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Paolo Talanca

Il Canone Letterario della Canzone d'Autore

Se la canzone può dirsi letteratura. E se sì, quale genere di canzone e quale forma letteraria. Paolo Talanca, saggista e critico musicale, risponde al quesito nel primo “Canone Letterario della Canzone d’Autore”, sua tesi di dottorato presso l’Università di Roma Tor Vergata.

L’obiettivo da raggiungere è arduo e impervio, e la strada è lunga almeno un decennio di studi sul valore letterario della tipologia canzone. Perché la canzone (e solo la canzone d’autore come si vedrà) è giusto sia avvicinata ed inserita nel concetto di letteratura, tanto da aspirare a insegnarla nelle scuole medie e superiori, accanto a Montale e Leopardi? Risponde a questa prima domanda la prima delle due sezioni nelle quali è suddiviso il testo di Talanca. Mentre la seconda parte stila il canone vero e proprio, con 39 nomi di cantautori suddivisi in due età, grammaticale ed applicativa.

Ora è una tesi di dottorato, probabilmente diverrà presto un saggio. Nell’attesa che anche il pubblico possa leggerlo, abbiamo fatto qualche domanda all’autore per comprenderne i “perché”.

Perché hai creduto che la canzone avesse necessità di essere canonizzata? Stilare un canone, con rigide regole stilistiche, con determinati principi di inclusione ed esclusione, è secondo te un passo necessario per dare alla canzone d’autore quel posto d’onore tra le Arti che le spetta e che nel nostro Paese non ha mai avuto?
Nell’arte l’esigenza di stilare un canone, di canonizzare, di fare elenchi di chi sta al di qua e al di là di qualcosa, in realtà, è sempre esistita. A ben vedere è nell’essenza stessa della parola critica. Anche in canzone lo si è sempre fatto: tutte le storie della canzone italiana lo fanno. Ora: il mio canone è qualcosa di propedeutico all’introduzione dello studio della canzone d’autore nelle ore di letteratura delle scuole italiane. Ma, come sempre succede, quel passo – che dovrebbe competere ai pedagogisti – deve essere sorretto dall’azione critica di chi mette in chiaro di quale espressione artistica si sta parlando e quali sono gli autori e le opere che la rappresentano in tutte le sue potenzialità. Quindi un canone ragionato e argomentato sta alla base dello studio della canzone d’autore come espressione letteraria. È una premessa di metodo.

La premessa appare chiara. Un canone è però anche il complesso di opere al quale una comunità riconosce un valore esemplare, autori e testi che una società tramanda a chi verrà dopo nel tempo. Credi che sarà così per tutti e 39 gli autori che hai scelto di inserire nel Canone? I 39 sono il meglio della canzone d’autore da preservare e tramandare ai posteri?
Non è detto che siano i migliori, ma quelli che ne rappresentano in maniera più esaustiva il linguaggio. Rimangono fuori alcuni cantautori formidabili, ma era indispensabile non comprendere gli artisti derivativi, per quanto talentuosi. Per me il nuovo non è un valore in sé, lo è però la genialità autentica di chi sa entrare in rapporto dialettico esclusivo con il linguaggio espressivo di riferimento. Ho messo autori che – nelle rispettive epoche storiche – hanno portato il linguaggio verso strade potenzialmente presenti nel codice e che per questo – come dici bene – fanno da esempio, costituiscono una tradizione. 

 

A scorrere i nomi dei cantautori inseriti nel Canone, se non ci stupiamo di trovare Tenco, De André, Guccini, Vecchioni…ci stupisce piacevolmente trovare i nomi di due artisti che, per motivi differenti, sono sempre stati ai margini della canzone d’autore più classicamente intesa: Claudio Baglioni e Ivan Graziani. Ci spieghi brevemente perché hanno un posto nel Canone?
«Perché la critica musicale ha il dovere etico di risarcirli», sarei tentato di dire. Più filologicamente, sono nel canone perché – in maniera differente – hanno introdotto un modo di intendere la canzone d’autore del tutto esclusivo. Graziani per via della sua tecnica chitarristica che riusciva benissimo a spalmare nei brani, nelle storie narrate: univa rock e canzone d’autore come nessuno ha mai fatto, prima di tutto perché in pochi sapevano suonare la chitarra in quel modo; di certo non i cantautori “classicamente intesi”.

Baglioni è un talento assoluto nella felice invenzione di melodie e armonie complesse, tutt’altro che banali quindi ma che risultano gradevoli e familiari all’ascolto. La cifra stilistica di Baglioni è prettamente autorale, compositiva nel senso più classico del temine; esclusivo anche nelle doti di performance: l’estensione vocale gli permette un surplus significante fuori dalla norma. Questa capacità diventa musical-letteraria nel momento in cui la unisce con una propria poetica, con i suoi concept-album soprattutto negli anni Novanta, ma già dal 1977 con l’album “Solo”.

Ora parliamo di cantautrici. Le sole inserite nel Canone sono Giovanna Marini, Carmen Consoli e Gianna Nannini. Di cosa sono esemplificative nell’universo canzone?
Marini per l’unione di stilemi popolari a quelli della canzone d’autore; Nannini per via dei contenuti rivoluzionari per la canzone d’autore degli anni Settanta, affrontati con una sensibilità femminile; Consoli per la capacità applicativa di creare brani dalla struttura poderosamente d’autore unita a una intenzione pop-rock, che man mano diventa sempre più scarna e personale. Alcuni dicono che sono poche 3 donne su 39 nomi. Lo dico anche io, ma la scelta è stata consequenziale: la parità di genere nella critica d’arte non si raggiunge per decreto.

Tornando per un momento all’inizio della chiacchierata, mi hai detto che il Canone così inteso lo hai immaginato come propedeutico all’inserimento dello studio della canzone d’autore nelle ore di letteratura delle scuole medie e superiori in Italia. Se i ragazzi di oggi sono quelli disegnati dai media, che hanno nella immediatezza e velocità del mondo social il loro pane quotidiano, e che – costringendo ad una forse banale generalizzazione – mal digeriscono qualcosa che necessita di tempo ed ascolto attento, come è la canzone d’autore contrapposta ad una canzone che potremmo chiamare ‘commerciale’ per facilità di comprensione…pensi ci sia terreno fertile nelle scuole per raccontare a questi ragazzi chi erano Tenco, Endrigo o Lauzi?
Io ho sempre mal digerito il professore de "L'attimo fuggente"; la scuola è anche disciplina. Il punto cruciale però è far appassionare gli studenti agli argomenti delle lezioni, non perché si sforzino di meno ma proprio perché tramite la passione si padroneggiano meglio le nozioni, si crea, si inventa, ci si mette dentro la propria voce e la propria creatività. Ora: prima di stilare il canone io mi soffermo molto sulla differenza tra la canzone d'autore e la canzone commerciale. Bisogna far capire la differenza tra queste due legittime possibilità. Il passo successivo è mettere a confronto la letterarietà di Manzoni o Leopardi con quella di Vecchioni o Guccini, autori comunque più vicini agli studenti, più adatti al loro linguaggio e all'oggi. L'ambizione è arrivare a far capire che i ritmi, le rime, i suoni di Vecchioni, Guccini o Tenco non sono molto lontani da quelli di Leopardi o Manzoni: in questo modo si apprezzeranno molto di più anche questi ultimi. Leopardi non era un ragazzino pessimista di stanza a Recanati, come lo dipinge troppo spesso la scuola italiana. Leopardi giocava con i versi, con i settenari, con gli endecasillabi. Bisogna tornare a far giocare i ragazzi con i ritmi, con le dita che fanno rumore sui banchi. Non dico che sia facile, ma la canzone è una risorsa molto utile, oltre a essere una forma letteraria autonoma.

Risorsa /ri·sór·sa/ sostantivo femminile
Mezzo o capacità disponibile, consistente in una riserva materiale o spirituale, o in un'attitudine a reagire adeguatamente alle difficoltà

La canzone è una risorsa. E la canzone d’autore lo è certamente fin dalla sua nascita, credo la abbia come caratteristica insita nella sua stessa essenza. Un testo che finalmente la eleva a forma letteraria, paragonandola alle altre universalmente riconosciute, dandole l’autonomia che si merita, è da accogliere a braccia aperte. Avremo modo certamente in futuro di entrare più approfonditamente nei contenuti. 

 

Foto Claudio Baglioni - Valeria Bissacco

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