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Vasco Rossi

Vasco, il Male. Il trionfo della logica dell'identico

Gran brutta storia essere un Mito. Bloccati in un eterno non divenire. Immutabili. E, soprattutto, intoccabili, non giudicabili. E ancor più brutto affare essere fan di un Mito. Rifiutare a priori – con sdegno – qualsiasi tentativo di critica perché... “Tizio è Tizio. E non si discute. Si ama”.

Ora, se c'è un artista, nel panorama musicale italiano degli ultimi vent'anni, che è saputo assurgere a vero e proprio Mito, quello è Vasco Rossi. Basterebbe vedere il numero di cover band. O i vari Fan Club a lui dedicati sparsi per la penisola. Tutti, o quasi, tassativamente acritici perché... “Vasco è Vasco. E non si discute. Si ama”. Non sorprende di certo, quindi, che non abbiano accolto proprio benissimo il libro del duo Alfieri-Talanca, Vasco il Male. Il trionfo della logica dell'identico (edizioni Mimesis). Come – pare – non l'abbia accolto benissimo lo stesso Vasco. Certo, c'è il sospetto che il libro non sia stato neppure preso in mano e sfogliato. Perché alla fine – almeno per quanto concerne la parte di Talanca – il libro è anche un piccolo atto di stima nei confronti di Vasco Rossi. Del primo Vasco Rossi, quanto meno.

Ma procediamo con ordine. Cosa avrebbe combinato il Blasco nazionale per essere additato addirittura come il Male (con la M maiuscola!). Occorre dire che Alfieri e Talanca giungono a tale definizione per vie molto diverse. Paolo Talanca, infatti, analizza - nella prima parte del libro - Vasco Rossi da un punto di vista strettamente musicale, individuando almeno due fasi della sua produzione. Uno degli aspetti fondamentali del Pop è la riconoscibilità, l'artista per essere appunto riconosciuto ha bisogno di un'icona, un immagine fissa. Il Vasco degli anni Ottanta è stato abilissimo a crearsi un'icona mai vista prima nel rock italiano. Ribaltando a suo favore la sprezzante definizione di Nantas Salvalaggio («un bell’ ebete, anzi un ebete piuttosto bruttino, malfermo sulle gambe, con gli occhiali fumè dello zombie, dell’alcolizzato, del drogato “fatto”»), con Bollicine e con Cosa succede in città Vasco si presenta come il rockettaro che sulla sua pelle vive la condizione di drogato. Non c'è iato tra vita e canzone in lui. Ma ciò che più conta è l'icona... la riconoscibilità. Nei successivi album Vasco migliora il suo modo di scrivere. Ora a predominare è l'icona della disillusione. Ma, appunto, è un'icona che ha un linguaggio molto più complesso e ricco, fatto non più solo di slogan o claim pubblicitari. Con Gli spari sopra Vasco raggiunge il suo picco creativo, sempre secondo Talanca, in particolare con la canzone Stupendo a cui egli dedica un intero capitolo. La fase discendente della sua carriera inizia subito dopo con Nessun pericolo per te. Una discesa che diventa inarrestabile negli anni Duemila. Ma che c'entra, si chiederanno a questo punto i nostri lettori, una discesa artistica, una carenza di stimoli o di creatività con il Male (sempre con la M maiuscola!)? Il punto è che Vasco, prima timidamente e poi con sempre maggiore decisione, incomincia a riutilizzare materiale artistico già acquisito e ripetuto. Non sa inventarsi una nuova icona, ma si serve sempre della stessa. Gli album si riempiono di brani inutili con messaggi studiati appositamente per il coro da stadio o per la discoteca. Come un guscio vuoto di parole ritmate e vocali urlate a tempo Vasco ripropone fino a sfinimento l'icona del tipo: “Io sono Vasco Rossi e ne faccio cantare 100mila insieme”. Talanca definisce questa una canzone a una dimensione. Una riproposizione in continuazione di ciò che funziona in una staticità infallibile e monolinguistica che è ben altra cosa rispetto alla bidimensionalità della vita, all'humus vitale della dialettica. Ecco, per Talanca, il Male: Vasco con questa icona immutabile ha contribuito a creare una unidimensionalità acritica del pensiero.

Diverso (e forse più discutibile) è il punto di vista di Alessandro Alfieri che fa, invece, una vera e propria lettura sociologica dell'opera di Vasco Rossi (e d'altro canto Alfieri è Dottore di ricerca in Scienze Sociali e Filosofiche presso la Facoltà di Roma “Tor Vergata”). Se Talanca si sofferma sul concetto di Icona, Alfieri esamina invece quello di Mito. Il Mito nell'attuale società è colui che presenta virtù e qualità superiori alla media. Ne consegue che il Mito è per sua natura non migliorabile perché è già perfetto, non può mutarsi o migliorarsi o trasformarsi. Al limite può essere sostituito da un altro mito. Ed è qui che incomincia ad annidarsi l'idea di Male per il sociologo. Egli si rifà addirittura a Benjamin e quindi alla Scuola di Francoforte per affermare che il Mito è negativo proprio perché fondato sull'identità perseverante e costante, sull'eterno ritorno dell'identico. Il Mito è già di per sé la negazione della temporalità e del divenire. Vasco in quanto Mito è quindi votato alla ripetitività, al non poter divenire. Ma non è ancora per questo che Vasco è Male. Vasco è Male perché ha proposto uno schema di pensiero per certi aspetti aberrante: un individualismo legato ad un Io narcisistico che pensa solo a se stesso (anche quando diventa comunità... i fan club appunto dedicati a Vasco). Rossi ha proposto un'ideologia che ha messo alla berlina parole come cultura o impegno politico. Ma Vasco è il Male non perché incarna valori contrari a quelli del bene, ma perché capovolgendoli nell'immaginario collettivo li ha fatti passare come Bene. Se il Male è l'identità perpetrata e il Bene l'alternativa, l'apertura all'inaspettato e alla sperimentazione, Vasco è il Male. La parte forse più difficile da digerire – che però costringe il lettore senza preconcetti a riflettere – è quando Alfieri considera Vasco Rossi addirittura (con Berlusoni, seppur per altri motivi e con altri mezzi) il responsabile dell'attuale orizzonte culturale e simbolico: Vasco ha diffuso ignoranza e menfreghismo, assenza del limite, rifiuto della comprensione del mondo, disprezzo dell'attività intellettuale. Tutti elementi che hanno determinato – almeno in parte - la catastrofe sociale e culturale italiana attuale.

Va da sé che ho dovuto in sede di recensione sintetizzare e di molto un'ipotesi interpretativa che si dipana per più pagine e che, seppur discutibile, ha il grande pregio di gettare (finalmente!) un sasso in uno specchio d'acqua fin troppo stagnante. Perché, come fanno notare Alfieri e Talanca tra le righe, anche i libri scritti su Vasco – con poche eccezioni, e mi piace qui ricordare il bel Vita spericolata dell'amico Marzio Angiolani – hanno contribuito a creare e rafforzare il Mito e l'Icona Vasco Rossi. Libri che hanno non tanto il difetto di essere scritti male, ma di essere troppe volte acritici e addirittura agiografici. Appunto che almeno non si può certo muovere a Vasco, il Male


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In dettaglio

  • Artista: Vasco Rossi
  • Editore: Mimesis
  • Pagine: 127
  • Anno: 2012
  • Prezzo: 12.00 €

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