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Nerolidio
La prima cosa che vorrei
sottolineare, perché mi ha colpito, è la copertina, perché in un primo momento
mi è sembrata neutra e quasi insignificante, poi mi ha incuriosito la trama
quadrettata con il segno della cucitura e poi ancora c’è stata la sorpresa. Infatti,
quando uno apre la copertina della bellissima foto che ti ritrae di mezzo
profilo, allora capisce subito il motivo di quella strana trama in scala di
grigi, ma l’idea di chi è stata? Mia, questa cosa l’abbiamo fatta
insieme alla fotografa Alice Pedroletti nello Studio di Milano che è una forte,
una che fa anche le copertine dei dischi delle grandi major, una che è abituata
a fare questo lavoro, ne abbiamo scattate un po’ ed abbiamo scelto questa foto,
perché non volevo apparire subito in copertina come fanno un po’ tutti. E il titolo Mutamenti? Mutamenti è la prima traccia, riguarda i mutamenti della vita, ci
sono momenti della vita in cui cambiano le cose, si cambia il modo di pensare,
ti capitano delle cose, ci sono dei mutamenti di come ti raffronti con la vita,
c’è un percorso di maturazione, ci sono tante cose, la vita è fatta di
mutamenti grazie a Dio, se non ci fossero i mutamenti sarebbe la fine, sin da
quando nasci, poi bambino, adolescente, adulto, c’è sempre un percorso. I
mutamenti riguardano tutti, infatti, non a caso nella prima traccia c’è un
excursus sugli ultimi vent’anni della nostra storia, con queste frasi che sono
immagini, non so… la bellezza, la bellezza almeno per me di queste immagini, di
questi testi, che ho curato in maniera particolare e che non sono mai messaggi
espliciti, anzi sono tutte cose abbastanza implicite, di modo che ognuno se le
vive, se le capisce, se le cerca, se le gusta come meglio crede, senza dover
imporre le mie idee i miei pensieri «pecore clonate» «torri sbaragliate» «tombe
profanate» sono tutti eventi che ci hanno accompagnato Mutamenti è il tema principale della prima traccia del disco, ma
mutamenti ci sono soprattutto all’interno del disco, intendo a livello di stile. Si, diciamo che c’è un fattore
comune che lega un po’ tutto questo disco, che è la scelta di un suono
particolare, la scelta di usare solo strumenti veri, la scelta di non usare
computer, la scelta di fare un disco che suoni anche per i neofiti, un disco
bello e ben suonato, mi sono preso sei mesi di tempo per fare questa cosa, una
produzione gigantesca, uno studio a Milano bellissimo. Ecco allora la libidine
di fare questa cosa qui che accomuna un po’ tutto il percorso, poi in realtà sono
tante storie diverse, per cui è anche bello che suonino in maniera un po’
diversa, i generi più o meno sono sempre quelli, perché io mi muovo tra il pop,
il funky, il jazz, la canzone d’autore, non ci sono grosse novità, non ci sono
brani che si spostano in maniera evidente, c’è però questo fattore comune,
ripeto, che accomuna questi nove oggetti sonori, così amo definirli, queste
storie che sono ognuna un po’ fine a se stessa. Secondo me, una delle canzoni più belle di tutto il disco, è Sciuri sciuri. Sono d’accordo, anche a me piace
molto, pensa che anche delle radio, proprio oggi, mi hanno chiamato perché
volevano trasmettere quella. E’ bella perché c’è un lavoro dal punto di vista
armonico grandioso, non so se riuscirò mai più nella mia vita a scrivere un
pezzo così, io lo spero, perché lì a livello armonico il brano è proprio bello,
complicato, è proprio il confine tra la musica pop e la musica classica, lì c’è
un confine molto labile, con queste arie un po’ rossiniane, un po’ pucciniane
che io ho sempre amato, cui ho sempre attinto perché la mia formazione va dalla
musica classica alla musica jazz, direi la musica di qualità quella con la M maiuscola, qualunque essa sia.
Sciuri Sciuri è bello perché è una
foto aerea della Sicilia, però anche lì senza dire delle cose in maniera troppo
particolare o andando a sputtanare certi argomenti di cui ormai hanno già
parlato tutti, piuttosto toccando solo certe cose e lasciando alla gente lo
spazio per capire, «Dentro le famiglie falcidiate dal dolore per la morte» «Dentro
un tribunale di cemento rifinito con finestre», è parlare in maniera esplicita
di niente e di nessuno, ma ci sono comunque dei messaggi, è un po’ come i
nostri padri che andavano via con le valige, così come ora accade con queste
navi che adesso arrivano in Sicilia dall’Africa, sono avvenimenti che sono
sotto gli occhi di tutti, se ne parla, ma poi a non se ne parla più ed allora è
anche bello che invece se ne parli sempre. Sciuri sciuri è una vista
aerea come dicevi tu, ma lontana dall’essere una cartolina stereotipata della
Sicilia e lontana anche da quella immagine un po’ patinata alla Dolce &
Gabbana tanto per intendersi. Si si, è proprio così. E’ una
canzone bella armonicamente ed anche ricca, perché ad esempio quando abbiamo
suonato al Blue Note con questi miliardi di note che la costituiscono è stato
meraviglioso e la gente è letteralmente impazzita, tra l’altro con Armando Corsi
faremo il prossimo lunedì ad Espansione TV una partecipazione, in duo, faremo
due pezzi adesso vediamo. In Sciuri
sciuri il bello è che ha partecipato un grandissimo musicista, che è un
amico di quello che ha fatto il disco insieme con me ed ha curato con me tutti
gli arrangiamenti cioè Dino Ceglie, è questi che ha messo a disposizione lo
studio e quel Sante Palumbo, un pianista jazz, uno dei più quotati in Italia,
un uomo di settanta e passa anni, quindi con una cultura musicale spaventosa,
un esecutore meraviglioso, che ha suonato la fisarmonica ed il pianoforte. Mi
ricordo che quando finimmo il turno in studio, chiesi a Sante Palumbo «Maestro
ha fatto una cosa meravigliosa cosa le devo per il suo contributo» e lui mi
rispose «Guarda, non voglio niente, perché erano anni che non sentivo un pezzo
così bello ed è stata per me una grande soddisfazione suonare per questa
canzone» ed allora ricevere un complimento così da uno così, per me è stata
l’emozione più appagante in assoluto di tutta la realizzazione del disco. Tra i pezzi forti c’è poi senza dubbio La grande pentola, me ne parli. E’ una meraviglia, a me fa
impazzire, mi piace molto, anche qui c’è un grande lavoro dal punto di vista
armonico, il bello è che qui il brano è invece molto autobiografico, perché è
la storia della mia esperienza nelle carceri, perché ho lavorato quattro anni
al Bassone ed in un’altra struttura prima, con i detenuti in regime di Alta
Sicurezza, con loro ho fatto un percorso musicale bellissimo, ho fatto
registrare loro due dischi con pezzi composti da loro insieme con me ovviamente.
Abbiamo fatto questo percorso e lì ho avuto modo di parlare approfonditamente
con loro e capire tante cose, perché alla fine tutti possono avere un criterio
di giudizio sul carcere partendo dal presupposto che lì sono tutti delinquenti,
che sono tutti gentaglia, ma poi ci sono tante realtà che non si conoscono e comunque
di fondo, per tutti, c’è questo discorso della solitudine, lì sei un uomo
comunque solo e la tua vita è una lotta con te stesso e la tua solitudine, con
i tuoi rimorsi, con la tua coscienza. Ed invece Biciclette &
miracoli? Beh quella è bellissima perché io
sono un ciclista. Tu lì hai sottolineato soprattutto l’aspetto della fatica dicendo “La
salita la fatica”, penso che ci sia un po’ la metafora della vita, soprattutto
in questo mondo attuale in cui sembra che tutto sia invece raggiungibile senza
fatica, in cui il successo sembra che te lo trovi servito su un piatto
d’argento ed invece non è così. Assolutamente si, mi ricordo che
io giocavo da bambino sulle spiagge dell’Adriatico e facevo delle piste per le
biglie che avevano i volti dei ciclisti immortalati come Gimondi, Merckx ed
allora ho immaginato questo ragazzino che si allena da solo per i vicoli, con
le braghette corte, con le scarpe da tennis consumate dal tanto pedalare,
quindi anche qui lo sguardo è sempre un po’ malinconico verso il passato, verso
questi momenti bellissimi che credo appartengono un po’ a tutti. Invece con la canzone successiva Tesa
sul deserto hai affrontato un altro tema importante che è quello della
guerra, in particolare quella del Medio Oriente, però in fondo tratta di ogni guerra. Si, esattamente, lì c’è
un’accezione che riguarda proprio quella regione lì, perché guarda al deserto
ed alla guerra infinita tra Israele e Palestina, c’è infatti, quel riferimento «Per
tre volte ho chiesto trenta volte ho detto / Che trecento scuse non pagavano /
Quei tremila morti in trentamila giorni» che, se guardi la storia e parti dalla
guerra dei cinque giorni del ’67 ad arrivare ad oggi non saranno proprio
trentamila giorni, però ci stava bene usare «trentamila giorni», perché ci
stava bene con tutto il resto, ad una logica che porta a lì, ad una faida
infinita dove la religione ha un senso davvero relativo. C’è poi un riferimento
ai multipli di tre, un numero sacro per gli ebrei, ma ripeto sono guerre combattute
sotto la bandiera della guerra santa, ma non è così, perché le guerre da sempre
si fanno solo per i soldi e per gli interessi economici. Ecco allora che ci si
mette addosso la bandiera della guerra di religione, dell’odio razziale, ma le
guerre si fanno solo per il motivo che ti dicevo, ci sono i concetti di
multistrage, tutto è mediatico, c’è internet poi però alla fine, a soffrire e
ad essere vittime di questi interessi sono sempre le fasce più deboli, questo grazie
a gente che ti vende e ti propina con la forza delle armi false speranze di
libertà, che alla fine si rivelano non concrete. Adesso questo disco come pensi di promuoverlo, so che l’hai appena
presentato al Blue Note a Milano dove hai riscosso notevole successo. Hai detto bene, è stata una
grande serata, adesso sto organizzando un concerto per il 28 novembre nel mio centro polifunzionale Nerolido Music Factory
a Como, per fare una cosa per i comaschi perché ce ne sono tanti
che non sono potuti venire al Blue Note e poi, con questa etichetta con cui sto
concludendo, dovremmo fare un piccolo tour di dieci date, si svolgerà a
dicembre-gennaio o gennaio-febbraio, comunque toccheremo le città più
importanti: Milano, Firenze, Bologna, Roma, Venezia, ecc. I concerti saranno in locali come
il Blue Note, attrezzati a questo genere di proposta, ci sarà spazio sui
giornali, interviste in radio, certo non cercherò i soliti locali abituati a
far suonare le cover-band, perché non sono mai stato attratto da quel genere di
discorso. Poi con l’arrivo dell’estate
vedremo come muoverci, le radio per ora trasmettono le canzoni, la stampa è
interessata, l’etichetta sta facendo un ottimo lavoro, è tutto un lavoro di
costruzione e di pazienza.Una vita per la musica
Riccardo Busana, in arte Nerolidio, ha dedicato la sua vita alla
musica: suona dall’età di 7 anni, si è diplomato come perito edile, poi però la
musica l’ha portato a creare una scuola musicale davvero importante nella sua
Como, è un curatore di eventi straordinario, quindi con una vita veramente
intensa. Però, ad un certo punto, ha voluto prendersi sei mesi di tempo ed ha
così messo nero su bianco le proprie impressioni su questo mondo che corre ad
una velocità assurda, in cui tutto muta senza darci tregua; ne è nato così un
gran disco, “Mutamenti”, il disco della piena maturità artistica ed umana.
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