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Denise

Un altro mondo è possibile

Dopo un’oretta passata a chiacchierare con Denise abbiamo la conferma che quest’artista è davvero così come la racconta il suo disco. È un piccolo grande talento, piena di idee, con una grande cultura. Ha un modo tutto particolare di guardare al reale, inventa storie e mondi diversi. Non lo fa per fuggire dal vero, ma per scampare all’alienazione, per suggerire al mondo di togliersi quella benda dagli occhi e per provare a dire a tutti che la realtà non è poi così grigia, può avere colori e sfumature. Basta guardarla da un altro punto di vista: quello del mondo dei Dodo.

Innanzitutto complimenti per il successo che stai riscuotendo. Successo meritato dopo anni di “gavetta”.
A tal proposito volevo appunto chiederti: cosa si prova ad ascoltare il proprio pezzo su frequenze come Radio Dj o Radio 105 ?

Per me è stata una cosa davvero incredibile. Un qualcosa aldilà di ogni aspettativa. Non era nei nostri piani fare un singolo radiofonico o “commerciale”; volevamo fare un singolo orecchiabile, che rispecchiasse al meglio il nostro modo di essere musicisti, la nostra semplicità. Tutto quello che è venuto dopo è stata una grossa sorpresa e soprattutto una grande emozione. Come è stato emozionante essere contattati da Gianni Maroccolo, trovarsi a registrare nello stesso studio di Ron e conoscere artisti di questo calibro. Persone stupende anche dal lato umano.

Molti dicono che il disco di Denise è un disco allegro, solare, che racconta cose belle e mondi fantastici.
Non ti nascondo che però l’altro giorno ascoltavo un brano come Diamond, e sono stata avvolta da una dolce malinconia. C’è in Denise anche un lato più triste, un lato più buio ?

Bellissima domanda. C’è certamente un lato più malinconico o, se vogliamo, “buio”. Che viene fuori in pezzi come quello che hai citato o ad esempio in Lacks,in cui parlo di alcune mancanze della mia infanzia. In questo disco abbiamo voluto dare un’idea generale del progetto “Denise”, lanciando solo qualche indizio qua e là. In un prossimo disco potremmo mostrare un nostro lato più “scuro” o anche no. Vedremo quel che succederà.

Una domanda da classica intervista: le tue fonti di ispirazione, i tuoi miti, e cosa ti piace ascoltare.

Per un periodo mi sono data ad un ascolto quasi scolastico di artiste femminili come Carole King – che è il mio mito –, Feist e naturalmente Emiliana Torrini. Alla quale spesso mi hanno associata. Infatti è stata proprio a causa di questo assimilarmi a lei che ho cominciato a seguirla. Ai tempi del mio primo Lp un giornalista che recensì il disco mi disse che prendevo molto dalla Torrini. Ne fui molto stupita in quanto all’epoca non sapevo chi fosse. Poi mi sono rifatta ed è stato amore al primo ascolto.

Ho letto spesso che tu suoni con i giocattoli o meglio io direi che fai suonare i giocattoli che, come vediamo dai video, sono parte del tuo mondo.
Mi dici qualcosa in più su questi particolari strumenti musicali ? È una cosa, se non unica, abbastanza insolita.

Sì, in realtà più che giocattoli sono degli strumenti o accessori molto particolari. Ad esempio, per un periodo ho suonato molto, durante i miei concerti, l’autoharp, ora la uso meno ma porto sempre con me i classichi giochini come lo stilofono. E poi, uno strumento fondamentale per questo periodo è la sveglia che uso nel brano Lake Wakes. In realtà anche questo mostra come per me siano fondamentali le cose semplici, quelle piccole cose che possono  rendere grande poi tutto l’insieme.

Nonostante la tua musica lascerebbe intendere altro, sei italianissima. Non solo, vieni da una città, Salerno, che non è una metropoli, e sappiamo bene che il sud non offre tante possibilità per “farsi sentire”. Quanto è difficile arrivare dove stai arrivando tu, partendo da una realtà come la tua e pensi soprattutto che sarebbe stato più facile se fossi nata in un altro posto ?

Sicuramente quello che dico sempre è che nelle nostre città, così come a Napoli a Salerno, ci sono tantissimi talenti; forse molti di più di quanti ce ne siano altrove. È come se l’arte fosse una risposta ad una realtà che è più dura rispetto al resto d’Italia. Certo in altre città, come magari Milano, è più semplice trovarsi nel giro giusto, incontrare quelle persone che possono interessarsi a te. Uscire fuori da Salerno è difficilissimo. Il nostro è stato un caso molto fortunato; la sorte ha voluto che Toni Verona ci notasse, ci ascoltasse e poi da lui siamo arrivati a Gianni Maroccolo.
Ma io ho comunque dovuto fare un forte lavoro di autoproduzione in tutto; all’inizio mi curavo da sola l’ufficio stampa, i contatti, prendevo da sola le serate in giro per l’Italia.

Una domanda strettamente collegata alla precedente. Grazie a te e ad artisti come When the Clouds - pseudonimo di Francesco Galano che sta avendo un grande successo anche all’estero - , A Toys Orchestra - che da anni sono uno tra i gruppi più affermati del panorama indie italiano, o ancora Paranza Vibes – autori della colonna sonora del documentario “Biùtiful Cauntri” e da un anno sotto contratto con la Warner - la tua città sta mostrando di avere un forte fermento musicale. Cosa vuoi dirmi a tal proposito? Cosa ne pensi ?

Penso sia sicuramente un fatto positivo, e ribadisco quello che ho detto poco prima su quanto talento ci sia nelle nostre zone. Il fatto è che sarebbe bello avere da parte delle istituzioni un po’ di attenzione in più; organizzare eventi, magari, che diano il giusto spazio a questi artisti.

Hai scelto di scrivere i tuoi pezzi in inglese, una scelta sempre più accreditata dai nostri artisti, vedi Elisa.
Hai un motivo particolare oltre al semplice fatto che l’inglese è una lingua più musicale, che sposa meglio la metrica, rispetto all’italiano?

Personalmente non ho un grande ascolto della musica italiana e mi sono sempre sentita più portata per la musica inglese. L’italiano ha un modo di scrittura molto particolare e io al momento non mi sento ancora pronta per affrontare questo passo. In tanti mi esortano a scrivere in italiano ma non voglio fare qualcosa di forzato, lo farò quando sentirò di essere davvero pronta a farlo.

Molti ti hanno definita un’ “Alice nel paese delle meraviglie”. Ti ci vedi in questa definizione e mi racconti un po’ di questo tuo mondo fantastico e dei Dodo?

Quello che è alla base del nostro progetto è dare un’alternativa della realtà, un modo per distogliersi dal reale ma allo stesso per avvicinarsi a questo in maniera del tutto diverso. Oggi viviamo un distacco dalla natura insormontabile. Il paese delle meraviglie è proprio la realtà vista con occhi diversi. E poi da questo mondo fantastico nascono naturalmente personaggi che hanno lo scopo di accompagnarci in questo viaggio, in questo mondo, e hanno una loro ragione d’essere.
Ad esempio il Dodo è in realtà un uccello realmente esistito che si è estinto a poco a poco per colpa dell’uomo; quest’uccello diventava a poco a poco sempre più inetto, perdeva le sue facoltà motorie e alla fine venne completamente distrutto dai pirati che se ne cibavano.
C’è da dire che il Dodo però ha continuato a sopravvivere attraverso le favole. Il titolo del disco è proprio una esortazione: vai Dodo! Facci vedere quello che sai fare! Abbiamo provato a fargli trovare la storia giusta attraverso tutti i brani del nostro disco.

I’m dreaming è un altro dei brani bellissimi del tuo “Dodo do!” Cosa sta sognando in questo momento Denise, ora che i suoi progetti stanno prendendo piede ? E cosa si aspetta dal futuro?

Può sembrare banale ma quello che sogno per me è poter riuscire a vivere di musica. Purtroppo viviamo in un paese dove gli artisti non sono considerati dei “lavoratori” e non vengono aiutati dallo Stato. Io vorrei semplicemente poter fare questo mestiere senza l’angoscia del dover trovare un modo per sopravvivere. Non sogno di vincere gli Mtv Music Awards, ma poter rendere la mia passione una professione. E poi vorrei continuare a conoscere le tante persone stimolanti che sto incontrando grazie a questa stupenda avventura.

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