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Amilcare Rambaldi

La nascita del Club Tenco nel 1972 raccontata dal protagonista fondatore



Dagli archivi di Alberto Bazzurro, scrittore e studioso di Jazz e di Canzone d’Autore, arriva un’intervista ad Amilcare Rambaldi fatta nel 1986 e mai pubblicata prima. Una ‘chicca’ che riporta - dalla viva voce di chi quel Club l’ha fondato - il ricordo di una stagione unica, che nasce nel '72 con un’esigenza precisa, urgente, convinta, dare spazio e voce a chi spazio e voce non ne aveva. Una bella fiaba, di quelle che iniziano con “c’era una volta un…”. E che ancora continua. In questo ottobre 2022 la rassegna del Premio Tenco (la cui prima edizione ricordiamo che è del 1974) è stata dedicata proprio al 50° anniversario della nascita del Club. (leggi l'articolo, sempre di Bazzurro, che racconta un po' di storia del Premio, clicca qui).
La foto in alto ferma su immagine una tavolata tipica dei 'dopo-Tenco' degli Anni Settanta. Sono riconoscibili, partendo da sinistra,
Enrico de Angelis, Roberto Vecchioni, Francesco Guccini, Amilcare Rambaldi, Sergio Bardotti, Renzo Arbore, Arrigo Polillo, Sergio Endrigo, Pierangelo Bertoli
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di Alberto Bazzurro

Tenco ’86. Sono nell’ufficio di Amilcare Rambaldi, nell’ammezzato del Teatro Ariston, perché si è sparsa la voce di un suo imminente abbandono – con conseguente passaggio delle consegne – dalla carica di presidente del Club Tenco. Quella in corso, che ha rischiato di saltare ed è stata poi ridotta a due sole serate (sarà in realtà un’edizione storica, l’edizione di Tom Waits (qui la sua esibizione, ripresa da Rai2 all'epoca) e di Benigni, Fossati e De Gregori che si uniscono al gruppo di Paolo Conte per un Sudamerica che rimarrà nella mitologia della rassegna, l’edizione di Caruso e delle gemelle Nete ad animare i dopo-spettacolo (vedi foto sotto, dove sono "spalleggiate" da Rambaldi e Carlo Petrini), con un fulminante biverso dello stesso Benigni al loro indirizzo: “Rambaldi e le Nete son coetanee di Reagan / però se ne fregan”) si prevede essere l’ultima col fondatore del club in cabina di presidenza, per cui gli ho chiesto un’intervista, destinata peraltro a rimanere inedita, visto che ben presto si capirà che il Nostro quella carica non l’abbandonerà, né quell’anno né i seguenti. Si trattava, a conti fatti, di un atto di stima nei confronti dei suoi giovani collaboratori (de Angelis, Sacchi e De Luigi in testa), nonché di uno sprone a non lasciarlo solo nelle decisioni importanti. Che poi peraltro prendeva immancabilmente lui (“ascolta tutti ma poi decide di testa sua”, è la voce che circolava). Comunque il presidente è rimasto lui, così come l’intervista, per parte sua, relegata in un dattiloscritto opportunamente recuperato oggi dal suo comodo oblio. Vi si parlò della genesi inziale del Tenco. Ecco in che termini.

 

Com’è nata l’idea del Premio Tenco?
L’idea è nata nel 1972. Fin dall’indomani della morte di Tenco avevo invitato il Comune di Sanremo a ricordare questo ragazzo, ma non avrei mai pensato a una cosa del genere. Pensavo – non so – che si potesse istituire un premio a lui intitolato da assegnare al miglior testo del festival vero e proprio, fin dal 1968, o dal ’69. La proposta però non fu accettata, perché in comune si sosteneva che la morte di Tenco era una macchia per Sanremo e che del resto la RAI non l’avrebbe mai sottoscritta. Poi, siccome questo chiodo in testa mi era rimasto, nel ’72 ho preso spunto da un articolo di Vittorio Buttafava apparso su ‘Oggi’ e sono tornato alla carica. Buttafava vi recensiva tre dischi – uno di Piero Ciampi (qui sotto insieme ad Amilcare in una storica foto d'archivio del 1976) uno di Vecchioni e uno di Guccini – scrivendo “Bravi, bravissimi, ma nessuno li vuole”. Scrissi una lettera di risposta: “Io li vorrei. Avrei in mente di organizzare una manifestazione intitolata a Tenco…”. Forse era addirittura prima del ’72, a fine ’71. Chiedevo in pratica il parere di un esperto come Buttafava circa la mia idea di riunire questi giovani che erano venuti su sull’esempio dei francesi, i vari Brel, Brassens…

 

Che sarebbero poi stati fra i primi Premi Tenco stranieri.
Il primo fu Léo Ferré, che venne in rassegna, ma loro no. Brel era già moribondo, nel ’77, quando gli assegnammo il premio. Mi pare che proprio nel periodo della rassegna dovesse tornare in Francia da Tahiti per farsi operare e per incidere il suo ultimo album, ma averlo non è stato proprio possibile. Neppure Brassens, del resto, è venuto, pur mandandoci una bellissima lettera. Léo Ferré, invece, è tornato ancora dopo esser stato premiato alla prima edizione della rassegna, nel 1974.

Ecco: come si è passati da quella prima idea aggregativa a una rassegna vera e propria?
Intanto appunto nel ‘72 sono tornato alla carica in comune, come dicevo, proponendo già la rassegna com’è adesso. Dopo la mia risposta a ‘Oggi’, infatti, avevo ricevuto lettere di incoraggiamento da tutta Italia, il che mi aveva ancor più convinto della bontà della mia proposta. Che però incorse in una nuova bocciatura. Allora mi sono intestardito: la faccio da solo, mi son detto. Siamo partiti nel ’73 per fare un po’ d’esperienza, senza ancora una rassegna ufficiale. Facemmo venire Vecchioni, Guccini, proprio quelli recensiti da Buttafava. Non mi riuscì invece di portare qui Ciampi prima del ’76, ormai distrutto dall’alcool. Ha avuto anche dei battibecchi col pubblico… In ogni caso nel ’74 si partì ufficialmente, visto che alla fine eravamo riusciti a spuntare un piccolo contributo dal comune.

Qui il dattiloscritto s’interrompe, e con esso l’intervista. Forse Amilcare Rambaldi si è dovuto dedicare ad altro, forse il mio tempo era scaduto, fatto sta che circa l’abbandono della sua carica di presidente non si proferì parola. I fatti dei giorni e delle settimane successive avrebbero dimostrato che non era stato poi quel gran danno.

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per le foto si ringrazia Alba Avesini (foto dopo-Tenco anni '70), Padovani e l'archivio del Club Tenco e Premio Tenco

Qui sotto Amilcare con Sergio Sacchi e Amilcare con Sergio Staino

 

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