Nada
Nada in questo suo primo romanzo scava nel passato della sua
famiglia alla ricerca delle proprie radici e, in questo cammino, presenta al
lettore persone (più che personaggi) sospese in un passato più o meno remoto.
La bellissima e sofferente madre
Viviana, dalla salute (mentale e fisica) fragile e dal temperamento instabile,
ma, per certi aspetti, determinata e affascinante, Miria, la sorella maggiore,
il dolce padre Gino, capace di dare serenità, il premuroso nonno Enrico, uomo
di grande sentimento e l'indimenticabile nonna Mora: tutte queste figure (e
molte altre) fanno parte della vita di una bambina – con i capelli rossi e il
nome di una zingara – dal cuore delicato (in tutti i sensi) e dall'intelligenza
acuta, servita da una (iper)sensibilità difficile da riscontrare. Si scopre
così, fra pagine che scorrono veloci, la quotidianità di un paese, Gabbro,
situato sulle colline vicino a Livorno, lontano dai grandi cambiamenti degli
anni cinquanta e sessanta, dove la vita è scandita dal lavoro e dalle difficoltà
e da piccole epifanie che mantengono viva la speranza in una realtà fatta di
dolori veri.
In questo libro Nada si mette
ancora una volta a nudo come le è spesso capitato nelle canzoni, soprattutto
negli ultimi anni. E narra con maestria la sua storia sino a pochi mesi prima
del grande debutto che la vedrà protagonista, quindicenne, del Festival di
Sanremo, manifestando, dove possibile, il punto di vista della fanciulla
rinchiusa in dolori più grandi di lei, costretta ogni giorno a fare i conti con
l'assenza di conforti, ma non per questo incapace di vivere e di cogliere ogni
sfumatura dei sentimenti perché graziata da quello sguardo sulle cose acuto e
profondo che la porterà a sofferenze e consapevolezze. Sarà la voce e il
carisma che rivelerà sui palchi (pur non desiderandoli) a portarla forzatamente
lontano, con un distacco doloroso che non la libererà però dai suoi vuoti.
Una scrittura poetica e coinvolgente, ma sincera, in cui ritrovare
quella nostalgia per un passato non necessariamente felice, ma autentico e
affascinate, alimentato dai ricordi, in cui al fato viene riconosciuto un ruolo
e non una casualità ed in cui è il cuore dolente – il cuore umano – ad essere
il vero protagonista in grado di sentire, soffrire, amare e vivere.