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Davide Van De Sfroos

Ladri di foglie

Se quando sei un bambino ed il Piccolo Principe bussa alla tua porta e tu hai l’ardire di aprirgli, la tua vita è segnata perché il sorriso che ne riceverai ti rimarrà incollato nel cuore. Per sempre. E questo condizionerà la tua fantasia, la tua visione del mondo, della natura, delle persone, del visibile e, soprattutto, dell’invisibile.
Non ne ho le prove, ma avendo seguito dagli inizi la carriera artistica di Davide Van De Sfroos, sempre più ho il sospetto che quell’incontro sia avvenuto. Le parole distribuite nelle sue canzoni sono un miracolo di equilibrio tra “ciò che sta fuori e ciò che vive dentro di noi” e forse la cantata in dialetto laghèe è servita a depistare critici ed ascoltatori attenti solo alle melodie, al ritmo, all’armonia delle canzoni. Ma leggendo con attenzione la sua ultima proposta letteraria, ‘Ladri di foglie’ non si può sottrarre ad un abbraccio di incredibile potenza evocativa, dove le parole sono stillate, una ad una, a costruire una corona da porre sulla testa della Regina della Fantasia. Dove ogni racconto rappresenta una sorta di perla da unire, nei sedici passaggi del libro, quasi a formare un percorso, un segnale, una indicazione che porta lo sguardo in un altrove lontano, onirico, inarrivabile, divino (forse non a caso l’ultimo racconto del libro ha come titolo “Il prete”).

Un libro che si apre con una domanda (“Chi può rubare il vento?”) e termina con una esortazione a cercare il sorriso (“Quel sorriso per cui tutti preghiamo”). Sedici racconti che rappresentano quadri di vita, ma pure in quelli maggiormente legati alla fantasia ci si trova avvinti in una dimensione terribilmente vicina a qualche brandello di vita vissuta da noi stessi, da chi ci circonda, da un amico, un’amata, un figlio.
Se dessimo la parola al Genesio ci direbbe che questi racconti rappresentano “tatuaggi invisibili” disegnati nella nostra anima… Sono come specchi nei quali è possibile immergersi, lasciandoci ‘vorticare’ dalle parole che esplodono nella mente mentre le si leggono e fuggono lontane, quasi a nascondersi perché se diventasse chiaro quello che raccontano potrebbero farci male. Si tratta di racconti che fanno sorridere, che colpiscono duro, che fanno pensare, che fanno venire i brividi.

Sedici episodi in cui una figura sciamanica indica, esorta, ammonisce, conforta, insegna, sorride, soffre. Racconti della vita che è trascorsa, che scorre, che ci precede nei pensieri e nei desideri. Si tratta di racconti da maneggiare con cura, attenzione, rispetto e prudenza perché laddove si racconta del mistero della vita la prudenza è sempre necessaria perché tutto ciò che è vita è rappresentazione del sacro e del mistero. Ambiti, questi, ai quali ci possiamo e dobbiamo affacciare con le dovute maniere, con il rispetto dovuto a tutto ciò che ci sovrasta e da cui dobbiamo imparare per comprendere nella maniera migliore qual è il sentiero della vita che è opportuno percorrere. ‘Ladri di foglie’ è un libro che interroga e commuove; è un libro che non lascia tranquilli, che richiede attenzione nella lettura; che va letto d’uni fiato e va riletto dopo avere ascoltato qualche brano del canzoniere di Davide Van De Sfroos (Akuaduulza e Lo sciamano, in particolare…). ‘Ladri di foglie’ è come un vecchio albero che ti aspetta da quando eri bambino, è come quel fontanile nel quale facevi il bagno d’estate, è come la neve che cadeva dal cielo e che cercavi di catturare con la bocca aperta, è come la pioggia che ti inzuppava la testa, i vestiti ma ti rendeva felice, è come il vento che, come insegna San Giovanni Evangelista Il vento soffia dove vuole e ne odi il suono, ma non sai da dove viene né dove va”. Il mio sospetto, alla fine del libro, è che Davide Bernasconi abbia avuto la possibilità di risolvere questo mistero e che ne abbia parlato al suo migliore amico, Van De Sfroos…

Foto tratte dai canali social ufficiali


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In dettaglio

  • Artista: Davide Van De Sfroos
  • Editore: La nave di Teseo
  • Pagine: 125
  • Anno: 2018
  • Prezzo: 16.00 €