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Riccardo Maffoni

il Rock non mi ha mai lasciato solo

1977, come il suo anno di nascita: è questo il titolo del nuovo disco di Riccardo Maffoni, talento bresciano ancora in attesa della definitiva consacrazione. Un EP disponibile in versione download digitale, cinque cover di classici del rock più un suo brano inedito composto e cantato per la prima volta in inglese. Riccardo Maffoni ha suonato tutti gli strumenti (chitarre, pianoforte, organo, percussioni) per questo disco anomalo ma particolarmente affascinante, che ci svela il lato più rock del cantautore di Orzinuovi (Bs). 

Riccardo, questo mini cd è una sorta di back to your roots?
Negli ultimi due anni sono stato molto impegnato su tutti i fronti, sia nel live che nella composizione. Ho vissuto molte esperienze positive e stimolanti che mi hanno dato nuova linfa per la scrittura e così ho passato molto tempo a registrare e a scrivere nuovi brani.
Durante questi mesi è nata l'idea di dar modo a chi segue la mia musica dal mio primo album di aver la possibilità di scoprire anche un mio lato più rock, più da musicista se vuoi, che forse a livello discografico era rimasto un po' in disparte, per dar più risalto al mio essere cantautore.
Con 1977 ho deciso di registrare, di interpretare brani che fanno parte del mio background musicale, brani che sento miei nonostante siano stati scritti da maestri del rock.
Possiamo dire che è un ritorno alle radici, un ritorno alla semplicità della musica, al puro piacere della musica. 
E quando dico semplicità mi riferisco anche al lato più tecnico di questo EP, agli arrangiamenti scarni ed essenziali, al fatto che per la prima volta ho registrato io tutti gli strumenti.
 
 
Due parole sulla tua parabola musicale, dal rock al pop con ritorno al rock più genuino?
Ho sempre ascoltato moltissima musica, di generi diversi, dal rock, al pop, al folk al blues, e naturalmente la nostra bellissima musica italiana. Sicuramente ho approfondito di più la musica rock americana. 
I miei genitori mi hanno trasmesso l'amore per la musica, e questa cosa mi ha di fatto aperto un mondo, mi ha cambiato la vita. La musica americana mi ha sempre affascinato, la semplicità del rock è una cosa che mi ha sempre incuriosito, e  per questo motivo sono anche andato  a ritroso nel tempo per capire dove questa musica nascesse, ascoltando i padri del blues e i primi grandi rockers, insomma, da Muddy Waters e Robert Johnson, a Elvis, Chuck Berry, Jerry Lee Lewis.
Quindi ho subìto una certa influenza rock, che mi porto dentro, ma credo anche che un artista debba guardarsi intorno, sperimentare, cercare nuove strade, e se ascolti le mie canzoni puoi sentire del rock, ma anche del pop con echi al brit pop, pezzi di chiaro stampo italiano, o addirittura del rock'n'roll.
L'importante è sapere da dove si viene e dove si vuole andare. Poi, durante il viaggio è giusto essere curiosi e non smettere di cercare nuovi accordi, nuove melodie, nuove combinazioni di testo... 
 
Dopo aver ascoltato il cd si ha l’impressione che tu abbia veramente grandi qualità, addirittura la canzone che tu hai composto non sfigura in mezzo a tante grandi canzoni...
 
Grazie per il complimento, è molto gratificante. You're so good to me è la mia prima canzone in inglese. È nata in modo spontaneo, come tutte le mie canzoni, d'istinto. Per scrivere ho bisogno di movimento, di un'idea che di colpo mi arriva e che mi da il via, lo slancio.
Così prendo la mia chitarra, registro la musica che ho in testo e poi quasi subito scrivo il testo. La stessa cosa è successa per You're so good to me, con l'unica differenza che ho scritto il testo in inglese, semplicemente perchè in testa sentivo che doveva essere in inglese.
Credo che un musicista debba lavorare molto su se stesso. Quello che cerco di fare è essere un musicista anche senza uno strumento. E' un modo di vivere, non è solo un lavoro, è tutta la tua vita. Nella mia testa sono sempre al lavoro, rincorrendo qualcosa, una musica, una parola. 
 
Hai vissuto momenti altalenanti,  ora come ti senti e come intendi muoverti? 
La vita è fatta di momenti diversi, la vita è un viaggio, è un'esperienza che va vissuta giorno per giorno. Nella mia carriera ho avuto la fortuna di suonare in ogni tipo di ambito musicale, dal Festival di Sanremo, alle aperture per grandi artisti italiani ed internazionali (Van Morrison, Alanis Morissette, Nomadi, PFM), davanti a migliaia di persone, oppure in piccoli club dove si suona solo musica acustica. Ho avuto la possiblità di poter suonare all'estero, in Germania, negli Stati Uniti, dandomi modo di confrontarmi con un pubblico diverso da quello italiano. 
Ho registrato con grandissimi musicisti, grandissimi professionisti e tutte queste situazioni fanno parte della mia storia, non solo della mia carriera musicale. Ogni volta che sono a contatto con una nuova realtà sento che sto ricevendo dell'energia, e cerco sempre di trasformarla in qualcosa di positivo. 
In risposta alla tua domanda mi sento come mi sono sempre sentito, in costante movimento, ma sempre nella direzione che porta all'essere un musicista in tutto e per tutto. 
 
 
Un pensiero ora, da un rocker autentico, sull’importanza del rock, come slancio umano e sociale, a livello individuale e collettivo...

Il rock è nato come musica di protesta. I primi rockers erano visti come il diavolo. Elvis è stato deriso e trattato come l'ultimo dei delinquenti agli albori della sua carriera.
Credo che il rock sia come la nostra coscienza, ogni tanto torna alla ribalta per ricordarci che la musica è parte della nostra società. Per ricordarci che non sarà la crisi, le copie vendute, o chissà cosa a fermare la voglia di trasmettere quello che la gente sente nel profondo. Questo è quello che la musica mi ha sempre dato, una speranza, un motivo in più per non smettere di credere in te stesso.

La musica rock mi accompagna da quando ero un bambino, non mi ha mai lasciato solo. 

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