Da Modugno a X Factor, un titolo eloquente e impegnativo. Mezzo secolo di musica italiana, ovvero mezzo secolo di costumi, idee e sogni che sono stati amplificati e passati attraverso la musica. Dallo scalpore per la sensualità delle braccia aperte di Domenico Modugno al Festival di Sanremo del 1958, fino ad arrivare ad oggi, dove la musica è veicolata da ben altre porzioni corporee.

Raccontare il percorso della popular music in Italia in 161 pagine e farlo bene come hanno fatto i due sociologi Edoardo Tabasso e Marco Bracci, non è facile.

L'agilità è una delle doti di questo libro, grazie alla quale possiamo avere a disposizione tutti gli strumenti per incuriosirci e studiare percorsi personali di conoscenza. Grandi tappe affrontate con suggestione, dai juke box e i 45 giri dal sapore di benessere anni '60, all'arrivo dei Beatles e dei Rolling Stones, il fenomeno beat e i capelli lunghi degli anni '70 e il modo tutto italiano di interpretare la lezione britannica del progressive.

La tradizione italica finalmente arretrava di fronte all'ondata di questo rock che profumava di libertà, ma doveva scontarne il provincialismo e l'assenza di un'organizzazione manageriale; l'esperienza unica della PFM negli USA come esempio di una scuola di musica diversa e aggregante. Diverso è stato per il bel canto: furono i cantautori a dare la svolta, impegnati e capaci di tradurre e dare voce alle reali esigenze e ai possibili sogni. Altra svolta che segna l'epoca è il 1980, il divorzio tra Battisti e Mogol; interessante è notare come Lucio Battisti sia stata la prima popstar capace di ricevere i consensi di tutti, dalle mamme ai fricchettoni (che mai lo avrebbero detto in pubblico... ) e ad essere protagonista del mezzo video.

Una lunga e affascinante storia che prosegue con la disco music, la TV, MTV e il suo nuovo approccio sul versante della comunicazione; musica è anche tecnologia, consumi e abitudini e mai come ora diviene evidentissimo il nesso.

I nostri autori sottolineano, inoltre, come ogni generazione abbia sentito il bisogno di prendere possesso della musica per segnare la propria presenza. Non troveremo giudizi morali o di gusto, ma la storia di un divenire; gustosa è la chiusura con vent'anni di classifiche dal 1990 al 2009 per rinfrescarci la memoria.

Unico monito o consiglio in questa epoca di musica liquida e invadente lo troviamo in chiusura: non escludere dalla comunicazione chi produce la musica, chi l'acquista e chi l'ascolta è l'unico modo per non «vanificare tutti gli sforzi fatti negli ultimi cinquant'anni di storia di popular music». Consigliato anche per la buona bibliografia.