"Ballate ..." />
Massimo Bubola
"Ballate di terra
& d'acqua" è' uscito ad aprile e ha avuto anche un certo spazio in
classifica. Volevo scorrere insieme a te alcune tracce del disco, a partire
dalla prima: Sto solo sanguinando…Le radici e i sogni
Una chiacchierata informale con Massimo Bubola, che commenta per L'Isola che non c'era alcuni dei
brani del suo ultimo disco "Ballate di terra & d'acqua", il
diciottesimo di una carriera che dopo la collaborazione con Fabrizio De Andrè
lo ha visto tra i protagonisti indiscussi della nostra canzone d'autore. E a
chi continua a ricordargli solo il lavoro fatto con Faber lui risponde che…
E' una piccola disanima di
quella che è un po' l'Italia, come si è formata, con le sue storie di giustizia
e di carità, ma anche la libertà degli uomini, il coraggio e la cultura cattolica.
E' fatta da pochissimi versi ma abbastanza scolpiti su questa generazione: molti
ragazzi sono cresciuti un po' da soli, "abbandonati" da genitori che
spesso sono stati un po' vacanti. E poi c'è questa cultura odierna da reality
show, questa necessità di mentire ma con lacrime vere per avere cinque minuti
di gloria che oltre ad essere diseducativa è veramente devastante su
personalità che si stanno formando.
In Una chitarra per due canzoni torna il tema del doppio, non è nuovo nei
tuoi brani
Il tema del doppio nella
mia produzione è effettivamente molto ricorrente. In questo caso viene trattato
come una serie di immagini veloci e visionarie. Questa cosa finisce quando dice
«c'è un silenzio potente come due tuoni ed un cielo
soltanto per due ladroni».
Approposito di numeri mi
viene in mentre anche Uno, due, tre:
i numeri nei tuoi dischi tornano spesso. Penso per esempio anche a "Tre
rose".
Sì, è vero. Sono sempre
stato attratto dai numeri. Poi io credo che i numeri abbiano qualcosa in sé, di
magico e sotteso. Uno due tre è
proprio basata sul tempo musicale di tre quarti ed è una storia che sta insieme
proprio per il numero tre. Inizia con un innamoramento e con un valzer e…
finisce con un uxoricidio.
Cambiano…
E' la cultura del
cambiamento ad ogni costo. Cambiano le scelte, in genere molto incentivate dal
marketing. Si cambia la macchina, la casa. C'è tutta una spinta a cambiare
sempre. E questo lo ritrovo molto superficiale. Una volta prima di cambiare
qualcosa ci si pensava bene, poi si faceva una scelta che durava per tutta la
vita: un lavoro, una religione, una non-religione, una squadra di calcio. Ora
invece ci sono molti voltagabbana e tutto è diventato troppo velocemente
mutevole.
Un angelo alla mia porta. Anche gli angeli, nelle tue canzoni, sono ricorrenti.
Penso a Senza una famiglia, Un angelo in meno.
Hai ragione. Sono di cultura
cattolica e sono credente. Quindi penso che gli angeli siano veramente una
presenza nella nostra vita. La canzone poi parla da sé.
La religione ma anche la
storia e l'amore: Dolce Erica e Uruguay…
Dolce Erica
è una ballata antica che ho riproposto in chiave moderna. Una storia di gelosia
e di sentimenti quasi da tragedia greca. Uruguay è la seconda puntata su
Garibaldi dopo Camicie rosse. Parla
del suo periodo uruguayano quindi è praticamente retroattiva rispetto
all'altra, viene prima. Racconto storie d'amore antiche perché si può anche
leggere il presente attraverso il passato, prossimo o remoto. Credo questo sia
un disco di ballate dove l'amore non è quello che ci viene somministrato a dosi
massicce da canzonette sciocchine, ma è un qualcosa che fa da motore alla vita
delle persone. Un motore che ovviamente a volte si inceppa con tutti i suoi
annessi e connessi: gelosie, a volte incomprensioni, distanze. Però, nonostante
tutto, punto sempre a sottolineare una tensione positiva nelle storie che
racconto..
Invece ne La collina dei ghepardi il riferimento è
decisamente all'attualità.
E' una vicenda presa
dall'attualità, parla delle ragazze che emigrano qui dall'Africa e sono
costrette a prostituirsi, nigeriane soprattutto. Vengono obbligate a riprendersi
la loro libertà al prezzo con il quale erano state pagate all'origine dai loro
compratori (parola molto cruda ma altrettanto reale). Chiaramente non è facile
liberarsi. Questa cosa, che avviene in tutte le strade d'Italia sotto i nostri
occhi, è un esempio di schiavitù quasi identica a quella praticata al tempo dei
romani, quando gli schiavi dovevano ricomprarsi la libertà lavorando. In questo
senso siamo progrediti ben poco.
La conclusiva: Canzone dell'assenza.
E' un brano in cui l'amore
non è presente fisicamente ma è presente come sentimento. Spesso e volentieri
siamo noi che siamo un po' miopi e non lo vediamo, perché Purtroppo a volte
vediamo più le cose quando ci mancano che quando le abbiamo. E' una canzone sulle
stanze vuote, con la presenza di una persona che non c'è.
Invece il titolo “Ballate
di terra & acqua”: hai preso elementi della natura ma mancano cielo e
fuoco….
Per
fare anche il cielo e il fuoco avrei dovuto registrare un disco doppio! Scherzi
a parte, ho scelto la terra e l'acqua perché sono nato in quella terra che è la
Mesopotamia d'Italia, tra i due grandi fiumi che sono l'Adige ed il Po. Sono
nato in campagna dove proprio la terra fisica è quella che contiene le nostre
radici ed i nostri percorsi, proprio come il rock che faccio io che è comunque
molto localizzato anche come gusto melodico ed influenzato dal Veneto, che ha
una storia millenaria e meravigliose melodie anche popolari. L'acqua invece è
ciò che influisce sulle nostre vite. Poi ho messo un veliero in copertina per
sublimarla ma in realtà sono i nostri fossi, gli stagni, insomma la parte
liquida, le proiezioni, i sogni ed anche il futuro.
Avrai notato che non ti ho fatto alcuna domanda su De Andrè e sulle cose che
hai fatto con lui, argomento decisamente "immancabile" nelle tue
interviste. Che ne pensi?
A volte si pensa che le canzoni
più belle siano quelle più famose ma allora così funziona un po' come la
pubblicità. Prendi ad esempio anche il culto che c'è oggi in Italia per gli
artisti morti, io lo trovo veramente eccessivo. L'arte, la poetica, va avanti. Quando
De Andrè era in vita – ed io lo conoscevo bene – non aveva tutte queste
pubblicazioni. E neppure tutte queste cover band che quando era in vita non
esistevano proprio. Chissà da dove sono emerse… Con Fabrizio ho collaborato dai
ventidue anni fino ai ventisei. Dai ventisei anni in poi ho fatto altri sedici dischi
e ho sviluppato una mia poetica e un mio immaginario. Ma nelle persone a volte
c'è ancora molta pigrizia e non riescono a farsi un'idea di qualcosa di nuovo, a
volte preferiscono ricorrere ad un idea preconfezionata, anche delle persone e
degli artisti. Un po' come quelli che fanno i sommelier e prima di dire se il
vino è buono o cattivo leggono l’etichetta. In realtà ai corsi per diventare
sommelier l’etichetta la coprivano con la carta argentata. Perché la curiosità
deve essere una spinta.
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