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Peawees Ciao ragazzi, allora:
innanzitutto complimenti per il disco. Una bomba. Cominciamo. Grazie mille! Direi dalla nostra passione per i sixties che da sempre ha caratterizzato il nostro modo di scrivere.
Di quel periodo amiamo ovviamente il soul ed etichette come Stax e Motown, ma
non solo. Non credo si possa definire “Leave it behind” un disco “soul”. Ok, ci
sono canzoni come “Food For My Soul” e “Good Boy Mama” che si possono definire
tali ma allo stesso tempo ci sono pezzi come “ Digging the Sound” in cui ci sento
gli Who, oppure Bob Dylan, quello più elettrico. In ‘Need a Reason” ci sento
Del Shannon e altri artisti dei sixties,
non appartenenti necessariamente alla scena soul. Di quell’epoca amiamo
ovviamente anche l’ondata di garage band come Sonics, Remains e molti altri
inclusi nei vari Nuggets.. Credo di si, questo disco é la nostra versione dei Sixties.
Non ci interessa fare revival scimmiottando tutti gli aspetti di un epoca.
Abbiamo preso ciò che ci piace e lo abbiamo rielaborato alla nostra maniera.
Non c’è stata molta ricerca, le cose sono venute fuori in modo piuttosto
naturale... Come si può inserire
una band italiana, pur con molta esperienza all’estero come voi, in questa
storia del rock che pur vicina a noi non ci appartiene del tutto? Non lo so, ma penso che la maggior parte delle band
underground che suonano rock ‘n’ roll lo facciano per passione.. quando inizi
non ti chiedi se verrai inserito in qualche contesto. Vuoi solo suonare con il
tuo gruppo, scrivere i tuoi pezzi, fare concerti e possibilmente registrare..
noi abbiamo iniziato veramente per gioco e ora ci siamo dentro fino al
collo.. Sappiamo bene che il rock non fa
parte della cultura italiana e ne prendiamo atto. Son 16 anni che siamo in giro
e non ci siamo ancora stufati quindi va bene cosi! Davvero non saprei dire chi ha lasciato un segno nei ‘60
italiani, se parliamo di band legate alla scena rock/beat dell’epoca bisogna
tenere in considerazione che la maggior parte di questi gruppi faceva cover di
pezzi inglesi traducendone il testo; e comunque il tutto era abbastanza
‘ripulito’ per il pubblico italiano, legato ancora alla tradizione popolare...
Per quanto riguarda la scena punk/garage, come dici tu, è nata un po più tardi
rispetto a quella originale inglese ed americana… non saprei dirti se hanno
lasciato un segno, ma sicuramente i Not Moving hanno dato lezione di stile ed
attitudine in un’epoca in cui in Italia non era facile, e se tutt’ora se ne
parla ci sarà un motivo... Possiamo considerarci fortunati. Molta gente ci segue
veramente da tanti anni ed è gratificante vedere che molti crescono e si
evolvono con te.. ovviamente in 16 anni c’è stato un bel cambio generazionale.
Quelli che nel 1995 pogavano e si ammazzavano davanti al palco ora stanno nelle
retrovie e lo lasciano fare a quelli più giovani (ride).. però è bello vedere che molti dei ‘vecchi’ fan ci sono
ancora. Per noi è importante. Come ha reagito lo
zoccolo duro dei fan del punk alla svolta vintage di “Leave It Behind”? Al momento pare che i giudizi siano tutti positivi. Anzi,
molti dicono “finalmente avete fatto il disco che dovevate fare da anni”. Chi
ci conosce sa da dove veniamo musicalmente e di conseguenza non si stupisce”...
chi invece ci conosce approssimativamente e pensa che i Peawees siano un gruppo
‘punk rock’ canonico... beh, potrebbe rimanerci male. Ci piacciono molto i Tunas, i Gallara e i Midnight Kings.
La nostra versione dei Sixties
Il garage di Nuggets
incontra l’R&B e il soul in “Leave It Behind”, il nuovo album dei Peawees. La band spezzina, ormai
veterana della scena punk italiana, ci consegna un lavoro tra i più convincenti
di questo 2011, sposando l’attitudine vintage col loro classico sound al
fulmicotone. Li abbiamo incontrati per parlare un po’ di radici: Sessanta,
Settanta, la storia del rock. Ma non solo.
É ritornato di moda il soul anni
Sessanta, sarà la ciclicità delle mode o la morte di Amy Winehouse che a quelle
sonorità doveva molto. Sta di fatto che tanti artisti, di riffa o di raffa,
soprattutto nel mondo del pop, si dichiarano debitori di Stax e Motown. Poi
senti i risultati e ti dici: ma dove?
“Leave it behind” nasce anzitutto come omaggio o anche come reazione?
Dall’album appare evidente che i Sixties
voi li conosciate bene, e che abbiate cercato il filo conduttore che
dall’R’n’B, passando per il punk, arriva ai giorni nostri. L’avete trovato
questo filo?
Chi secondo voi ha lasciato il segno nei
Sessanta italiani? e chi nel nostro punk/garage della prima ora, seppure un po’
tardivo rispetto alla prima ondata di Inghilterra e Stati Uniti?
Siete sulla scena da oltre quindici anni
ormai, com’è cambiato il vostro pubblico nel tempo?
Nel sottobosco underground italiano si
muovono miriadi di band che spesso non raccolgono quanto meritano. Ce ne
consigliate tre che meriterebbero il sigillo di qualità Peawees? Link
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