Club Tenco
Ideale pendant al doppio CD
“Bardòci” (vedi recensione) e a tutta la generosa costola bardottiana dell’ultimo
Premio Tenco, Se tutti fossero uguali a
te è in primis una preziosa antologia di testi di canzoni, preceduta da un
breve prologo firmato da Ornella Vanoni,
un’introduzione di Enrico De Angelis,
un più corposo saggio sul Bardotti
traduttore a firma di Sergio Secondiano
Sacchi e una doppia intervista di Nini
Giacomelli (che di Bardotti fu assidua collaboratrice) a Francesca e
Massimo Bardotti, madre e fratello di Sergio. Se il testo di Sacchi è quanto
mai utile per penetrare l’universo bardottiano, in cui traduzione e scrittura
ex-novo si attorcigliavano volentieri, sono le due interviste a dirci molto
sull’uomo-Bardotti, sulla totalità del suo vivere con e per l’arte della
scrittura in musica. Due momenti, particolarmente toccanti (fuor di retorica,
per carità), ci piace qui ricordare: dove la madre rievoca il momento in cui,
quell’11 aprile 2007, senza alcuna avvisaglia ha trovato il figlio privo di
vita (“passando ha detto: ‘Vado di là a prendermi un dvd’. Io, non so per quale
motivo, dopo cinque minuti mi dico ‘Chissà che dvd ha preso’. Ho aperto la
porta, ho visto che c’era accesa la luce sia in cucina che in camera da letto.
Stavo per chiudere e mi dico ‘No, vado a vedere’. Me lo sono trovato per terra”;
p. 26) e dove il fratello ricorda il modo in cui Sergio, partito come addetto
letterario della RCA, divenne paroliere: era con Ungaretti, uno dei poeti che
aveva convinto a incidere i propri versi, ad attendere il proprio turno in sala
di registrazione, ma c’era un problema, un testo italiano che Antonio Prieto
non riusciva proprio a cantare, così lui l’ha riscritto, e Prieto, stavolta, ce
l’ha fatta (pp. 33/34). Ed ecco nascere così il Bardotti traduttore e
paroliere, quello che un centinaio abbondante delle pagine del libro ci
tramandano, diviso per sezioni (le canzoni con e/o per Endrigo, Dalla, Vanoni,
Chico Buarque, de Moraes, i francesi, ecc.).
Il cd allegato al libro – quattordici
pezzi brevi, mezz’oretta scarsa – recupera due dei quattro brani incisi quando,
nel ‘62, il Nostro, come Sergio Dotti e palesando vaghe inflessioni bindiane, tentò
l’improbabile carriera di cantautore, e poi una serie di autentiche chicche:
dal Tenco, dal festival in Val Camonica di cui fu una delle anime, da un
musical con Dalla e Buarque mai andato in scena, ecc. Insomma: qualcosa che si
avvicina molto a uno scherzo ottimamente riuscito. Che Sergio avrebbe
certamente gradito, forse persino sottoscritto…