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Paolo Jachia - Fabio Barbero

Il Sacro nella canzone italiana

Non è facile parlare del Sacro oggi, da qualsivoglia lato lo si voglia affrontare. Viviamo in un tempo e in una società che sempre più si allontana dal concetto stesso di sacralità, visto non tanto e non solo come “religioso” quanto come il confine tra ciò che è umano e quello che non lo è, tra ciò che dà sacralità all’uomo e chi lo considera un mero strumento utilitaristico. Il libro di Paolo Jachia (scritto con Fabio Barbero che ne condivide il progetto e che firma alcuni capitoli) non cerca però una definizione di Sacro in chiave teorica ma vuole, come scrivono gli autori nell’Introduzione, “solo mostrare ciò che è Sacro - ovvero ciò che è specificamente umano - per alcuni artisti contemporanei che si sono espressi attraverso quel tipo di comunicazione particolare che è la canzone”. Perché non solo la canzone può essere Arte (e questo è un concetto per noi fondamentale e infatti lo scriviamo con la maiuscola), ma talvolta può indicare un “qualcosa” che riempie e segna le nostre vite e che però non sappiamo pienamente dire. Potremmo così arrivare a scoprire (come suggerisce monsignor Antonio Staglianò nella Prefazione) che la cosiddetta musica leggera è (forse) la nuova “musica sacra d’oggi” e che la battaglia contro l’inumano (e i suoi complici) non è per nulla persa.

 

Entriamo, però nello specifico del libro e sciogliamo un primo piccolo enigma celato nel sottotitolo. Perché da Aqaba a Tozeur? Aqaba e Tozeur sono due riferimenti geografico-esistenziali riconducibili a due tra i nostri più grandi artisti di canzone, Fabrizio De André e a Franco Battiato, posti quasi come numi tutelari a 15 riletture di capolavori della canzone italiana, da Smisurata preghiera (dove appare la misteriosa Aqaba) a Pensieri e parole di Mogol-Battisti (“Tu sola sai se è vero o no / che credo in Dio”), da Caruso di Lucio Dalla (“potenza della lirica”) a Fisiognomica di Battiato (e nel capitolo a lui dedicato sono ricordati anche i fascinosi Treni di Tozeur: “E per un istante ritorna la voglia di vivere a un'altra velocità”, in altre parole è il Sacro che appare così e impone - come bene spiega Jachia – “un’altra velocità” e una diversa dimensione di vita).

Dunque De André e Battiato ma poi - oltre i già ricordati Mogol-Battisti e Lucio Dalla - anche (in un ordine assolutamente casuale, né alfabetico, né cronologico) Gaber e Luporini, Guccini, De Gregori, Fossati, Mannoia e Amara, Vecchioni, Van De Sfroos, Zucchero, Baglioni, Baustelle, Alice. Naturalmente i nomi potevano essere altri e pure poteva essere diversa la sequenza ma comunque i capitoli sono densi e ben articolati e danno anche un ritratto preciso, attraverso l’analisi dei testi delle canzoni, di quello che è la poetica e il modo di fare canzoni proprio degli artisti ora elencati. Così siamo rimasti colpiti da alcune ‘scoperte’ fatte dagli autori in queste pagine. La prima riguarda Mogol-Battisti. La già citata “Tu sola sai se è vero o no / che credo in Dio” non è solo una rima facile ma è stato anche l’inizio di un percorso che ha portato Mogol (Giulio Rapetti) a un dialogo più stretto con la fede. La seconda riguarda (il capitolo è scritto da Fabio Barbero) il ruolo che Sandro Luporini ha avuto nella composizione di quello che è bene definire “Il Teatro Canzone di Gaber e Luporini” e di cui viene analizzata in particolare una canzone stupenda come L’illogica allegria.

 

Qui, dopo aver ricordato che “lo so, lo so, del mondo e anche del resto, / lo so che tutto va in rovina”, si afferma che per credere ancora “può bastare un niente, forse un piccolo bagliore / un’aria già vissuta, un paesaggio o che ne so”. Ovvero, come spiega Luporini nel libro ‘G. Vi racconto Gaber’, “ci sono dei momenti in cui il tempo sembra fermarsi e da dietro l’apparenza delle immagini più abituali ecco spuntare uno strano lampo che d’un tratto illumina l’esistenza. L’illogica allegria è il tentativo di raccontare questa strana metafisica del quotidiano”. Ed ecco allora che il Sacro può anche essere questa semplicissima, e strana, ‘metafisica del quotidiano’. Ma per ognuno dei 15 autori presentati c’è un Sacro da scoprire, originale e irripetibile, ed è questo che vogliono mostraci gli autori in questo libro davvero suggestivo e interessante.

Presentato così, in estrema sintesi, il libro, ora poche parole sugli autori.

Paolo Jachia (1958) insegna Semiotica e storia della canzone italiana all’Università di Pavia e ha pubblicato, oltre a ‘La canzone d’autore italiana 1958-1997’ (Feltrinelli, 1998), molti volumi dedicati ai principali cantautori italiani (De Gregori, Vecchioni, Van De Sfroos, Fossati, Baustelle, Baglioni, Dalla…) , il più recente è: ‘Battiato. Voglio vederti danzare Gli album e le canzoni’.

Fabio Barbero (1965), dopo un’esperienza di vita monastica durata più di vent’anni, insegna oggi italiano in Francia nelle scuole superiori. Ha conseguito, nel 2021, all’Università della Sorbona di Parigi un dottorato in “Letteratura italiana contemporanea” e ha pubblicato, per Arcana Edizioni, ‘Giorgio Gaber, Sandro Luporini e la generazione del 68’ e poi ‘Giorgio Gaber, Sandro Luporini e gli anni Ottanta’.

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In dettaglio

  • Artista: Paolo Jachia - Fabio Barbero
  • Editore: Àncora Editrice
  • Pagine: 192
  • Anno: 2024
  • Prezzo: 17.00 €