ad un
tempo.
Anche io ti devo dire che per
quanto riguarda i nostri live ho avuto un cambiamento rispetto al passato. Ai
tempi di “In continuo movimento” e “Illusioni parallele” ero molto più
interessato al lavoro in studio rispetto a quello dal vivo e dal vivo facevamo
fatica a riprodurre le stesse cose che ottenevamo in sala di registrazione,
soprattutto per la cura del suono. I concerti risultavano comunque particolari,
ma riascoltandoli a freddo mi convincevano sempre meno dei dischi. Anche da
questa cosa probabilmente è scattata la molla che ci ha fatto togliere tutta
una serie di sequencer lasciandoci a suonare proprio tutto dal vivo. E a
livello qualitativo il concerto ne ha giovato molto.
Il disco live vi permette anche di fare una panoramica su quanto avete
fatto fino ad oggi. Mi sapresti indicare quali sono i pezzi che a tuo dire sono
venuti meglio?
Sì, il disco live l’abbiamo fatto
anche per avere una panoramica delle canzoni che abbiamo scritto fino ad oggi.
Non ho però un pezzo preferito, sono affezionato a tutti allo stesso modo, però
riguardandoli “dall’alto” ti posso dire che sono contento di aver affrontato
diversi temi nelle canzoni. Ci sono artisti che hanno interi repertori di sole
canzoni d’amore: ecco, io faticherei ad immaginarmi alle prese sempre e solo
con un unico tema. Invece i Tiromancino hanno nel loro repertorio canzoni
d’amore, altre che raccontano e analizzano la realtà che ci circonda, brani che
sembrano delle vere e proprie sedute dallo psicanalista, ma anche canzoni più
da sfogo. Questo mi soddisfa molto, fermo restando che se ho delle canzoni
preferite le ho perché sono legate a ricordi privati, ma non per altri motivi.
“Il suono dei chilometri” è un titolo che sottolinea bene uno degli aspetti
principali della vita del musicista in tour: il viaggio. Si potrebbe dire che
un musicista sta più ore in strada che sul palco…
Con quel titolo volevo
sottolineare proprio questo aspetto, la strada, la gente e i luoghi che
incontri durante i tour. Sono proprio gli incontri secondo me a determinare lo
stato d’animo con cui salirai alla sera sul palco. Poi, come ti dicevo,
ultimamente mi sto riappassionando alla dimensione del concerto e non a caso
anche questa estate stiamo suonando tanto in giro come abbiamo fatto lo scorso
anno.
Cosa fai durante i viaggi per spostarti da un luogo all’altro?
Fondamentalmente leggo e scrivo.
Non smetto mai di scrivere, le canzoni per me sono come un diario in cui fisso
dei momenti importanti della mia vita o rifletto. I due inediti di questo disco
li ho proprio scritti in viaggio. Ero all’aeroporto e ho comprato un quadernino
per annotarmi la musica e il testo, insomma… istant-music!
Invece sul fronte cinema stai lavorando a qualcosa di nuovo?
Ho diretto il videoclip di Quasi 40 e negli ultimi mesi ho scritto
anche una sceneggiatura ma attualmente sono impegnatissimo con la musica. Il
primo film è andato bene e siccome quello del regista non è il mio lavoro
principale ma è una cosa che faccio per passione, preferisco prendermi tutto il
tempo di cui ho bisogno. Sicuramente prima di un nuovo film farò un disco. Ho
proprio voglia di ricominciare a lavorare sulle canzoni.
E intanto ti tieni allenato producendo il disco della tua compagna
Claudia Gerini. Come sarà? Ci puoi anticipare qualcosa?
Sarà un disco di cover di canzoni
legate al cinema degli anni ’80 e ’90, tutte riarrangiate in una chiave molto
vintage. E’ un progetto molto interessante e mi sto divertendo molto, anzi sono
proprio esaltato da questa cosa e in generale dal collaborare con altri
artisti. Fino ad oggi avevo solo prodotto i dischi dei Tiromancino, è la prima
volta che produco per altri artisti, ma voglio sicuramente ripetere
l’esperienza in futuro, anche perché a volte ho un rapporto un po’ conflittuale
con la mia immagine e mi trovo a mio a agio a lavorare su cose che siano anche
mie ma in cui io non sia il protagonista principale.
Quindi hai in mente qualcuno che ti piacerebbe produrre?
Sì, mi piacerebbe lavorare con
molti musicisti, produrli o coprodurli. Un nome su tutti è Moltheni. Mi piace fin dagli inizi e sarei felice di fare qualcosa
con lui.Link
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