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Alessandro Arianti, Silvia Viglietti

Guarda che non sono io

Guarda che non sono io non è solo una canzone di Francesco De Gregori tratta dall’album Sulla strada del 2012. 
Guarda che non sono io è ora anche il titolo di un gran bel libro uscito il 3 settembre scorso, il primo volume fotografico di e su Francesco De Gregori, curato con passione da Silvia Viglietti e Alessandro Arianti, due che evidentemente il Principe dei cantautori lo conoscono bene  e sanno quanta ritrosia e pudore egli abbia a mostrare di sé la faccia privata. 
Guarda che non sono io è un avvertimento, un monito: se credi di conoscermi da quel che vedi e senti, sappi che ti sbagli di grosso – sembra dirci con un filo d’ironia De Gregori -  anzi, non hai capito proprio nulla (ma siamo sicuri che ci sia davvero sempre qualcosa “da capire”?) e quello che hai davanti  non sono io. O meglio, non sono io, ma sono ciò che ora, con queste immagini, ho deciso finalmente di raccontarti.

“Guarda che non sono io la mia fotografia che non vale niente e che ti porti via” è lo scherno gentile, la sottile presa in giro nei confronti di quelli che “vengono ai concerti, si fanno la fotina e se la portano a casa”. Probabilmente una sorta di autodifesa o di presa di distanza, assolutamente legittima e voluta, dell’uomo nei confronti del personaggio pubblico. 
Del resto non è una novità che De Gregori non ami essere fotografato, intervistato, o presenziare in televisione. Davanti a un microfono, se non deve cantare, appare ancora leggermente a disagio, a volte persino quasi imbarazzato. Su di lui mai un gossip, una storia da copertina, una foto compromettente, un “falso movimento” (tanto per citare un’altra delle sue canzoni più recenti) che possa essere stato immortalato a dar adito a pettegolezzi.
E allora perché, oggi, questo libro? Forse aver condiviso il palco per più di cento concerti, fra il 2010 e la fine del 2011, con un personaggio geniale e istrionico quale Lucio Dalla, amante curioso di fotografia, di cinema, di teatro e delle arti visive in generale, può aver contribuito ad ammorbidire il lato sfuggente di Francesco De Gregori, permettendogli di concedersi più benevolmente alla macchina fotografica (anche a quella dei fans, a volte).

Oppure può essere insorta nel Principe l’esigenza di raccontare al suo pubblico anche la parte meno nota del suo essere musicista, per completare un percorso fin troppo rigoroso e impeccabile, e riducendo le distanze tra sé e chi fruisce del suo lavoro.
Oppure entrambe le cose. Così, quello che si rivela in queste pagine, è un De Gregori per molti aspetti inedito, ma che mai si discosta del tutto dal suo essere musicista e uomo di scena.

La bella foto di copertina, un ritratto in bianco e nero freddo e dettagliato, è di Daniele Barraco, in cui l’ombra del cappello sul volto, oscurando lo sguardo, lega molto bene con il titolo nel gioco del “sono o non sono” quello che si vede. 
Le immagini presenti nel libro sono tutte molto belle, alcune davvero splendide, mai banali, e provengono dall’archivio personale dello stesso De Gregori. Molti sono i fotografi che hanno realizzato le immagini, impossibile qui citarli tutti senza inevitabilmente far torto a qualcuno.

Ci sono le foto degli inizi, di lui senza la barba ( un “ragazzo” quasi irriconoscibile), le prime sale d’incisione, i viaggi in America, le trasferte in treno con la band, immagini inedite tratte dal backstage dei videoclip ufficiali. Ci sono foto in tour, sul palco nel corso degli anni con i musicisti di allora. Ci sono gli incontri importanti, con i colleghi e i produttori. Ci sono Ivano Fossati, Vasco Rossi, Ligabue, Giovanna Marini, Ennio Melis, Vincenzo Mancuso, il fratello Luigi Grechi e naturalmente Lucio Dalla (da Banana Republic a Work in progress). Non sono immagini in posa, nessuna è mai scontata o didascalica. Nella foto con Vasco Rossi, ad esempio, non si vedono in faccia né Francesco né Vasco…!

E poi c’è tutta una serie di cappelli, che hanno caratterizzato il look di un artista coerente in tutte le proprie scelte, a scandire il tempo e le mode attraverso quattro decenni e oltre di storia della musica italiana: “ Una storia – ancora in movimento – cominciata più di quarant’anni fa” come scrive lo stesso De Gregori sulla quarta di copertina.
Impossibile fare una sorta di classifica, individuare la foto “più bella”: ognuno di noi lettori potrà scoprire un lato sconosciuto del personaggio, affezionarsi ad una o all’altra immagine, a quella che più somiglia all’idea che, attraverso le parole di canzoni che hanno accompagnato ed emozionato i nostri giorni, ci siamo fatti del suo autore.

Oltre alla corposa sezione fotografica di cui abbiamo detto, il libro si compone di una parte in cui sono raccolti gli scritti di De Gregori a proposito dell’intera sua produzione discografica (aneddoti e curiosità sulla nascita delle sue canzoni, soprattutto le meno famose, sono sicuramente merce preziosa per gli appassionati) e di una terza parte in cui trovano spazio due lunghe interviste: la prima a Guido Guglielminetti, il “mitico Capobanda”, intervistato da Gabriele Ferraris e l’altra di Steve Della Casa, conduttore di Rai Radio3, allo stesso De Gregori.
Infine vi sono  riportati alcuni testi di canzoni scritti a macchina e poi corretti a penna dall’autore (ad esempio Vai in Africa Celestino, riportata con tutte le possibili varianti dei suoi “pezzi”) ed appunti scritti di suo pugno, come il foglio di lavorazione del nuovo disco in uscita a novembre, Vivavoce, un doppio album che raccoglierà 28 canzoni (alcune molto famose, altre meno note al grande pubblico) completamente riarrangiate, risuonate e ricantate.

Ne sentiremo ancora delle belle, quindi, ma da questo momento possiamo soffermarci anche piacevolmente a guardare. 

 

(Le prime due immagini sono tratte dal libro. L'ultima è di Valeria Bissacco)

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In dettaglio

  • Artista: Alessandro Arianti, Silvia Viglietti
  • Editore: Svpress
  • Pagine: 235
  • Anno: 2014
  • Prezzo: 29.50 €