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Maciunas

Esplodere il sogno

Amalgamare, irrompere, esplodere, esprimere. I Maciunas, il gruppo capitanato dagli ex-Fluxus Luca Pastore e Roberto Rabellino, e dall'Afterhours Giorgio Ciccarelli, hanno esordito qualche mese fa con il visionario Esplodere nel sonno, un album che è anche un video che è anche un live, ma sporco, inquinato da ogni tipo di infiltrazione febbricitante e infetta. Li abbiamo incontrati per farci portare per mano nella loro deflagrazione di senso.

Come nasce il progetto Maciunas? O meglio, da dove nasce l'esigenza di recuperare “l'unicum”, l'indefinibile dell'arte in genere – sempre che abbiate fatto questa razionalizzazione in primo luogo? Qual è il processo di costruzione di Esplodere nel sonno, se ce n’è stato uno?

Luca Pastore: Come saprai io e Robi veniamo dai Fluxus, un'esperienza davvero intensa che già nel nome dichiarava una certa irregolarità nei confronti dello stereotipo di gruppo musicale.. Io ho suonato prima il basso e poi la chitarra, e scrivevo buona parte dei testi. Nei fluxus, oltre a me robi e franz che abbiamo partecipato a tutte le incarnazioni del gruppo, hanno suonato circa 15 persone, per dire di quanto fosse particolare quella band. Maciunas è un nome che dichiara una continuità con quel progetto, anche se bizzarramente è stato proposto da Giorgio. Esplodere è nato per strati, in un tempo piuttosto lungo, e ci è sembrato giusto condensare tutta quella costruzione in un solo pomeriggio, registrando il disco così, d'istinto.

Giorgio Ciccarelli: Esplodere nel sonno è nato un po' per caso, un po' per esigenza, un po' perché altrimenti ci saremmo sciolti. Quando tutti questi "processi" sono arrivati al loro limite estremo, un grande colpo di reni ci ha portato a pensare e realizzare questo progetto. A monte c'è stata la semplice stima del reciproco lavoro e la volontà di provare a tirar fuori qualcosa di buono da noi.

Faccio una domanda che di solito si fa alla fine, ma qui è proprio parte integrante del processo – visto che il disco consiste essenzialmente di una performance live immortalata su video: come funzionate nella dimensione live?

LP:  Finora abbiamo fatto solo una data-test... Personalmente, ma credo valga anche per gli altri, mi piace davvero molto suonare nei Maciunas: è tutto semplice e rilassato, pur nella violenza dell'impatto. Abituato a un gruppo dove si suonava in 6, la formula del trio lascia tantissimo spazio a tutti, non comprime nessuno. L'assenza del basso riporta la cassa della batteria al suo ruolo naturale: è un suono che non ha bisogno di soundcheck complicati e che ci lascia liberi. In definitiva, suoniamo esattamente come sul disco, senza però l'incubo di riprodurre meccanicamente delle strutture rigide.

Roberto Rabellino: Esattamente come nel video, penso, o almeno è quello che vorremmo: cioè compatti e diretti, quasi come voler fissare un momento composto da immagini e musica, quel preciso momento che con l’aiuto delle immagini e delle improvvisazioni forse può far percepire all’ascoltatore di assistere ad un evento più che ad una esecuzione.

GC: Come si vede nel Dvd, ma con una marcia in più data dalla tensione emotiva che ogni concerto riesce a generare.

Il disco visivo: risposta alla crisi discografica o suo superamento?

LP: In realtà potevamo farlo e l'abbiamo fatto, senza grande premeditazione, soprattutto senza calcoli strategici sulle opportunità distributive, o altre cose di questo genere. L’industria discografica si è suicidata e nessuno di noi pensa di fare chissà quale geniale operazione di marketing: semplicemente credo che la musica debba sperimentare per trovare qualche chance di ritornare ad essere una cosa importante nella vita delle persone. Alla musica è stata tolta la magia, il piacere dell'avventura, quel qualcosa di criptico e faticoso da conquistare che era la caratteristica vera che la rendeva anche prodotto commerciale. Ora sembra essere un sottofondo.

RR: Penso tutte e due le cose, il mercato discografico inteso come commercio di musica è diventato un discount, il cd o i vari formati mp3 sono un espressione veramente riduttiva del musicista. Non so se un Dvd superi tutto questo, mi auguro che sia un passo in un’altra direzione. Personalmente ritengo che i live siano l’esatta rappresentazione della musica superando qualunque formato o commercio.

GC: È vero, non c'è stata grande premeditazione nel fare questa cosa o quell'altra, è stato il caso o il caos che ci ha fatto partorire l'idea. Il dato di fatto è che in Italia siamo il primo e finora unico gruppo ad aver esordito in questo modo. Se ciò è bene o male, geniale o stupido, innovativo o semplicemente inusuale, non so.

Luca e Roberto, venite dal gruppo Fluxus… Perché questa fascinazione per il flusso, per le avanguardie verbo-visuali (e non solo) da Maciunas in poi?

LP:  Come dicevo prima, ho sempre considerato il Fluxus come il movimento artistico più interessante e lungimirante degli ultimi 50/60 anni, sia per quanto riguarda la teoria che per quanto riguarda la pratica: credo che, forse inconsapevolmente, il punk sia stato la realizzazione pratica dell'arte diffusa, interdisciplinare e concretamente ancorata alla realtà che il Fluxus aveva immaginato. Il punk è il più importante oggetto artistico del secolo, anche se è relegato, nell'immaginario collettivo e nell'analisi della critica d'arte, a roba per ragazzini.

RR: È proprio l’idea del flusso che mi affascina quasi a non poter fermare quello che succede, rappresenta forse anche un po’ la vita stessa, siamo in continuo movimento senza fermarsi mai, quando vuoi fissare qualcosa è già passato per me è importante il presente, qui, ora.

Per Giorgio e Luca: è quasi eretico, vista la natura del progetto, ma mi voglio concentrare per un po’ solo sui testi… perché secondo voi è ancora necessario fare ricorso alla libera associazione, all’inquietudine generata dal mostrare attraverso la parola i “processi” della mente?

LP:   Non è che sia necessario, è semplicemente istintivo, per quanto mi riguarda. Scrivo le cose che mi vengono spontanee, non mi metto a costruire meccanismi tipo settimana enigmistica – almeno, non volontariamente. I temi sono più o meno gli stessi che affrontavamo coi Fluxus, e che più o meno anche Giorgio ha sempre esplorato, solo che qui sono filtrati dal caos, da una condizione di dormiveglia meno diretta e lucida: Esplodere nel sonno è un titolo rappresentativo in questo senso.

GC: L'incontro tra parole e musica ha sempre per me qualcosa di "magico", e quando questo incontro fa scattare la scintilla, che il pezzo inizia a vivere di vita propria. Poi lo puoi vestire o svestire come e quanto vuoi, secondo i tuoi gusti - ma il pezzo, la canzone, esiste ed ha una marcia in più, se funziona quell'incontro. La libera associazione, “l'inquietudine generata dal mostrare attraverso la parola i processi della mente”, come dici tu, è esattamente quello che succede quando mettiamo le mani sugli strumenti, istintivamente, attraverso la musica mostriamo i processi della mente che generano inquietudine. Le parole e la musica nel nostro caso camminano mano nella mano, insieme nello stesso percorso e si influenzano reciprocamente

Le calze sulla faccia: rubare la propria identità? O quella del pubblico? O altro? Chi è “l’utilizzatore finale” del disco, per come ve lo siete immaginato?

LP: Tutto quanto il disco è una sorta di coma, un impasto di realtà e visione, un po’ come se avessi la febbre alta. Quindi anche noi siamo filtrati, velati. c'è una voluta mancanza di chiarezza: come si può essere chiari e sicuri in questo momento? L’utilizzatore finale siamo noi e altri pazzi come noi, e credo che tu faccia parte della squadra...

RR: Ti confesso che la calza per me è stata una vera sofferenza, però il risultato finale è stato soddisfacente quel vedo e non vedo forse fa un po’ partecipare l’interlocutore che può identificarsi nel movimento Maciunas, dove non esiste il bianco e nero ma una infinità di sfumature cromatiche.

GC: La calza è caos, è inquietudine visiva, è trasfigurazione della realtà. Il nostro utilizzatore finale me lo immagino con grossi problemi...

Domanda tongue-in-cheek: perché queste atmosfere musicalmente tutto sommato tradizionali, molto meno sperimentali a quanto si aspetterebbe (anche un po' per cliché, se volete) da un progetto del genere? Temevate il paragone diretto con John Cage – o forse c’è comunque il desiderio di sentirsi radicati ancora nella musica, piuttosto che nel mare magnum dell’arte?

LP:  Noi, musicalmente parlando, suonamo rock, al di là delle definizioni più raffinate (noisepunk, blues distorto, psichedelia, etc. etc. etc.). Anche i Fluxus, in definitiva, non suonavano assolutamente usica fluxus. Secondo me, la sperimentazione non sta tanto nel cercare suoni mai sentiti o nello stupire con strutture elaborate e inaudite, anche perchè il tutto, senza l'istinto, diventa artificiale. Quello che facciamo può piacere o non piacere, ma certamente non è freddo e cerebrale, malgrado i maciunas giochino con concetti e formule non proprio immediate. Noi, in quanto musicisti, siamo assolutamente radicati nella musica. Sempre noi, in quanto artisti (e oggi usare questa parola è rischioso, si viene tacciati di presunzione, chissà perchè) apparteniamo al mare davvero magnum dell'arte. Fluxus è multidisciplinarietà, non impasto fra le diverse discipline.

RR: Personalmente ritengo di essere principalmente un musicista, l’intervento di altre forme d’arte nella musica rafforzano la musica stessa, la presentano forse da una angolatura diversa dando una lettura che ne accresce i contenuti e le emozioni. Riproporre blues in chiave maciunas per me è sperimentazione.

GC:  Per me la sperimentazione in musica al giorno d'oggi NON ESISTE. Tutto è riconducibile a dei cliché, la sola cosa che mi interessa nella musica e nell'arte in genere è l'emozione, che riesco a trasmettere o che riesco a ricevere...

Per Giorgio: nei video c'è molta urbanità (paradossalmente anche nei momenti in cui ci si concentra sulla “piana tangenziata” che – immagino sia quella – collega Torino a Milano)… la città un tema che anche come Afterhours avete toccato anche fuori dal fatto canzone (la vostra mobilitazione per Pisapia, etc.), nei pezzi si respira l’aria paradossalmente claustrofobica delle metropoli (specie italiane). Come mai il tema è così forte anche qui? E ancora, perché è sempre in movimento -  anzi, in scorrimento?

GC: Sono, siamo animali urbani e credo che le città più claustrofobie d'Italia siano proprio Torino e Milano. Come degli animali in gabbia cerchiamo di "muoverci" verso una direzione che ci "liberi", quindi il tema è per forza di cose claustrofobicamente metropolitano, è la nostra vita.

Maciunas ha un domani? Secondo me l’idea è fertile e potreste anche fare dei passi ulteriori…

LP:  I Maciunas esistono perchè abbiamo voglia di suonare e inventare, e difficilmente la voglia ci passa. Abbiamo bisogno fisico di tutto questo. Certo per giorgio, che fa il musicista di professione, probabilmente il punto di vista è un pò diverso... ma in ogni caso andiamo avanti finchè siamo soddisfatti di quello che facciamo.

RR: C’è un domani sicuramente, o almeno è quello in cui credo, gli sforzi per produrre musica sono sempre molto grandi, devi credere nel futuro per non vanificare tutto il lavoro fatto.

GC: Se degli ultraquarantenni musicalmente disillusi si son trovati a costruire un progetto nuovo, spendendo il proprio tempo e il proprio denaro, secondo me è stato solo perché ben motivati al di la di qualsiasi risultato ed è per questo che credo che ci sia un domani per i Maciunas.  O forse, proprio per questo dispendio enorme di energie, il domani per i Maciunas è segnato, non so, lo capiremo solo vivendo...

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