Chiamare il ..." />
Petra Magoni & Ferruccio Spinetti
Chiamare il vostro ultimo disco “Musica nuda 3” era troppo scontato e quindi avete scelto “55/21”,
che in realtà è un giochino che prende spunto dalla simbologia della smorfia
napoletana. In pratica per la proprietà commutativa pur cambiando l’ordine
degli addendi il risultato non cambia…L’arte della cover
A giugno è uscito il quarto lavoro in studio, 55/21, ma l’ex contrabbassista degli Avion Travel Ferruccio Spinetti e la cantante pisana
Petra Magoni non sembrano
assolutamente intenzionati a voler mettere da parte il progetto Musica Nuda. E non si può che dar loro ragione: a parte i numeri (tutti a favore: sette mila copie vendute in Italia
dell’ultimo lavoro, sei mila in Francia), l'approccio giocoso alla musica del duo
– che però ultimamente ha intrapreso anche vie più “serie” – è un esempio di come
la reinterpretazione di brani altrui non sia cosa da tutti ma necessiti di
metodo e, naturalmente, parecchio talento.
Ferruccio Spinetti: Eh sì, 55 è la musica e 21 è la donna nuda, ma
ti spiego: eravamo a Cascia e andavamo a mangiare spesso in una pizzeria,
guarda caso gestita da napoletani, in cui era esposto un tabellone della
tombola dove ogni numero aveva un significato e Petra notò la corrispondenza di
numeri relativi a “Musica Nuda” e la buttò lì, poi lo dicemmo anche all’etichetta
discografica e l’idea è piaciuta. E poi suona bene 55/21.
Risolto, dunque, l’arcano del titolo, volendo parlare delle emozioni
del disco, sbaglio a dire che un disco un po’ intimista, romantico e in alcune
tracce addirittura malinconico?
Petra Magoni: Sì, senz’altro. Volevamo sicuramente fare un disco
senza i fuochi d’artificio, un lavoro meno dimostrativo.
Per chi ci conosce, infatti, continuare ad insistere su certe cose poteva
essere eccessivo e, quindi, è un disco più maturo, più consapevole di quello
che siamo e, quindi, come ti dicevo, un lavoro in cui “esponiamo” meno le
nostre doti e puntiamo più al cuore.
Inoltre, rispetto agli inizi, non dovete più esporre che tipo di musica
fate e che siete un duo…
P.M.: E’ vero, o almeno speriamo. Quando infatti abbiamo realizzato
“Musica Nuda 2”, che era un doppio album, in uno c’eravamo io e Ferruccio e
nell’altro io, lui e degli ospiti e lo abbiamo concepito in quel modo per
mantenere intatta l’identità del duo, il vero disco è il primo, il secondo è
una cosa in più. Ora non sentiamo più il bisogno di dover sottolineare che
siamo un duo: la gente, chi ci conosce, sa che musica suoniamo, soprattutto sa
che siamo un duo, e anche se nel disco, come in “55/21”, appare un ospite è
abbastanza chiaro che si tratta di un ospite e non del disco di una cantante
accompagnata da vari musicisti.
Per quanto riguarda la scelta delle canzoni, a mio modo di vedere è
possibile evidenziare varie categorie e sottocategorie. Abbiamo le canzoni
inedite e le cosiddette cover, abbiamo il tributo alla canzone d’autore
italiana, a quella francese, ma anche alla tradizione partenopea. È presente
come in ogni vostro lavoro la “tassa” Beatles e, quindi, vi chiedo: voi,
invece, come le avete scelte?
F.S.: Per la prima volta abbiamo fatto una scelta partendo dalla
registrazione di più di trenta-quaranta canzoni, ovviamente con le cover è più
facile che con i brani inediti, però alla luce di quanto materiale abbiamo
prodotto rimpiangiamo il fatto di non aver avuto tre mesi in più per far uscire
il disco. La strategia nella scelta dei brani, comunque, è sempre la stessa:
libertà e istinto. Iniziamo a suonare i pezzi che ci piacciono, li registriamo
e poi chiaramente nel disco vanno a finire quelli migliori. In questo ultimo
lavoro è stato poi molto importante l’apporto degli uomini Blue Note, che ci
hanno consigliato al meglio nella scelta dei brani da inserire nell’album.
Parlavi di una difficoltà maggiore per i brani inediti, perché?
F.S.: Perché noi abbiamo grande rispetto per la forma canzone,
quindi preferiamo metterne solo tre, magari due o anche una sola inedita, però
di cui siamo veramente convinti, dato che ci sono numerosi dischi di inediti in
commercio che poi alla fine hanno una o due canzoni buone e le altre sono
semplicemente dei riempitivi. Per “55/21” abbiamo collaborato con Pacifico, Cristina Donà e c’è anche un brano scritto con David Riondino. Le loro canzoni alla fine sono quelle che ci hanno
convinto di più.
Come sono nate le tre collaborazioni?
F.S. Come ci capita spesso, anche in questo caso sono nate da un
rapporto umano che ci lega. Poi è chiaro che se ci arrivasse un pezzo scritto
da Daniele Silvestri, anche se non
ci abbiamo mai suonato insieme, o anche da altri grandi autori, lo faremmo più
che volentieri.
Per quanto riguarda le cover vorrei invece soffermarmi su due in
particolare: La canzone dei vecchi amanti
e Bocca di Rosa. Partiamo dalla
prima: mi è sembrata molto lineare nell’arrangiamento rispetto al vostro
classico modo di suonare e anche il cantato è molto regolare. Petra non si
lascia mai andare a particolari virtuosismi, non ci sono i suoi tipici “giochi”
con la voce…
P.M.: Hai ragione, ma è proprio questo che mi è piaciuto di come è
venuta questa canzone. La canzone dei
vecchi amanti è un brano perfetto, con un testo meraviglioso e a cui non
bisognava aggiungere niente, alcun virtuosismo, dice già tutto da sé. Non avrei
potuto immaginarla cantata in nessun altro modo rispetto a come l’ho eseguita. E’
una canzone bellissima: ci sono dentro nostalgia, malinconia, rimpianti.
E quindi era giusto farla così..
P.M. Assolutamente! E poi, ritornando all’arrangiamento, nel
momento in cui c’è uno strumento armonico, come possono essere la chitarra o il
pianoforte, Ferruccio non può permettersi di suonare il contrabbasso come
quando siamo solo noi due o al massimo quando ci si accompagna ad uno strumento
a fiato e quindi si ritrova a suonare come un classico contrabbassista da
gruppo.
Certo. Passando alla seconda, Bocca
di Rosa, devo dire invece che mi ha lasciato al primo ascolto più
perplesso: ovviamente non c’entra nulla con l’originale e fin qui nulla da
eccepire, l’unico appunto è che mi sembra che dalla dimensione giocosa della
versione di De Andrè voi siate passati ad una versione più ansiogena…
P.M.: Ti spiego: questo brano è volutamente dimostrativo, ci sono anche
dei virtuosismi, ad esempio la velocità a cui canto, ma non è tanto quello, è più
che altro il voler cambiare il punto di vista della canzone, spostandolo
sull’invidia delle comari del paesino, sulle malelingue. La canzone può essere
cantata anche in maniera giocosa, ma la sostanza dei fatti non cambia: una
donna, Bocca di Rosa, è stata cacciata da un paese, perché le altre donne erano
invidiose. L’intenzione del cantato, quindi, è proprio quella di riproporre il
parlare invidioso delle malelingue. Poi posso capire che questa nostra versione
o ti piace o ti fa schifo, soprattutto immagino che agli appassionati di De
Andrè non abbia suscitato emozioni positive…
Anche io devo ammettere che ho storto un po’ il naso dopo averla
ascoltata, ma poi il bello di parlare con un artista è quello di poter cogliere
direttamente alla fonte l’intenzione di ogni scelta artistica..
P.M.: In effetti affrontare un pezzo così famoso e stravolgerlo in
maniera così drastica è una scelta coraggiosa. Comunque ribadisco che la nostra
intenzione era quella di tirare fuori un altro lato della storia, un altro
punto di vista.
F.S.: Il compito nostro, di chi fa cover, è anche questo: vestirle
in maniera diversa, magari anche lontanissima dall’originale, altrimenti potremmo
salire su un palco, fare un concerto ad esempio con le canzoni di Battisti identiche all’originale, ma
non sarebbe la stessa cosa.
Link
Altri articoli di Francesco Di Bruno