Carissima Patrizia sono passati alcuni ..." />
Patrizia Laquidara
Carissima
Patrizia sono passati alcuni mesi ed ho ancora in mente il tuo
concerto tenuto il 9 agosto sul lago di Como, dove davanti ad un
pubblico numeroso e caloroso, hai dimostrato chiaramente di avere una
notevole padronanza del palco, sospesa in bilico tra raffinata
sensualità e tenera semplicità, tra l’altro accompagnata da
ottimi musicisti. Soprattutto nelle tue esibizioni live ti senti
incarnare più la ricercatezza o la naturalezza? Io
ricerco la naturalezza sempre, nella vita come nel palco anche se non
posso negare che in me convivono molte sfaccettature e molti
“personaggi” e a me piace incarnarli tutti, nella vita e quando
canto. Forse questo può sembrare “ricercatezza”, ma e' comunque
qualcosa di molto naturale e istintivo per me, questa ricerca di
ruoli e di voci diverse, una caratteristica che mi ritrovo addosso
fin da quando ero bambina. Con
“Funambola” hai, secondo me, realizzato uno splendido disco, un
disco molto personale, che ti rappresenta molto, in cui ti sei messa
a nudo e non solo fisicamente come è in realtà avvenuto con le foto
della copertina e del libretto, dove sei ritratta in bellissime foto
di Edo Bertoglio che danno l’idea sia del movimento sia
dell’equilibrismo. Come è nato in realtà questo progetto? Quando
ho deciso di farmi fotografare da Edo Bertoglio, già sapevo molto
bene l'idea che volevo comunicare attraverso quelle immagini ed è
quella che hai colto anche tu. Avevo già in mente delle pose che
avrei assunto e volevo che dessero l'idea di qualcosa che sta in
equilibrio, un equilibrio sottile, sul filo, ma non precario. Un'idea
di forza e di fragilità e questo è esattamente quello che si sente
anche nelle canzoni dell'album, nei testi e nel mio modo di cantare.
Rispecchiava un mio momento, per cui avevo la necessità di
presentarmi così, nuda. Qual
è invece la canzone di Funambola che più ti rappresenta, forse la
sensuale “Senza pelle”, l’arguta e gustosissima “Oppure no”
che uno canterebbe all’infinito…oppure?
Credo
sia “Ziza” o, almeno, le parole rappresentano perfettamente come
io mi sento. Questo fare i conti sempre e costantemente con me
stessa, camminare per strada e parlare da sola, questo vivere
intensamente una cosa ma sapere anche scomparire in un attimo, saper
mimetizzarmi con la realtà e gli altri. E poi in questa canzone
parlo di felicità. E a me la felicità piace tanto... (sorriso) In
“Nuove confusioni” citi l’orgoglio nordestino, ma so che sei
nata a Catania, quanto ti senti legata alle tue terre di origine,
quanto veneta o quanto invece ti senti cittadina di un unico mondo? Da
molto tempo ormai non mi sento d'appartenere a qualcosa o qualcuno in
particolare. Da piccola soffrivo per questa cosa. Quando la mia
famiglia si trasferì al nord, la Sicilia rimase per molti anni una
terra madre da ricordare, guardare, cantare. Poi ho viaggiato molto,
ho scoperto posti dove mi sono sentita a casa, persone che ho sentito
come la mia famiglia e ho capito che per me non c'è mai stata una
casa vera e propria, un riconoscermi in qualcosa completamente.
Attitudine che invece vedevo nei miei amici e che io non ho mai
avuto, men che meno ora. Tra pochissimo uscirà un disco che si
chiama “Il canto dell'anguana”. Sono canzoni originali in lingua
veneta (quasi un omaggio alla terra che mi ha “adottato”) da me
prodotto e cantato. Parla di un luogo davvero molto circoscritto, di
figure mitiche (le anguane appunto) che abitano quel luogo, nell'alto
vicentino, vicino a dove io vivo, ma alla fine il disco è
universale, parla di tutti i luoghi del mondo. Per me questo è molto
importante, microcosmo e macrocosmo, cittadina di nessun posto e del
mondo. Sono la stessa cosa alla fine. In “Nuove confusioni”
comunque, la canzone di cui tu parli, l'orgoglio nordestino è
l'orgoglio dei contadini del nord est brasiliano, nelle terre del
Sertao, dove mi trovavo, quando ho scritto quella canzone. In
“Oppure no” parli del tuo futuro lasciando aperte molte
possibilità, io guardando la tua attività di questi ultimi anni ho
visto che oltre a partecipare a parecchi Festival importanti anche
all’estero, hai collaborato con lo storico e scrittore Emilio
Franzina per due conferenze-spettacolo “Veneto
Transformer”(riflessioni in parole e musica sulle migrazioni e
sulle metamorfosi del nordest) e “Storie di storia”, hai
affrontato anche la canzone popolare veneta insieme a Debora Petrina
con lo spettacolo “Come Nuove”, mentre nello spettacolo "Creuza
de Luna" accompagnata da quattro musicisti hai intrecciato le
canzoni di Garcia Lorca con la polifonia del rinascimento spagnolo,
il tango di Piazzolla con il fado e a canzone napoletana con i
classici brasiliani in un unico crogiuolo musicale, insomma ti sei
dimostrata un’artista a tutto tondo, ma qual è allora la tua vera
identità? E
non è finita! Ho cantato nello spettacolo teatrale di e con Massimo
Carlotto come protagonista femminile interpretando brani armeni,
veneziani, corsari ecc., questo mi ha dato la voglia di confrontarmi
anche con il teatro e, infatti, da quest'anno collaboro con una
compagnia teatrale dove spero di poter lavorare presto come attrice
oltre che come cantante. La mia identità artistica è mista e
multipla così come lo è la mia di persona. Mi piace confrontarmi
con cose molto diverse, sfidarmi sempre, capire fin dove posso
arrivare e questo non è mai stato un problema per me, anzi, è
sempre stata solo una risorsa. Il problema è stato solo per i
discografici che puntualmente mi chiedono “ma tu cosa vuoi fare”,
“ma tu chi sei”... credo che se venissero a un mio concerto
capirebbero che c'è sempre un nesso, un filo tra le cose che faccio
e in tutte abita la parte migliore di me. Puoi
già dirmi qualcosa del tuo nuovo lavoro discografico? So che dal
vivo hai già presentato nuovi brani, vedrà forse qualche nuova
collaborazione importante e soprattutto quando vedrà la luce? De
“Il canto dell'anguana” ti ho già parlato. Uscirà in primavera.
Non vedo l'ora che venga alla luce!! E’ un album in cui credo e che
mi piace molto, soprattutto è sicuramente un album che traccia un
confine. Nel frattempo sto lavorando all'altro album che uscirà a
mio nome, ma per adesso è solo dentro alla mia testa, con canzoni
che bussano e spariscono, che vengono e vanno. In questi mesi
cercherò di acchiapparle tutti, sono farfalle bellissime, che hanno
bisogno di mani delicate per non essere sciupate.
le
foto allegate sono di (© foto di Luigi De Frenza - Expiria.com)In continuo crescendo
Patrizia
Laquidara, nata a Catania, vicentina d’adozione, ha già all’attivo
tre album ”Para
voce querido Cae”
del 2000 in lingua portoghese, “Indirizzo
Portoghese”
del 2003 e “Funambola” del 2006. Il suo è stato un continuo
crescendo di qualità, ma oltre a questi episodi discografici ha
intercalato tutta una serie di percorsi alternativi che hanno
spaziato dalla musica popolare al teatro, dalla tradizione spagnola a
quella portoghese e tanto altro. Ho avuto la fortuna di vederla
personalmente all’opera l’estate scorsa in un concerto tenutosi
nella bella cornice di Lenno, paese della sponda occidentale del lago
di Como, terminato il concerto mi aveva promesso un’intervista ed
ecco che proprio in questi giorni creativi (ha appena concluso i
missaggi di un nuovo progetto) l’intervista si è concretizzata.
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