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Massimo Priviero

Da 25 anni con il cuore nella musica

Il suo stile è noto: schivo ma pieno di passione, ombroso ma ricco di cordialità, asciutto ma colmo di sorrisi. Massimo Priviero è un uomo, un musicista che ti sorprende sempre, che si spende tanto, che vive nella sua interiorità decine di contraddizioni che, alla fine, si ricompongono sempre nella gioia di suonare, cantare, raccontare, esprimere se stesso e le emozioni che porta con sé. La sua è una carriera che ha avuto dei grandi saliscendi ma tutto quello che è avvenuto non lo ha mai scalfito più di tanto. È nato a Jesolo ma si può dire senza paura che è un vero “razza Piave”. Il suo ultimo album, “Ali di libertà” (qui il link del brano Alzati, uno dei singoli dell'album) è senza dubbio uno dei lavori più maturi della sua discografia (a parere di chi scrive, il migliore) e quindi, come il vino, davvero la sua arte migliora con il tempo. Ha ormai superato i 25 anni di carriera e Domenica 26 ottobre sarà all’Alcatraz per il suo concertone milanese. Un concerto, anzi un evento, che Massimo ha preparato con cura, cercando di non trascurare nessun dettaglio artistico ma lasciando spazio anche alle emozioni che saliranno e scenderanno dal palco, da e verso il suo pubblico.
Inizio del concerto alle 21.00, ma prima ci saranno i Lowlands, gruppo pavese dal forte impatto live che prepareraano al meglio il pubblico. Ci saremo anche noi ma prima… un’intervista propiziatoria…

La stampa musicale, e non solo, ha ben accolto il tuo ultimo album “Ali di libertà”. Che cosa, a tuo parere, può fare questo strumento per favorire una buona comunicazione della musica italiana?
Non sono un grande osservatore di quel che viene scritto, nella realtà. Che mi riguardi o meno. Chiaro che mi fa piacere se si parla bene di quel che propongo ma non è mai stato fondamentale per la mia esistenza musicale (e non solo). Neppure genero troppi distinguo tra musica italiana e no. In generale, posso solo augurarmi che chi scrive o giudica lo faccia in modo libero… anche se personalmente qualche volta i dubbi mi vengono…. Credo ad esempio che la musica d’autore vada difesa, soprattutto quando c’è dentro la vita di un musicista o di un autore. Io ho una mia strada da fare, ma spetta a chi scrive trovare la strada migliore per farlo.

Nelle tue canzoni racconti storie di varia natura passando dalle tragedie vicine raccontate in “Storie dell’altra Italia” (fortunata tournée teatrale che ti ha visto protagonista con Daniele Biacchessi - qui nella foto - e i Gang) a quelle lontane cantate e raccontate in “Dall’Adige al Don” (nello splendido lavoro che hai portato in giro per l'Italia su testo di Renato Curatolo).  Quale il legame che unisce queste realtà e storie così diverse tra loro?
Non le ritengo poi così diverse. Sono storie, entrambe, di umana resistenza e di valori condivisi. Sono storie di “minoranze”. Ma è proprio nelle minoranze che si autoalimentano, che si ritrova il segreto migliore della nostra società e ti direi in particolare che questo vale per un paese come il nostro. Non credo nella massa. Anzi, ho smesso di crederci da un pezzo. Un tale un giorno mi disse “Sai, la massa non è stupida come sembra…lo è molto di più…”. Prendo atto che aveva ragione lui. Le minoranze, le nicchie forti, le associazioni, i volontari, compresi quelli che scrivono di buona musica… che si autoalimentano...in loro trovi le ragioni migliori. 

Hai cantato di “giustizia e libertà” con liriche preziose e vivide. Qual è il tuo rapporto con i valori etici di cui sempre troppo si parla ma ben poco si perseguono?
Parole meravigliose. Valori meravigliosi. Da difendere ogni giorno. Chi lo fa davvero? Vedi che torniamo alla domanda di prima. Valori ed idee universali in realtà valori solo di una piccola parte del nostro mondo. Per la stragrande maggioranza, parole ali vento o aria fritta per dirla meno poeticamente.

Quando pensi ad un brano nuovo qual è la molla che maggiormente ti ispira?
Spesso mi arrivano ispirazioni semplicemente guardandomi intorno. Può essere un ricordo che ritorna forte nel mio presente, una melodia che mi rimbalza in testa, una progressione armonica che mi piace o ancora una frase che provi a cantare forte e che un po’ ti commuove. Ti siedi e scrivi, spesso con poca consapevolezza di quel che fai, pensando che non arriverai in fondo e invece spesso questo ti riesce.

Parli spesso del tuo pubblico come “la mia gente”. Quanto e perché è così importante il senso di comunità che sempre traspare dalle tue parole?
La “mia gente” è semplicemente quello che io sono facendo per lo più un altro mestiere. Quasi sempre è gente che guarda il mondo in modo simile al mio. Anzi, spesso dico che fare musica in un certo modo vuol dire anche stare al mondo in un certo modo. In questo concetto mi piace pensare che loro ed io siamo una cosa sola, anche se facciamo cose diverse. Io sono su un palco a suonare o sono a casa a scrivere e in questo modo entro in un frammento della loro vita. E, quando sono davanti a me o quando mi ascoltano, loro stessi diventano un pezzo della mia. Sono queste vite che provo a raccontare con le canzoni che scrivo.

Sei una persona capace di stare in compagnia come i veneti sono capaci di essere. Sei però anche molto introspettivo e solitario. Quale il tuo rapporto con la solitudine e come, questa, ti rende “forte” interiormente?
Amo (anche) la solitudine, certamente. La solitudine forte. Scrivere e comporre sono atti di solitudine che poi decidi di condividere. Questo non ti risparmia le lacrime e le sofferenze che metti insieme ai sorrisi. Ma amo i sorrisi della gente giusta, come puoi immaginare, e ho bisogno di carezze. Le stesse carezze forti che a volte provo a far arrivare agli altri con quel che scrivo.

Si comincia discograficamente dal 1988 (qui sotto la copertina dell'album d'esordio, l'ormai introvabile San Valentino). Sono passati ventisei anni ed è cambiato il mondo. Come è cambiato Massimo Priviero?
Già… come vuoi che ti risponda? Vuoi che ti dica che le cose importanti sono rimaste uguali? Puoi immaginare che è così..la mia vita sta’ lì a dimostrarlo. Ma il mondo è cambiato ed anche la mia vita è cambiata. Molto. Ma questo forse è troppo lungo da raccontare.

Il tuo canzoniere è ricco di tante canzoni dai temi più disparati. Quale è, se esiste, la canzone che maggiormente ti rappresenta?
Sempre soprattutto le ultime che scrivi, credimi. Tuttavia, se vuoi dei titoli andando anche indietro nel tempo. Nessuna resa mai, La strada del Davai e oggi La casa di mio padre,  hanno centrato molto quel che avevo in animo di dire.

Che cosa ha significato per te la scrittura di un brano come Lettera al figlio?
Ha voluto dire, anni fa, il fare un regalo a mio figlio per i suoi diciotto anni e lasciargli la registrazione sul suo tavolo prima di partire per un concerto che avevo quella sera. Quello era il mio modo di dirgli come vedevo il mondo provando ad avere i suoi occhi. È giovane, è forte e se Dio vuole cresce bene… tutto quel che farà dipenderà in gran parte da lui. Ogni tanto, nella sua vita, gli capiterà forse di riascoltare quel piccolo regalo di suo padre, fatto nel suo modo di dirgli grazie che esisti.

Pochi se lo ricordano ma è bene segnalare che tu sei laureato in Storia contemporanea. Credo che questa laurea non sia secondaria rispetto al tuo sguardo sul mondo. Oggi che cosa leggi del mondo che ci gira intorno?
È fondamentale per me, per quanto poco la cosa interessi nel mondo della musica. Ancora oggi mi aiuta a giudicare forse un po’ meglio il mio presente. Cosa leggo? Come sopra. Una massa infinitamente cialtrona, incapace di bene comune, spesso culturalmente mafiosa. Accanto, minoranze meravigliose a volte fino all’eroismo esistenziale.

L’amicizia sul palco e fuori dal palco. Che cosa rappresenta per te questo valore e come cerchi di alimentarla pur nella difficoltà di un lavoro così particolare come il tuo?
Chi mi conosce davvero mi vuol bene, questo vale oggi come ieri. E voglio bene a chi conosco davvero. Non accetto il tradimento, anche se non sono vendicativo mai. Mi alzo e scompaio. I veri amici in tutti questi anni non sono scomparsi. Allo stesso modo per loro io ci sono sempre. 

Alcatraz: un nome che fa venire in mente il desiderio di fuga. Invece, nel tuo caso, dobbiamo pensare a come entrare…Che cosa ti aspetti da questo concerto e cosa darai “alla tua gente”?
Non so cosa aspettarmi. Spero sia quel che è accaduto tante volte. Forse amore e forza che salgono e scendono da un palco e che diventano scambio continuo. Come sempre. E come sempre proverò a dare tutto quello che ho in gola e in anima. Su questo, sai che puoi scommettere tutto quel che hai.

L’intervista è finita. Il mondo di Priviero ci è passato davanti in qualche minuto. Ora dalle parole ai fatti, cioè alla musica. Immaginiamoci quindi un Priviero che, al contrario del Clint Eastwood che nel celebre “Fuga da Alcatraz” cerca il modo per fuggire dal carcere, farà della sua musica il grimaldello per entrare in un mondo musicale che, citando Battiato, “ci tiene avvinto il cuore”.

Servizio fotografico a cura di Ferdinando Bassi

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MASSIMO PRIVIERO
Domenica 26 Ottobre 2014
Ali di libertà tour

Alcatraz
Via Valtellina 25 - MIlano

ore 19.30 apertura cancelli
ore 20.00 concerto dei Lowlands
ore 21.00 inizio concerto Priviero

Ingresso Euro 23

 

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Qui sotto foto di gruppo dei musicisti che suoneranno con Massimo Priviero

 


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