Max Pezzali
Quattro compagni di liceo, dopo
la maturità, decidono di intraprendere un viaggio a Londra, il primo da soli, in
occasione di un concerto di Joe Strummer. Andrea, Marco, Gianluca e Adamo sono quattro
diciottenni, molto diversi tra loro ma accomunati dal loro essere lontani dagli
stereotipi dei loro compagni, quindi in un certo modo emarginati. Partono con
la Mini di uno di loro, dandosi appuntamento davanti alla scuola e confidando
nei pochi mezzi a disposizione. Il viaggio è ricco di esperienze e di incontri,
occasioni per avvicinare i quattro tra loro molto più di un anno sui banchi di
scuola, e dovrebbe simbolicamente segnare il loro passaggio dall’adolescenza
alla vita adulta, come ci si potrebbe aspettare. Si dorme dove capita, ci si
arrangia, ma durante tutto il percorso si avverte la sensazione che qualcosa
dovrà accadere. E qualcosa accade, in verità, ma segnerà molto più di un
passaggio: un segreto che legherà i ragazzi per la vita, e che li porterà ad
intraprendere lo stesso viaggio vent’anni dopo. Vent’anni che trascorrono
costruendo ognuno la propria vita tra successi ed insuccessi, senza particolari
contatti tra loro se non, appunto, un tragico vincolo che li lega e del quale
nel frattempo non hanno più parlato. I ragazzi sono diventati adulti, ognuno con
una propria storia familiare, sono cambiate le esigenze, muoversi in auto
sarebbe ormai improponibile e si opta per l’aereo, si dorme in hotel, una
stanza a testa... e ti viene da chiedere se si tratta davvero delle stesse
persone di allora, ormai quasi estranei se non ci fosse quel segreto segnato
nelle loro coscienze oltre che sulla loro pelle, per via di un vecchio
tatuaggio fatto ad Amsterdam durante una tappa di quel viaggio: quattro assi,
una carta diversa per ognuno di loro e l’esigenza di ricomporre in qualche modo
questo poker per chiudere simbolicamente un cerchio.
Per prendersi una vita è il primo romanzo di Max Pezzali, che siamo abituati a conoscere in un'altra veste, ed è
una piacevole sorpresa. Un romanzo di formazione, definiamolo tranquillamente
così: una storia a tratti cruda, un’esperienza che, per quanto inventata
(inventata quanto? Anche qui la domanda sorge spontanea), è talmente ricca di
sensibilità e di passione che sembra quasi di condividerla mentre si legge. Un
unico difetto: finisce troppo presto. Ma non aspettiamoci un seguito, è giusto
che la storia finisca così. Piuttosto,
aspettiamo magari un altro romanzo.