Un disco che, già dal titolo, celebra ..." />
Stardog
Un disco che, già dal titolo, celebra Milano,
musa instancabile per generazioni di musicisti e autori. Questa città
è ancora in grado di regalare quelle suggestioni che si traducono in
note, parole ed emozione? Che cosa c'è "Oltre le nevi di piazza
Vetra"? Milano è quanto mai in grado di regalare
suggestioni. Io ho, di Milano, un bisogno vitale e famelico, per
pensare: la percorro a piedi, anche nelle vie più smaccatamente
modaiole e commerciali, per guardare le persone ed i loro volti, le
strade, le case, la vita che ci scorre, oppure di notte, nei momenti
migliori e slegati dalla frenesia lavorativa. Ho bisogno di sporcarmi
le mani nella città viva per cavarne fuori parole, anche se poi
quelle parole riguardano solo me. Certo, se vogliamo parlare di
degrado e di decadenze assortite, non rivelo chissà quale novità se
ti dico che ci sono eccome, da anni e sempre più. Milano è la punta
dell’iceberg-Italia: anticipa ed esaspera ciò che è diffuso o si
diffonderà a livello nazionale, sicché in questi tempi non può che
esserne lo specchio negativo. Ma non certo per colpa sua. Oltre le nevi di piazza Vetra c’è quanto di buono
c’è sempre stato, perfino adesso, anche se può sembrare il
contrario: la città sepolta sotto l’idea che la gran parte della
gente ha di lei; la verità oltre la finzione con cui viene
rappresentata. La Milano di Primo Moroni e delle bettole sui Navigli
con la loro umanità sporca di vissuto, quella di Gaber e Jannacci ma
anche dei Krisma, dei ragazzi che si conquistano coi denti gli spazi
che le istituzioni non gli danno. A livello intimo, oltre le nevi c’è
infine la Bellezza, il mondo dove porteresti la persona che ami, ed
il coraggio di invitarla a seguirti. Alcuni affermati musicisti hanno partecipato a
questo disco: penso a Paolo Milanesi e ad Andy Fumagalli, ma
soprattutto a Luca Urbani che canta in "Sai, Carmelo", uno
dei i brani più interessanti dell'album. Come è nata questa
collaborazione, anche autoriale? Degna di nota anche la definizione
del booklet di "chitarre à la New Order"! Le collaborazioni sono nate prima di tutto dalla
stima preesistente verso di loro. Sono persone che ho avuto modo di
conoscere frequentando l’ambiente, e con le quali è nato un
rapporto - penso soprattutto a Andy e Luca - di vera amicizia, che
travalica l’aspetto musicale, e questa è la cosa più importante.
Da qui a chiedere loro di mettere la propria firma sulle canzoni con
il loro strumento d’elezione, è stato un passaggio automatico.
Hanno arricchito le canzoni a cui hanno partecipato con tocchi e
soluzioni che non saremmo mai stati capaci di avere per conto nostro.
Con Luca è andata proprio così: io avevo il testo di “Sai,
Carmelo”, il giro della strofa e del ritornello, ma lo sentivo come
un brano su cui lui avrebbe potuto dir la sua; così gli chiesi di
metterci le mani. Cambiò un paio di accordi nell’inciso, ed ecco
pronto il tutto… La definizione "chitarre à la New Order"
è mia. Mi diverte inserire queste voci bislacche. "Oltre le nevi di piazza Vetra" è
sicuramente la vostra produzione più importante e si riscontra una
grande eterogeneità nei vostri brani. Ritmi, strumenti, attitudini
si confondono nella vostra tracklist ben poco autoreferenziale.
Tuttavia musicalmente come definireste l'impronta musicale Stardog?
Con quali grandi maestri vi sentite in qualche modo in debito? Mi fa piacere che l’eterogeneità si colga, perché
era quanto volevo: mettere tutte assieme le anime musicali da cui
sono formato e farne un caleidoscopio, legato dalla mia voce e dai
miei testi, e strumentalmente, da basso e chitarra: un po’
l’opposto di quanto avviene nella prassi, se ci pensi, in cui si
cerca di connotarsi con uno e un solo suono. Mi piacciono di più le
cose complicate! Ora come ora sono nel pieno della scrittura di brani
per il prossimo disco, quindi guardo a “Oltre le nevi...” con un
certo distacco. Detto questo, credo che l’impronta musicale di
Stardog sia un improbabile meticcio di suono inglese, o comunque
europeo, e scrittura italiana. I maestri sono senz’altro Bowie, a
livello “ideologico” per la poliedricità e la curiosità che lo
hanno sempre animato, e poi, al di là della fascinazione per il
suono post-punk o per i rigurgiti brit-pop, senz’altro gli autori:
italiani (De Gregori e Fossati, Tenco e Endrigo, fino a Morgan e
all’eleganza sanguigna di Cristiano Godano) e stranieri (Dylan,
Nick Cave, Costello, Lennon e McCartney). Raffinati riferimenti sono sparsi qua e là nei
vostri testi e tra i ringraziamenti nel vostro booklet. Quanto è
importante nella vostra scrittura l'ispirazione letteraria, artistica
e cinematografica? Quali i vostri riferimenti? È fondamentale la suggestione che ogni opera
artistica può generare. Amo, come credo in misura variabile un po'
tutti quanti, leggere, guardare film e ammirare opere d’arte.
Perciò è naturale che questo si rifletta in ciò che scrivo; mi
stupirei del contrario! I riferimenti sono eterogenei come la mia
curiosità, da Pavese a Pirandello, da Agota Kristof a Schiele, da
Celine a Gianni Rodari, da Carmelo Bene a Guido Ceronetti ed Antonio
Rezza, da Gropius a Michele Mari: sono assai onnivoro verso ciò che
può far scaturire la scintilla della curiosità. Il live. Il vostro disco ha una produzione
piuttosto curata. Come interpretate i vostri pezzi in concerto? Che
scelte stilistiche avete effettuato per le date del vostro tour? Suoniamo i pezzi in modo assai diverso dal disco,
sia per scelta sia per necessità. Per scelta, perché amo l’idea
di non dare una veste completa e definitiva alle canzoni che scrivo;
ha ragione De Gregori quando dice che un disco è l’istantanea di
un momento, ma poi i pezzi non si cristallizzano, mutano con i loro
autori. Oltretutto, e qui arrivo alla necessità, il momento storico
in cui viviamo, ci costringe, pur di suonare, a fare concerti in duo
o in trio, rendendo indispensabile un lavoro di ri-arrangiamento.
Cosa che mi stimola perché mi permette di giocare con la mia stessa
musica. Infine (e in questo mi rifaccio a Morgan) mi piace tantissimo
che i concerti siano imprevedibili, con i brani che cambiano veste da
una sera all’altra, rischiando di sbagliare noi stessi
nell’esecuzione, ma facendoli rimanere vivi. Ora una domanda quasi personale per te, Manuel,
noto anche come Blixa. In una particolare versione di una canzone
dell'album c'è Blixa Bargeld in persona. Come è nata la
collaborazione con questo artista per te, immagino, così importante? Blixa è il nome che ho usato fino a pochissimo
tempo fa nell’esercitare l’attività di DJ, ma di recente ho
inscenato l’uccisione di DJ Blixa, proprio come fece, mutatis
mutandis, David Bowie con Ziggy Stardust, eheh. Ora quando metto i
dischi sono semplicemente Manuel degli Stardog. Gli Einsturzende
Neubauten sono tra i musicisti che amo di più. Due anni fa mi fu
chiesto di intervistare Bargeld per una rivista. Mi presentai da lui
con una bottiglia di Passito di Pantelleria: quel vino, da me scelto
fondamentalmente a caso, era il suo vino preferito. Vi lascio
immaginare in cosa si trasformò di lì a poco l’intervista, al
termine della quale gli feci ascoltare una demo di “Il lamento di
Bardamu”. Gli piacque, ma non c’era tempo per farlo venire in
studio; allora mi diede il permesso di usare la registrazione
dell’intervista. Per un errore, la versione con la sua voce si
trova solo su iTunes, o in download gratuito sul nostro sito
ufficiale. Infine, quali sono i vostri progetti futuri. A
che cosa state lavorando? È appena uscito l'EP digitale di “Quale Estate”,
secondo singolo tratto dal disco. Abbiamo girato il videoclip, e l’EP
è composto da ben otto brani: cover, versioni riarrangiate, remix di
due brani ed un paio di out-takes. E poi, soprattutto, sto
alacremente lavorando alle nuove canzoni. Il prossimo disco sarà
molto diverso, forse meno non-direzionato ma altrettanto anarchico
nel carattere. Più cantautorale e strumentalmente “di terra”.
Pianoforte, corde pizzicate, tamburi e orchestre sintetiche. Oltre
alla componente italiana irrinunciabile, nella scrittura, vorrei ci
fosse molto dell’approccio alla Arcade Fire o alla Beirut. L’idea
è quella di andare a registrare in autunno e fare uscire il disco
all’inizio del 2011.Piazza Vetra…e oltre
Manuel Lieta,
deus ex machina degli Stardog, ci racconta, tra raffinate citazioni e
“voci bislacche”, la poetica del gruppo, le collaborazioni - Luca
Urbani (Soerba, Zerouno) e Andy Fumagalli - e il loro immaginario
artistico e musicale. Il tutto a ridosso dell'uscita del loro secondo
singolo: “Quale estate?”
Altri articoli su Stardog
Altri articoli di Daniela Giordani