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Waines

Dare la scossa

Due album al fulmicotone come Stu e Sto, concerti e concerti in giro per l’Europa e un nome che dalla Sicilia al profondo Nord inizia ormai a farsi strada: a colpi di chitarre distorte che manco i Black Keys, voci impastate con spezie psichedeliche, e una sana, sanissima attitudine heavy. Questo il curriculum dei Waines. Li abbiamo intervistati, nella persona del chitarrista Roberto Cammarata.

Ciao ragazzi, anzitutto complimentoni per il disco. e cominciamo. Il vostro è un bel frullatone di influenze seventies, garage, e soprattutto blues. Riveduto e corretto, MC5 e Jon Spencer docent, non certo da puristi delle dodici battute. Come vi rapportate alla scena blues italiana? Trovate che sia troppo tradizionalista o avvertite spinte innovative?

Grazie per i complimenti intanto! Beh in qualche modo i Waines con la loro musica lambiscono diverse scene e generi, senza forse essere parte di qualcuna di esse al 100%, e di certo anche il blues fa parte del nostro DNA artistico. Il rapporto con la scena blues italiana di fatto per noi è molto sfuggente, abbiamo suonato a qualche blues festival in passato, ma in certi ambienti probabilmente la nostra interpretazione del blues è troppo poco ortodossa. C'è però anche in Italia chi "gioca" a reinterpretare il blues in maniera coraggiosa, in fondo non è mai bene prendersi troppo sul serio e mettere paletti rigidi alla cose. Sono dell'idea che il blues non sia tanto un genere musicale ancorato a schemi e suoni triti e oltremodo abusati, quanto piuttosto uno stato d'animo, un modo di fare le cose. Oggi puoi fare blues con delle diavolerie elettroniche o con dei game boy, e dall'altro lato far suonare tristemente ad una Lucille musica da cinquantenni non esattamente inclini alle sensazioni forti.

C'è comunque nelle vostre canzoni un innegabile amore per i musicisti della vecchia scuola. Avete l'occasione di enumerarci qualcuno dei vostri numi tutelari...

Tutti e tre siamo cresciuti all'ombra del dirigibile guidato da Jimmy Page e Robert Plant, tra i nomi grossi del rock sudista (Lynyrd Skynyrd, Allman Brothers Band) e degli Stones, ma anche del blues più rurale e autentico di inizio secolo. Con il tempo i nostri ascolti si sono sbizzarriti in varie direzioni, e tra le nostre influenze attuali penso di poter mettere quanto citato prima, ma anche i Soulwax, i Daft Punk, gli MGMT, i Black Keys. Insomma abbiamo messo tutto dentro il frullatore. Per i nomi tutelari, nei Waines davvero potresti trovare di tutto, da Blind Willie McTell a Lemmy Kilmister, a John Bonham a Bob Log III...

Strumentazione dei Waines: voci, batteria e due chitarre che sembrano essere state chiuse da troppo tempo nello sgabuzzino prima di capitare nelle vostre mani... e adesso si sfogano! Siete puristi del vintage o tutto va bene purchè suoni?

Diciamo che siamo puristi di ciò che suona bene, a prescindere dalle stellette che potrebbe prendere in questo o quel mercatino vintage, non siamo dei feticisti dello strumento d’epoca super figo a tutti i costi, la nostra ricerca è finalizzata più che altro ai suoni. E' vero però che utilizziamo in generale ampli e chitarre costruiti in media alcuni decenni prima di quando siamo nati, e anche quando siamo in studio ci piace circondarci di roba vecchia e con parecchie valvole.

Domanda d'obbligo: nonostante cercate di ingannarci suonando anche troppo bene, siete italiani, palermitani per la precisione. Che ci dite della scena siciliana, cosa si muove dalle vostre parti?

La scena siciliana di recente è parecchio viva e specie a Palermo devo dire che si respira una atmosfera speciale, sono tanti i gruppi che stanno riscuotendo ottimi consensi in giro e si avverte l'attenzione nei confronti di una città che a lungo ha vissuto all'ombra dei fasti di Catania. C'è fermento in tutta la Sicilia, e ne è prova anche la voglia degli artisti di fare rete, di comunicare, di collaborare: da questa esigenza è nato di recente L'Arsenale, una federazione di arti e di musica nata su un'idea di un indubbio riferimento per la musica siciliana, Cesare Basile, e di cui siamo parte integrante e convinti promotori. Stiamo cercando di lasciarci alle spalle il fatalismo gattopardesco di una terra in cui le cose non possono e non devono cambiare, ci stiamo rimboccando le maniche tutti insieme e stiamo cercando di dare una scossa, di lanciare segnali forti.

E le band? Consigliateci tre formazioni vostre conterranee che meritano di essere seguite, o scoperte...

The Second Grace perchè è il progetto che ha avuto i migliori apprezzamenti e risultati in giro per il mondo, ma anche perchè è la band di mio fratello Fabrizio; il Pan del Diavolo perchè sono la vera novità della passata stagione nel panorama indie italiano, e Fabio è il loro produttore artistico; Dimartino perchè è uno dei migliori autori italiani degli ultimi lustri.

La promozione di "Sto" vi sta portando in giro per l'Europa, ad oggi già avete fatto un po' di date al di fuori del BelPaese. Cosa manca qui, c'è qualche accorgimento che dovremmo importare per rilanciare la nostra scena live?

A volte mancano le strutture adeguate per i concerti, a volte manca la curiosità della gente e la voglia di spegnere la televisione e interessarsi a qualcosa di diverso da ciò che viene imposto come "cool" dalla comunicazione di massa. In generale in Italia in questo ambiente c'è molta più improvvisazione e meno professionalità rispetto a paesi come la Germania o l'Olanda. Per fortuna qui non mancano i fermenti artistici, le buone vibrazioni, le band che vale la pena di vedere, e la gente che si sbatte controvento per far sì che le cose accadano. Spesso ti viene il sospetto che se con tutte queste condizioni avverse e problematiche c'è chi riesce a far cose belle, in una condizione non dico ottimale, ma quanto meno normale, si potrebbero fare cose incredibili. È a quello che dobbiamo mirare, vivere in un contesto normale e non avverso, sarebbe già una grande conquista.

  

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