La prima impressione di ..." />
Roberta Carrieri La prima
impressione di chi ti conosce e ascolta il tuo disco è quella che tu
trattenga un po' la voce, mentre normalmente una tua caratteristica è
quella di una vocalità potente. È
vero, io tendo a cantare molto forte e, a volte, con poca dinamica,
soprattutto dal vivo. Su disco, invece, questa volta ho voluto
giocare con la possibilità della voce di avere diverse sfumature.
Guidata da Matteo Curallo,
che mi ha aiutato anche con gli arrangiamenti, ho scoperto una nuova
vocalità, usata in maniera diversa, più sussurrata. Ho ascoltato
molto i dischi di Lisa Germano
e probabilmente mi hanno un po' influenzato, anche negli
arrangiamenti. Hai riproposto
Angelo Bianco dagli occhi
cerchiati. Come mai? È una
canzone a cui sono molto legata, che fa parte dell'ultimo periodo dei
Quarta Parete, la faccio sempre dal vivo ed è una specie di
manifesto di me stessa. “Io non torno a guardare dove già guardai
/ Non torno a toccare dove già toccai”. Io sono una che va alla
ricerca, sperimento e mi metto in gioco, col rischio anche di farmi
male. A proposito di
Quarta Parete, sei arrivata al tuo primo disco solista dopo una
carriera abbastanza lunga insieme ad altri gruppi. Non avevo
mai avuto il coraggio di intraprendere un percorso da sola, anche in
teatro facevo sempre improvvisazioni corali. Poi ho capito che in
entrambi gli ambiti dovevo rischiare di più. Ora anche i live li sto
facendo da sola, voce e chitarra. È anche un percorso personale,
perché secondo me mettersi in gioco in prima persona è un viaggio
di conoscenza di sé. Il fatto di fare teatro
influisce nel tuo modo di cantare? Influisce secondo me nel
mio modo di stare in scena e nella scrittura. Perché ho sempre
lavorato con le immagini, e il teatro non è altro che immagini fatte
col corpo, con la voce, con i segni. E credo che la mia scrittura sia
caratterizzata dall'uso di molte immagini, cosa che mi viene da lì. In effetti le tue
canzoni sono come delle fotografie, come un modo per fermare un
momento, spesso anche molto intimo. Sì, io dico
sempre che per me scrivere canzoni è come scrivere un diario
segreto, e cantarle è come leggere ad alta voce il mio diario. C'è
molto di personale, ma anche spazio per la fantasia. Prendo spunto da
input personali per viaggiare e scrivere delle storie che non sempre
mi appartengono. Ad esempio non “dico a tutti così”! Una delle più
belle canzoni del tuo disco parla di tua madre. L'ho
scritta in un momento di particolare tristezza per lei cioè quando
stava morendo sua madre (mia nonna) e quindi certo "non
sorrideva, non ballava e non partiva".
Ho preso spunto da questa tristezza per costruire invece il
personaggio di una mamma che può essere quella di altri della mia
generazione. Vive nell'era dei telefonini e di internet, ma non ha
ancora imparato ad usarli. È legata alla città in cui è nata, alla
sua famiglia, al territorio, e ti dice “vai tu”, fai tu le cose
che io non ho avuto il coraggio di fare. In realtà mia madre quando
aveva 20 anni era partita anche lei per il nord... per questo dico
che le mie canzoni sono un misto di realtà e immaginazione... Che le
voglio bene però è vero!
Lei ci si è
riconosciuta? No! Infatti
poi mi ha mandato un messaggio con il telefono, scrivendomi “guarda,
adesso li so mandare i messaggi col telefono!”. E poi mi ha mandato
una mail: “e adesso anche le mail!”. Ma comunque è una metafora,
quella di una generazione di donne che dicono alle loro figlie di
realizzare le cose che loro non hanno avuto la possibilità di fare. Nel tuo disco hanno
collaborato molti musicisti Mauro
Ermanno Giovanardi dei La Crus, Davide Toffolo dei Tre Allegri
Ragazzi Morti, Lorenzo Corti (chitarrista tra gli altri di Cristina
Donà), Giuseppe De Trizio (chitarrista di Teresa De Sio e di Raiz),
Simone Martorana dei Folkabbestia, Cesare dell'Anna, famoso
trombettista salentino, Rodrigo D'Erasmo degli Afterhaours, Cesare
Basile. Ho registrato nello studio di Basile, dove c'era un viavai di
musicisti miei amici, e ognuno si è offerto di apportare un
contributo. È stato bello e stimolante perché sono musicisti
bravissimi, dai quali ho imparato. Riascoltare le mie canzoni suonate
e riviste da musicisti diversi, di un certo livello e che a me
piacevano è stato un percorso interessante. Hanno partecipato anche
all'arrangiamento? No, però
una parte di banjo suonata da Cesare Basile cambia moltissimo un
pezzo, soprattutto perché nelle mie canzoni non c'è mai stato, come
non c'è mai stata l'armonica a bocca. E nello stesso tempo, il banjo
suonato da Basile, che nelle sue canzoni caratterizza molto il suo
stile, nelle mie ha un sapore diverso, anche più pop. In effetti, nonostante
tutti questi ospiti non hai perso la tua identità stilistica. Perché gli arrangiamenti
sono di Matteo Curallo, che dirigeva bene tutti, e le mie canzoni
sono abbastanza personali. Hai dei riferimenti nel
canto e nell'uso della voce? E come autrice?
Come concili il fatto
di essere la voce dei Fiamma Fumana e di essere anche solista? I due
percorsi influiscono l'uno sull'altro? Io vengo dal
folk. Ho iniziato a cantare a 15 anni in un gruppo di folk irlandese
e scozzese. Poi sono passata per la musica greca, sudamericana,
quindi la mia impostazione vocale è folk, anche se quando ero
piccola mi piaceva il punk. Sono una personalità trasformista, anche
a teatro mi capitava spesso di fare 3-4-5 personaggi diversi di fila. Quindi sono
progetti paralleli, che non si intersecano. L'allegria
di un progetto come i Fiamma Fumana, che dal vivo ti spinge a
ballare, l'ho portata anche nel mio concerto. Nonostante io scriva
per lo più canzoni malinconiche e tristi, sono una persona allegra e
dal vivo passa anche questo, che è un aspetto del live dei Fiamma
Fumana. Inoltre coi Fiamma Fumana ho provato l'esperienza di andare a
suonare all'estero, che poi ho voluto fare anche come solista.
Sei stata in
Francia, e, più recentemente, negli Stati Uniti. In
Francia ci sono stata 3 volte ultimamente come solista,
e una volta per la proiezione del film documentario “Di madre in
figlia” dei Fiamma Fumana, prodotto da Davide Ferrario e diretto da
Andrea Zambelli.
Il pubblico era molto ricettivo, nonostante cantassi in italiano.
Cantavano con me il ritornello e ascoltavano in silenzio nei momenti
più intensi. E compravano un sacco di dischi! Negli
Stati Uniti sono stata molte volte con i Fiamma Fumana, ma questo
settembre e ottobre ci sono tornata a suonare le mie canzoni, è
stata un'esperienza molto forte anche perché viaggiavo per un mese
da sola. Ad essere
sincera all' inizio ero un po' timorosa, andavo a proporre canzoni in
italiano che nessuno aveva mai sentito prima, da sola solo con la mia
chitarra e in una lingua molto diversa dalla loro. Devo dire che è
stata una sorpresa piacevolissima quando ho visto la partecipazione e
l'entusiasmo del pubblico americano (su youtube si puo vedere qualche
stralcio dei concerti). Il pubblico da quelle parti è veramente
molto in ascolto e si lascia andare ad un entusiasmo che noi italiani
possiamo solo invidiare. Credo si divertano di più ai concerti e lo
scambio di questo divertimento tra chi suona e chi ascolta è
veramente bello. In Italia siamo un po' più rigidi da questo punto
di vista, quasi ci vergognassimo a farci prendere da quello che
ascoltiamo! Io stessa quando "sono pubblico" lo faccio e
ora me ne rendo conto. Bisognerebbe imparare a divertirsi di più in
un certo senso. La mia
esperienza americana poi non è stata solo quella dei concerti, ho
avuto l' occasione anche di tenere dei workshop musicali in alcune
scuole, uno nella scuola media di Burbank, Los Angeles e altri tre
nella scuola superiore della Riserva Indiana Navajo a Shiprock in New
Mexico e quindi ho avuto anche l'occasione di incontrare un tipo di
umanità e di cultura che sempre mi aveva affascinato, quella dei
Nativi Americani. Un esperienza di scambio veramente intensa. Avevo
portato con me una video camera e mi autoriprendevo nelle situazioni,
quando potevo, come fosse un "video diario", ho raccolto un
sacco di materiale interessante. Esportare un progetto
di musica folk è più facile, perché ci sono canali preposti e un
pubblico interessato. Ma non è da tutti riuscire a piacere con il
proprio repertorio cantaurorale Ti ringrazio
per quello che mi dici ma all'estero mi sembrano comunque più
attenti alle novità. Trovano il disco on-line e spesso mi contattano
per recensioni, ad esempio dalla Svezia. Non è un caso che dalla
Svezia ultimamente vengano molte cantautrici di altissimo livello,
cosa che in Italia non sta succedendo. Ecco ora mi sembra di parlare
sempre male dell'Italia...invece sono molto affezionata a questo
posto. Nell'ultima edizione
del nostro concorso, “L'Artista che non c'era”, di 6 finalisti, 5
erano donne. Non credi che possa esserci una nuova tendenza anche da
noi? Speriamo,
perché finora noi donne abbiamo un po' dormito. Io stessa ho
iniziato tardi il percorso da solista. Perché ci si trova sempre in
situazioni equivoche, dove una donna difficilmente viene riconosciuta
come autrice. Al Premio Recanati avevo vinto con la canzone Angelo
Bianco come miglior testo letterario, e
sul giornale ho letto: “I Quarta Parete di Fabrizio Panza, e con la
vocalist Roberta Carrieri...” quando invece la canzone era mia e
non ero semplicemente una vocalist. Quando nasci in un ambiente
culturale nel quale ti deresponsabilizzano e ti tolgono autorità,
come quando vai in radio e fanno le domande solo ai maschi del tuo
gruppo, tu stessa perdi sicurezza. Tutti pensano che una donna possa
essere solo una cantante, un'interprete. O addirittura neanche
quello. A Bari mi chiedevano se andassi in giro con un gruppo perché
ci suonava il mio fidanzato! Abituate a stare in un ambiente
culturale in cui è assodato che tu non puoi essere il leader, alla
fine ci si abitua. Se guardi qualunque cartellone o programma di
rassegna musicale, trovi una donna su dieci ospiti, se la trovi.
Oppure ci sono le "riserve indiane", come le rassegne solo
femminili. Poi ci si va naturalmente e ci si diverte pure, però
sarebbe bello poter partecipare anche alle altre. È vero che forse
siamo poche, ma basta avere la volontà di guardarsi un po' intorno
per trovare anche altre brave cantautrici giovani.Istantanee di musica
Finalmente
giunta al suo esordio da solista, la cantautrice ci racconta “Dico
a tutti così”, un disco che la rappresenta perfettamente, e in cui
trovano posto la malinconia ma anche la gioia di vivere, la sua
personalità forte ma piena di fragilità, la sua voce che sa essere
scanzonata eppure suadente. Il lavoro corale (per l'apporto di molti
ospiti), ma allo stesso tempo personalissimo di un'artista che ha
molto da dire, sia a parole che in musica.
Spazio
tantissimo nei miei gusti musicali, passo dalla musica rebetica a
Beyoncé. Quindi non si capisce da dove vengo, musicalmente. Come
dicevo, quando ho registrato il disco era un periodo che mi piaceva
molto Lisa Germano, quindi forse nella vocalità qualcosa è passato,
nel modo di usare la voce soffiato. Come autore la mia pietra miliare
però è Nick Cave.
La canzone Se potessi
si avvicina un po' al suono di Grinderman, il progetto nuovo di Nick
Cave. I violini distorti, suonati da Rodrigo d'Erasmo, sono un po'
come i violini di Warren Ellis.
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