Federico Fiumani
Per giustificare l’uscita di
questo Diaframma Track by Track che
raccoglie tutti i testi, con relative note, che Federico Fiumani ha scritto per i diciotto dischi pubblicati a nome
Diaframma fino ad oggi (prima come gruppo vero e proprio, poi come sorta di
eteronimo dello stesso cantante fiorentino) basterebbe citare alcuni dei versi
in esso contenuti. Versi non necessariamente belli – anzi: in questa raccolta
ci sono anche parole (e canzoni) brutte – ma sicuramente propri dell’uomo Fiumani, parole in grado di raccontarne alla
perfezione lo spirito, come era già successo per la biografia “Brindando coi
demoni” (vedi recensione) che l’anno scorso ha preceduto questa ultima
pubblicazione del nostro per Coniglio Editore. Ma a parte ciò i testi di
Federico Fiumani meritano un “sigillo” librario perché meritano allo stesso
modo un posto (importante) nella storia del songwriting di casa nostra.
Chi è stato tra i primi a porre
sé stesso, in prima persona senza tanti giri di parole, davanti alle canzoni a costo di risultare didascalico,
pornografico, addirittura osceno? Fiumani. Chi è stato tra i primi a piallare
gli aulicismi e le sublimazioni letterarie di certo cantautorato di casa nostra
a favore di un linguaggio diretto, spesso semplice al limite del banale e anche
oltre, che alza il registro solo in certi momenti e in modo del tutto
volontario? Fiumani. Chi ha saputo raccogliere, seppur in modo personale e con
tante cadute di stile, l’eredità di un altro autore “piano” di canzoni come
Mogol senza pagarne lo scotto più del dovuto? Fiumani («Oggi useremo soltanto /
benzina che sia priva di piombo / sarà bello vederci i suoi occhi / nel fondo
delle cose e del viaggio»).
Federico Fiumani ha scritto versi
come «In questo mattino che recide le vene impazzite / io trovo linee che ho
perduto / e ritrovo parole che credevo gettate sull’acqua / ma sono state loro
a trovare me» (Ultimo Boulevard, da “Siberia”, 1984), ma anche come «Agosto,
voglio chiudermi in casa con duemila giornali porno / sono tante e tali le
posizioni che non conosco!» (Agosto,
da “Scenari immaginari”, 1998), ed entrambi hanno dentro la stessa urgenza e
forza comunicativa che hanno reso il loro autore uno dei songwriter italiani
più di culto (proprio anche nel senso devozionale e religioso del termine) tra
gli appassionati di musica.
I Baustelle e Le Luci della
Centrale Elettrica non esisterebbero se Federico Fiumani non avesse scritto
quello che ha scritto e loro come tanti altri lo sanno, tanto che qualche mese
fa l’hanno omaggiato in una raccolta di riletture dal repertorio dei Diaframma
(“Il dono”). D’altra parte di scrittori di canzoni come lui, così vero e
ostinato – con la parola outsider marchiata a fuoco sulla pelle e sullo
(scarso) conto in banca – non ne nascono tanti. E Federico Fiumani lo sa bene,
vedasi il retrocopertina di questo libro che chi ama la canzone d’autore
italiana deve avere: «Io vorrei che la gente venisse a vedermi ai concerti con
lo stesso spirito con il quale va a vedere allo zoo certi animali in via
d’estinzione».