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Paolo Tocco
Sul comunicato stampa di Anime sotto il cappello è scritto che questo
lavoro rappresenta una «scommessa contro la plastica musicale che si impone al
mercato». A qualche mese dalla pubblicazione, com’è il risultato parziale? Forse qualche mese non è
abbastanza per veder arrivare dei risultati. Già la pubblicazione, in fondo, è
un gran risultato per me che sono appena all’inizio di questo lungo viaggio.
Una pubblicazione che arriva dopo un anno di consensi e di ottimi riscontri da
parte di tutti coloro che per caso, o per dovere, hanno ascoltato la mia
musica. Adesso raccolgo senza mai smettere di seminare. La “plastica musicale” c’è
sempre, ma mi sto accorgendo che ci sono anche molti spazi e molti grandi
professionisti che sfidano e battono questa “plastica” ogni giorno. Sono degli
ottimi modelli da guardare per crescere; l’essermi messo in viaggio mi ha dato la
fortuna di incontrarne tanti e spero di incontrarne sempre. A proposito del copricapo hai dichiarato: «Un cappello si porta perché
fa parte di sé e del proprio modo di essere». Ci spieghi meglio questo aspetto? Il vero cappello non si porta per
moda, ma rappresenta un aspetto ben preciso della propria personalità. Un po’,
credo, come chi fuma una sigaretta o chi fuma la pipa. Con un “vero cappello”
ci si nasconde, ci si sente protetti, si cammina al riparo da “qualcosa”. Io
sono un gran timido, introverso per molti aspetti, cerco spazi che siano
soltanto miei. Il cappello fa un po’ da scudo. Che modello indossi e perché? Un cappello decisamente classico.
Borsalino, o qualcosa di simile, di quelli che hanno la coroncina ricurva e non
troppo larga. Che poi i nomi dei cappelli non riuscirò mai ad impararli. Il
perché di questa scelta è casuale. Quando anni fa entrai nel locale di un
modista con la voglia di comprarmi un cappello, scelsi quello che mi faceva
sentire più a mio agio, e da lì ho continuato a scegliere sempre lo stesso
modello. Oggi non mi vedrei mai con un cappello troppo diverso. Quando componi sei un istintivo… Sono decisamente un’anima
istintiva in tutto. I brani di questo disco sono dei veri e propri sfoghi
emozionali dovuti a esperienze di vita. I testi sono scritti spesso di getto,
rare volte sono ragionati in una parola piuttosto che in una frase. D’istinto e
di getto nascono le melodie, le frasi chiave e tutto quello che poi rappresenta
la struttura portante del brano. Non scrivo mai, non appunto nulla, lascio che
la memoria torni a rispolverare quel che ho scoperto con la chitarra qualche
giorno prima. Così facendo riscrivo ogni volta, scopro ogni volta. Arriva il
giorno poi che tutto questo scoprire e inventare di volta in volta raggiunge un
equilibrio e un regime, e la memoria mi riporta a suonare sempre la stessa
canzone. La tua scrittura si distingue per la buona sintesi di semplicità
espressiva e profondità dei temi trattati. Qual è il filo che tiene insieme le
tue canzoni? Il filo c’è, e sono io. Questi
brani raccontano di me e delle “storie” che ho vissuto. Sono esperienze comuni
di vita che per fortuna e per sfortuna incontriamo tutti prima o poi. Sta poi
alla sensibilità di chi le vive poterle fermare e racchiuderle in qualcosa. C’è
chi scrive, chi disegna e chi canta, e io lo faccio con l’ingenuità di un
esordiente, con la semplicità di chi non ha ambizioni e di chi non si preoccupa
di sbagliare. Si parla della vita di tutti i giorni e questo è il mio modo di
raccontarla, senza troppe parole scontate, senza troppi significati immediati.
È anche meraviglioso che qualcuno possa cercare qualcosa di sé e del proprio
mondo tra le mie parole. Nel tuo passato c’è l’esperienza da prestigiatore. Qual è il percorso
che ti ha avvicinato al fare musica? La musica in realtà c’è sempre
stata. La magia e la chitarra sono state due passioni che ho portato avanti in
parallelo vivendo i miei alti e bassi dell’una e dell’altra. Delle volte
suonavo di più altre volte mi dedicavo di più alla carte da gioco. Il mondo
della magia mi ha deluso molto e non ho mai voluto lasciare l’Italia per
viverlo seriamente. Così ho preso in mano la chitarra e ho provato a scrivere
qualcosa. Proseguirai questa strada o dobbiamo attenderci qualche nuova sterzata
espressiva? Con tutto ciò che sto investendo
ora spero di cuore che non arrivi una nuova rivoluzione. Qualunque sia il
“nuovo mondo” artistico dovrei ricominciare da capo e non ne avrei voglia e
forza. E poi è già in cantiere il secondo disco, nuove idee e sicuramente una
maturità diversa. Spero solo di non perdere mai la vena del gioco e della
fantasia. La scena cantautorale italiana non gode di un largo riscontro da parte
del pubblico. Quali e quante sono le colpe di voi cantautori? Pensi che un
domani questa situazione subirà un’inversione di tendenza? Domanda difficile. Mi sento di
rispondere per gli emergenti come me. Prima di essere un cantautore, io lavoro
in una società di produzione discografica e ho purtroppo modo di vedere come le
persone in genere si approcciano a questo mondo con immensa ignoranza. I primi
sono gli artisti. E noi che dovremmo svolgere un mestiere spesso non ne conosciamo
neanche le basi. Incontro belle idee, artisti che nulla avrebbero da invidiare
ad altri già arrivati, ma non basta questo. Assolutamente non basta. E tutto il
resto è trattato spesso con sufficienza, quasi che a “noi artisti” sia tutto dovuto.
E a volte mi chiedo: ma i sacrifici? Le scuole? Le gavette? Il denaro da
investire come sarebbe da investire in qualunque altro mestiere? Tutto questo
sparisce, viene messo in secondo piano, anzi trascurato. Sono innumerevoli le
persone e i talenti che investono tempo ed energie sulle cose improvvisate,
sulle scene amatoriali, su produzioni arrangiate. Basta che costino pochissimo.
Da noi in Abruzzo vige il sommo sacerdote “sottuttoio”. Si inventano concorsi,
rassegne, la promozione fai da te, registrazioni in garage piuttosto che in
studietti arrangiati dove prima ci si parcheggiava la macchina. Un buon
cantautore, un emergente che deve farsi in mille per arrivare ovunque può,
finisce per sprecare tutto. Al pubblico non arriva nulla, non si dà la
possibilità di essere apprezzato come si deve e a poco a poco la sua carriera
muore, e con essa le sue idee. Credo nel rispetto della qualità e della
professionalità in tutti gli aspetti di una produzione discografica, e non vedo
l’ora di registrare il secondo disco per mettere in gioco tutto quello che sto
imparando in questo viaggio. Lasciatemi anche spezzare almeno la punta di una
lancia rivolta verso noi cantastorie o cantautori. Perchè forse questo modo di
approcciarsi e questa ignoranza generalizzata è anche (in parte) il diretto
frutto di una cattiva informazione che ogni giorno ci viene regalata dai grandi
media. Quindi sei consapevole delle difficoltà che dovrai affrontare per
affermarti come cantautore? Direi assolutamente di sì. In
fondo è un percorso che ho scelto di affrontare. Non solo ero un prestigiatore,
ma ancor prima di tutto questo ero e sono un ingegnere. Una scelta di vita
importante che non si limita solo al cantautorato o all’essere artista. Io e il
mio produttore Giulio Berghella abbiamo dato vita ad una società di produzione
discografica, stiamo costruendo un importante studio di registrazione. Diciamo
che stiamo investendo seriamente su questo lavoro, ci crediamo e lo facciamo
con estremo senso critico e concretezza. Come per riprendere la risposta di
prima: le cose devono essere fatte con serietà e professionalità; è un lavoro e
non è un gioco o un hobby. E questo viaggio è affascinante proprio perché
lungo, anzi spero di restare in viaggio per molto tempo ancora. Fa parte della
mia vita!Emozioni in musica
Paolo
Tocco è un ragazzo in gamba. Ingegnere,
chitarrista autodidatta, ex prestigiatore, si è avvicinato alla musica con un
album, Anime sotto il cappello, fatto
di canzoni autentiche che narrano storie personali di vita quotidiana. Mentre
si gusta i consensi che quest’opera prima sta riscontrando, inizia già a
pensare a un nuovo lavoro, da costruire con più esperienza e con maggiore consapevolezza.
Gli abbiamo rivolto una serie di domande per capire cosa ha da dire attraverso
il suo modo di essere cantautore istintivo, narratore di qualità e serio professionista.
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