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Luca Di Martino

Note di un viaggio senza una meta

Di Luca Di Martino ne abbiamo parlato qualche mese fa, raccontando di “A bassa Voce – omaggio a Fausto Mesolella” (leggi la recensione). E ne torniamo a parlare ora, perché è appena uscito il suo nuovo album Non Importa la meta che rappresenta, soprattutto, il primo lavoro in veste di cantautore. Poetica e melodia, un suono ricercato frutto di studio, incontri e ascolti variegati, la bellezza della semplicità e l’attenzione a temi sociali che aprono riflessioni su pagine di vita quotidiana, sono elementi che caratterizzano il suo stile.
Non Importa la meta ci ha trasmesso diverse sensazioni accoglienti, a partire da Il buon odore della terra il brano che apre l’ascolto e che evoca quello stile cantautorale di tradizione, a cui ci hanno (ben) abituato diversi artisti del passato. Un album in cui il suono e le parole sono ben assortite, un viaggio musicale di riflessione e scoperta. Un lavoro in cui si può leggere un messaggio ben preciso, la volontà di cantare la meraviglia del mondo, del vivere lento, di percorrere una strada senza aver necessariamente bisogno di focalizzarsi sulla meta, assaporando la vita e tutto ciò che ne fa parte, così, come viene. E a proposito di percorsi, abbiamo pensato di fare a lui qualche domanda su questo nuovo lavoro, partendo però dagli inizi del suo viaggio musicale.
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Quando hai iniziato ad appassionarti alla musica, come si è articolato il tuo percorso formativo e quali artisti ti hanno influenzato maggiormente?  
Intraprendo lo studio della chitarra nel 2000, ma parallelamente coltivo la passione per le canzoni, per la musica d’autore italiana. Fin dal primo approccio alle note mi sono sentito attratto dalla possibilità di “creare musica”, che da sempre è l’impulso che accompagna le mie giornate.  Ho passato la mia adolescenza a scrivere canzoni e brani strumentali per chitarra, più che a studiare seriamente lo strumento; nonostante ciò, nel 2012 conseguo il diploma in chitarra classica al Conservatorio Bellini di Palermo. Negli anni ho avuto l’opportunità di suonare in varie formazioni e di frequentare diversi seminari di chitarra, occasioni che hanno contribuito tanto alla mia crescita umana e professionale. Non ho un artista preferito, da ognuno ascolto cerco di assimilarne il linguaggio. Sicuramente tra i chitarristi mi piacciono particolarmente Pat Metheny, Ralph Towner e il compianto Fausto Mesolella; tra i cantautori apprezzo i grandi nomi della canzone d’autore, De André, De Gregori, Dalla, Fossati, Bersani, Fabi…

 

Hai anche fatto parte per un ventennio - in qualità di chitarrista, autore di testi e compositore musicale - del progetto dei Vorianova, band con cui hai inciso tre album che si sono aggiudicati diversi riconoscimenti, tra cui la Targa Tenco nel 2021. Cosa ha significato questa collaborazione?
Una grande occasione di crescita umana e professionale.

Il tuo debutto da solista inizia nel 2017 con l’album “Di Istinti e di Istanti”. Seguono “Nel Tempo e Silenzi” (che sono raccolte di spartiti di tue composizioni per chitarra) e poi “Dalla mia parte” nel 2022. Nei primi mesi del 2023 è uscito “A bassa voce - omaggio a Fausto Mesolella” di cui abbiamo raccontato tra le pagine dell’Isolachenoncera.it. Cosa ha rappresentato per te questo artista e cosa ha mosso la necessità di dedicargli un album?
Ho conosciuto Fausto personalmente nell’agosto del 2015, lo invitai a tenere un concerto all’interno della rassegna ‘Isnello Guitar Festival’ che ho diretto e organizzato per cinque anni nel mio paese in provincia di Palermo, Isnello. Per un bel periodo ho seguito in maniera approfondita il suo percorso, dalla sua musica con gli Avion Travel alla sua esperienza da solista con gli album “Suonerò fino a farti fiorire” e “Canto Stefano”, il suo lavoro scritto a quattro mani con Stefano Benni. Sono rimasto affascinato dal “suo” modo di fare musica e di comunicare. La necessità di dedicargli un album è nata spontaneamente, ascoltando i suoi brani mi è venuta voglia di reinterpretarne a modo mio alcuni che avevano visto Fausto impegnato anche come autore oltre che compositore delle musiche.

“Il richiamo e l’abbandono” è il tuo quarto album, sempre strumentale, uscito anch’esso nel 2023, in un momento in cui è iniziato per te un cambio di direzione, il desiderio e soprattutto la necessità di sperimentare “ambientazioni ed effetti differenti”, per dirlo con le tue parole.  Hai scelto di percorrere la strada cantautorale che il 26 febbraio scorso si è concretizzata con l’uscita di “Non importa la meta”. Cosa raccontano i brani di questo nuovo album?
È un album che in realtà non ha un filo conduttore. Ogni canzone è a sé stante. Le tracce sono in italiano, ad eccezione di due che sono in dialetto siciliano, dove racconto la realtà e immagino la vita. I brani riferiscono della nostalgia che ci lega ai nostri luoghi d’origine, di appartenenza, come racconta ad esempio Il buon odore della terra. Sono un invito ad andare avanti, a continuare il nostro viaggio e godere dello spettacolo che ci conduce alla meta, sono un invito alla calma, alla leggerezza, alla lenta evoluzione delle cose (Cu tempu), sono uno sguardo ai nostri errori e alle nostre aspettative (Tutto e niente), un’esortazione a godere della bellezza silenziosa delle cose (Poche parole). E ci sono anche due momenti ‘magici’, sognanti (Torna Natali e Nel cuore di una favola), una canzone visionaria che immagina quella sensazione di vuoto che potrà capitare un domani, che una persona importante potrà lasciare nella nostra vita (Ricantami una ninna nanna) e una canzone che fotografa uno spaccato della nostra società, sempre pronta a giudicare l’altro (Nuda realtà).

C’è un brano tra questi a cui ti senti maggiormente legato e/o che ha per te un significato particolare?
Se dovessi sceglierne uno… sono molto legato a Torna Natali. In realtà non c’è un motivo particolare, però ho l’impressione che in quella canzone si ritrovi gran parte dell’umanità, in quell’atmosfera di serenità e di condivisione familiare che ogni anno si ripete e ci riconduce ai veri valori della vita.

 

Faccio una piccola divagazione perché ho scoperto che hai un omonimo conterraneo scrittore e giornalista. La letteratura, come il cinema, sono due mondi fertili e ricchi di ispirazione in cui la musica, soprattutto quella strumentale, trova il suo habitat e si presta per costruire scenari sonori. Luca Di Martino cantautore, ama il cinema ed è un buon lettore? E quali generi predilige?
Non mi ritengo propriamente un buon lettore… però mi piace molto il cinema e quando ho del tempo libero ci vado volentieri. Prediligo come genere i gialli, i film drammatici e quelli romantici, ma anche film di carattere sociale.

Quanta determinazione, studio e passione occorrono per proseguire un percorso artistico in un momento storico che sembra premiare maggiormente le classifiche, i like sui social e gli ascolti superficiali, anziché l’ascolto attento, lo spessore dei testi e la qualità del suono? 
Ne serve tantissima! Aggiungo che per proseguire il proprio percorso artistico ci vuole sicuramente una buona dose di incoscienza, sapendo già che oggi produrre musica ha un rischio altissimo di essere ascoltata da pochi. Per fortuna, io la vivo come una passione e non come una sfida. Mi piace raggiungere poche persone, una nicchia selezionata, poi se succede qualcosa “di importante” che ben venga. Credo sia questa la chiave giusta, raccogliere le emozioni più autentiche, le pagine che segnano la mia vita, proteggerle in una musica o in una canzone e riascoltarle ogni volta che ne sento il bisogno. Il successo o le classifiche non dipendono direttamente da me, quindi non le inseguo.

 

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