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Domenico Imperato

Domenico Imperato, voce e passione, ci racconta il suo disco d'esordio Postura Libera

Bastano poche parole scambiate quasi per caso per capire che Domenico Imperato porta con sé lo spirito caldo e familiare del Sud: sud che è Sud Italia, essendo lui nato ad Acquaviva delle Fonti (BA) e cresciuto a Pescara. Si trasferisce poi nel 2001 a Roma, dove ha studiato canto e chitarra e ha fatto gavetta esibendosi nei locali della città. Ma anche Sud del mondo, prima Lisbona dove vive durante il 2005 e poi San Paolo del Brasile, dove si trasferisce nel 2006 e vi rimane per qualche anno, collaborando con importanti poeti e compositori come Eduardo Gudin, Vicente Barreto, e molti altri che hanno influenzato visceralmente ed arricchito la sua storia musicale. Una vita in viaggio, sempre alla ricerca di nuove esperienze e sperimentazioni che confluiscono artisticamente nel suo disco d’esordio Postura Libera, uscito il 1 Luglio 2014, e che merita di ricevere la giusta attenzione dei 20 giurati che selezioneranno i lavori da ammettere al prossimo Premio Tenco.
È difficile inquadrare questo lavoro in un genere ben preciso, e qualcuno ha già definito il modo particolare di cantare, suonare la chitarra e comporre di Domenico Imperato come una sorta di Tropicalismo Mediterraneo: una “mistura” di suoni e parole che spaziano tra tradizione e innovazione, tra musica pop e musica colta, tra canzone d’autore e musica etnica. Ascoltando il disco si scopre poi un filo conduttore che crea una specie di mini-concept album all’interno della narrativa generale: un disco nel disco.  Alcune tracce, infatti, vanno a comporre quella che è stata ribattezzata dall’autore Suite del mare, suggerendo una duplice tipologia d’ascolto e narrativa, in quanto, nella tracklist del disco, queste quattro canzoni non si ascoltano in ordine successivo, mentre nel libretto sono state inserite secondo l’ordine della Suite. È la storia di un viaggio in mare aperto che inizia con le sonorità etniche e jazz di Muscoli ai remi, canzone delicata e struggente, che racconta una partenza. Arriva poi Madre Mare, l’infuriare della tempesta, scandita dal contrabbasso che domina la scena musicale. Per lasciare spazio alla dolce ed evocativa Sud, con il ritorno alla propria terra, accompagnato dalle note poetiche di violino e pianoforte. E poi infine Yoruba Nago, un pezzo strumentale per solo pianoforte e violoncello, ultimo movimento della Suite.
Ma questo progetto è anche tanto altro e allora lasciamo che sia Domenico stesso a raccontarlo.

Si percepisce sin dal primo ascolto che il tuo disco è qualcosa di davvero prezioso: tutte le canzoni che compongono l'album sono suggestive e affascinanti in maniera diversa l'una dall'altra. E’ un progetto fortemente contaminato da soluzioni e possibilità artistiche dai colori differenti.
Grazie per il “prezioso”!!! E’ vero, mi piace spaziare tra i ritmi e le possibilità. Questa cosa mi affascina molto. Sono una persona che ama molto la musica da ascoltare in silenzio ma allo stesso tempo le musiche che invitano il corpo alla danza. Credo che siano due bisogni necessari e imprescindibili per gustare a pieno del mondo Musica.
Ora, ho cercato di trasferire questo spirito eclettico all'interno del disco per creare un percorso, un mondo nello scorrere da una canzone all'altra. E quindi vi è nelle prime take (Gira, Frutta Tropicale e Riposa soprattutto) un disco più solare (pop, popolare e danzante) e poi nelle take successive qualcosa di più notturno. Proprio ieri riascoltavo in macchina nel buio delle strade di campagna Sud... molte persone mi stanno scrivendo cose bellissime per questa canzone, che è anche tra le mie preferite.

Tra le possibilità e i ritmi di cui parli non si possono non citare il Brasile e il Portogallo, luoghi dove hai vissuto e assorbito cultura, musica e vita.
Ritorno per un momento a quanto detto prima. Mi piace l'idea della dualità che non si contrappone ma si va quasi a sublimare, un'idea secondo me molto forte nella cultura brasiliana. Forse avrai notato nei ringraziamenti che parlo di un disco "geminiano", di un disco nato del segno dei gemelli. Questa dualità del continuo dialogo tra opposti: giorno e notte, felicità e tristezza, danza e ascolto, popolare ed erudito, Europa e Sud America. La capacità di confondere e mischiare questi elementi in un calderone magico di nuove figure e soluzioni è la cosa che mi ha sempre affascinato del Brasile, questa spregiudicatezza nello sperimentare, nel tentare, nel mutare, nel cambiare, nel reinventarsi nel nome di una nuova possibile bellezza. Il Brasile è stato per me una scuola musicale, poetica e umana. Il Brasile per me si riassume in un verso di una canzone, Sia benedetto il samba dell'ultimo meraviglioso disco di Bruno Lauzi, brano scritto insieme ad Armando Corsi: "questo mio cuore era un pulcino/ tutto bagnato, terrorizzato/ ma il vecchio samba passò le dita/ rimarginando la sua ferita".

Un disco come tu scrivi “geminiano”, che si muove “tra due mondi, due lingue e un’unica curiosità”, ma comunque, e soprattutto, un album di musica italiana che canta la tua terra, come si respira nella canzone Sud che hai già citato prima, che racconta di un ritorno e ha sapore di casa. Oppure come in L’Aquila, omaggio alla città ferita dal terremoto del 2009, che però giorno dopo giorno con grande dignità continua e spera: “una città felice, che, a volte, nemmeno sa che esiste, ma che continua vive e resiste”. In questa canzone ti affidi, nel testo, ad un passo del romanzo di Italo Calvino “Le città invisibili”, riadattandolo e facendolo tuo.
Ma io sono italiano!!!! del Sud Italia!!! sono nato ad Acquaviva delle Fonti, vicino Bari, da madre pugliese e padre napoletano. Non volevo e non avrei potuto fare un disco di musica brasiliana. La mia lingua è l'italiano e al massimo i suoi dialetti. Ho cantato un pezzo in portoghese e qui e là qualche verso. In Brasile mi dicevano che quando mi sentivano cantare le mie canzoni in italiano c'era qualcosa di affascinante, di "moro": è questo sangue Mediterraneo che sento fortissimo e come mio.
Il Brasile è stato come una tavolozza di colori per un pittore, un ventaglio di nuove possibilità e soluzioni. E’ stata una specie di antropofagia culturale di ritorno: il Brasile ha divorato l'Europa e il resto del mondo per creare la sua nuova musica e io ora mi mangio Veloso, Gil, Jobim, Gilberto, Buarque, Barreto, Amado, De Andrade, Amaral e “toda a escola de samba” per creare nuove possibili forme di canto italiano. Sud ne è sicuramente un esempio: in questo pezzo si sente l'influenza del Brasile e delle sue armonie, ma secondo molti c'è anche tantissima canzone napoletana e un sapore mediterraneo, e poi parla proprio del ritorno alla mia terra natale.
Il Brasile, ma anche Lisbona e la sua ricchezza di musica africana, più tutte le musiche popolari e pop che ho ascoltato sono servite per dare sfogo e colore a quella radice melodica e poetica che davvero sento scorrermi nelle vene. E’ quel canto innato, che procede per cadenze scritte all'interno del nostro dna, del nostro midollo e che, a mio avviso, si trasmette di padre in figlio passando nel mio caso per il nome Enrico: il nome sia di mio padre, tenore napoletano da cerimonie, sia del mio bisnonno, anche lui cantante napoletano.

Mi hanno incuriosito molto le immagini presenti in copertina e in tutto il booklet, forse volutamente di non facile interpretazione. Hai voglia di parlarmene?
Riguardo ai quadri presenti all'interno del libretto ho scelto prima l’immagine che è presente in copertina (elaborata con una variazione di sfondo) e anche in controcopertina (sullo sfondo); è opera di un mio amico e bravissimo pittore di Pescara Lorenzo Aceto. Ho visto il quadro ad una sua personale e ho subito capito che sarebbe diventata la copertina di questo disco. Tutti mi chiedono cosa sia...un albero? un utero? la mia testa riccia? Io rispondo che non vi è una sola risposta e che non mi va di dare una risposta definitiva. Forse l'unica cosa che posso dire è che questo quadro, con questa figura astratta, mi sembrava racchiudesse l'intero disco in un'unica immagine, una palla di suono dai tratti etnici.
In un secondo momento ragionando sul fatto che quest'opera appartiene ad una serie di quattro quadri ("lavori su carta gialla") ho pensato di inserire anche gli altri tre nel libretto, come illustrazioni. Ma...nel disco ci sono 4 canzoni che formano una specie di mini-concept album, quattro brani che hanno una vita propria ma che possono anche essere letti attraverso un unico filo narrativo di questo personaggio e del suo viaggio in mare. Mi è sembrato quasi naturale accompagnare nel libretto i testi dei brani di questa Suite proprio con le altre opere di Lorenzo Aceto.

Postura Libera ha nel titolo un'intenzione che vuole anche essere espressione di uno stile di vita, quasi una programmazione di intenti per l’appunto. La canzone che dà titolo all’album recita: “Non può essere preso, il vento sfiora, non può essere preso, sfiora e va, non puoi fermare la voce sola, non puoi fermare se passione ha”.
"Postura" è una parola che rimanda alla fisicità, ma io ho provato a cantare una "postura" della psiche, emotiva, esistenziale, di pensiero, un'attitudine mentale alla curiosità, alla voglia di mettersi in gioco, al coraggio, alla forza di scegliere strade nuove, di schierarsi anche in maniera indipendente e magari a volte controcorrente, di uscire dal coro, di rincorrere il giusto, il vero e forse alla fine trovare anche il bello.

Poche settimane fa sei approdato alle fase finali di quest’ultima edizione del concorso “L’artista che non c’era” organizzato dalla nostra rivista ottenendo un ottimo riscontro da parte di tutti gli addetti ai lavori e degli altri artisti . Che eredità porti a casa da questa esperienza?
Riguardo il concorso devo dirti che è stata una gran bella giornata, soprattutto per il clima rilassato ma allo stesso tempo professionale che si respirava e inoltre mi ha fatto molto piacere conoscere altri artisti da tutta Italia. Alcuni già li conoscevo, altri invece sono stati delle piacevoli scoperte! Il livello dei concorrenti era molto alto ed è stato bello ascoltare altre idee musicali. Inoltre non nascondo che per me è stato un momento importante dato che ha rappresentato la prima uscita live con il disco "in tasca"... le copie fisiche erano arrivate qualche giorno prima e il disco era in fase di pubblicazione nei giorni successivi.

Ora una curiosità tutta mia da appassionata di chitarra classica. Ho letto qualcosa a proposito di Leo Brouwer, compositore, chitarrista e direttore d’orchestra cubano di grande ispirazione, selezionato nel 1987 membro onorario dell'Unesco come riconoscimento per la sua carriera musicale.
Per quanto riguarda Leo Brouwer devi aver letto un post nel quale mi riferivo ad una storia personale. Quando ero in Brasile ho anche lavorato come assistente di produzione ad alcuni eventi culturali, tra cui anche il Festival de Cordas Leo Brouwer. Durante il Festival ho approfittato per seguire le masterclass del Maestro Brouwer e sono riuscito a conoscerlo di persona. Ricordo che un pomeriggio, tornato a casa dopo una sua lezione/concerto mi sono messo alla chitarra e ho composto due canzoni di fila. Avevo scritto solo la parte musicale in attesa di trovare un testo. Una di queste è proprio Yoruba Nago, ultima traccia del disco, che è rimasta alla fine in forma strumentale e che, in seguito ad una geniale idea del produttore Thiago Rabello, abbiamo deciso di registrare solo pianoforte e violoncello. Questo pezzo rappresenta secondo me un felice incontro tra la musica popolare e quella erudita: un ibrido a metà strada tra accordi dissonanti e triadi, melodia cantabile e modulazioni, tra il semplice e il complesso. A mio avviso una bella chiusura per il disco: i titoli di coda di "Postura Libera”.


NOTE DEL DISCO

Tracklist:
01.  Gira
02.  Frutta tropicale
03.  Riposa
04.  Muscoli ai remi
05.  Postura libera
06.  Lua nova
07.  Sud
08.  L’Aquila
09.  Madre Mare
10.  Yoruba Nago

Testi e musiche: di Domenico Imperato eccetto “Madre Mare” (Domenico Imperato/Carmelo Tomaselli), “Frutta tropicale” (Domenico Imperato/Marco Barone), “Lua Nova” (testo di Rogerio Noia da Cruz e musiche di Domenico Imperato/Eduardo Golin)
Produzione Artistica:  Domenico Imperato, Thiago Rabello e Rafa Barreto
Registrato da: Thiago Rabello presso lo Studio oca di San Paolo del Brasile

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