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Carmen Consoli e la sua abitudine di tornare

Carmen Consoli ritorna dopo cinque anni con un nuovo disco.

La conferenza di presentazione alla stampa, un vero e proprio showcase, ai Circus Studios di Milano

La location riflette molto lo spirito dell’artista: quel misto di atmosfere underground e raffinatezza che si trova in certi loft milanesi, e che da sempre contraddistingue Carmen Consoli. La Cantantessa ha scelto i Circus Studios di Milano per presentare alla stampa il suo ultimo album, L’abitudine di tornare, uscito il 20 gennaio su etichetta Universal Music.Arriva dal fondo Carmen, elegante come una Venere nella sua gonna di pelle, leggera e potente come una brezza. Un saluto veloce, e, con gli inconfondibili occhi ispirati spalancati sul pubblico – e sul mondo – imbraccia la chitarra per dar vita a uno showcase nel quale suona quasi tutti i pezzi dell’album. Sicuramente anche per lei, come per l’Amico Fragile, è «bello pensare che dove finiscono le dita debba in qualche modo cominciare una chitarra».

Sin dalle prime note è chiaro che, se noi non siamo mancati a lei («non ho sentito prima l’esigenza di tornare a esibirmi, ero distratta, concentrata su altre cose…sono stati cinque anni vissuti nella normalità, belli, esaltanti, mi godevo la mia città, ho recuperato un po’ di tempo da dedicare alla mia leggerezza. Non mi è mancato lo show business»), lei, nei cinque anni che separano questo ritorno dal suo ultimo album, Elettra, è certamente mancata a noi. È dunque una gioia, una ventata d’aria fresca, sentirla nuovamente all’opera.

In questi cinque anni di lontananza dalle scene –  nei quali la Cantantessa ha continuato a suonare e ascoltare musica, nei club della sua Sicilia e con gli amici, ma anche dando voce, con l’etichetta discografica Narciso da lei fondata, a diversi artisti emergenti – Carmen ha vissuto e osservato l’Italia. Ha definito questo periodo un «laboratorio di vita», trascorso tra la gente comune e guardando anche la Tv. Ne esce una cronaca verista, un racconto molto autobiografico ma anche molto filtrato, attraverso le chiavi della «com-passione e della condivisione», di questa nostra Italia parecchio alla deriva. Diversi e ultracontemporanei i temi delle canzoni: si passa dai migranti al femminicidio e all’amore omosessuale (da trattare come una tappa e una scelta, non certo come un “problema”), fino all’abitudinarietà che impoverisce le relazioni. Testi densi, fitti di significato, nei quali l’occhio di Carmen vuole essere allo stesso tempo interno ed esterno, ma senza mai puntare il dito: «Spero sempre di non dare giudizi, detesto essere giudicante. Si può fare arrivare il proprio cuore agli altri anche attraverso delle note sublimanti». Un’attenzione particolare alla sua Terra, la Sicilia, territorio di un Esercito silente di persone che resistono anche di fronte all’assenza dello Stato, e che diventa emblema di una resistenza sotterranea ma viva, forte di eroi come Peppino Impastato che «ha combattuto con la poesia e la musica la malavita».


Perché se è vero che il ritratto dell’Italia che questo nuovo album ci regala non è certo positivo o rassicurante («non possiamo negare i fatti, la crisi e le numerose scarpe rosse, simbolo della violenza contro le donne»), è altrettanto vero che le cose possono cambiare. I personaggi di questo appassionato racconto in dieci tappe non sono mai definitivamente vinti (o vincitori): Carmen non è mai “definitiva”, sul ring resta sempre una guerra da combattere, la possibilità, per ciascuno dei protagonisti, di trasformare le avversità in opportunità («nessuno è alla fine vinto, solo momentaneamente, auguro ai miei personaggi di vincere sempre»).

Ecco allora che il buio del presente lascia filtrare la luce della speranza, perché tutto è in trasformazione e l’augurio è quello che possa ritornare una «primavera come speranza perenne e non solo come stagione temporanea». Così abbiamo l’esempio dei pescatori, che ne La notte più lunga decidono di disobbedire alla legge dello Stato per obbedire a quella della coscienza e portare aiuto ai migranti, rischiando le loro stesse imbarcazioni, fonte di lavoro e vita.
Una grande forza etica («a me la morale non piace, mi piace l’etica») attraversa L’abitudine di tornare, che trova nell’educazione, nella cultura, la chiave di volta per rispondere ai mali della contemporaneità (e, altra faccia della medaglia, proprio nell’impoverimento culturale una delle principali matrici del decadimento etico): la cultura è il nutrimento della società, una sorta di vitamina D: «Se non prendi mai il sole, forse ti ammali».

Cultura, educazione e gioia contro l’imbarbarimento. Questi i propositi che la nostra sperimenta anche nella sua veste di neomamma (di Carlo Giuseppe, nato nel luglio 2013) e che cerca di trasmettere a suo figlio. Ammette che la maternità ha molto cambiato il suo sguardo sul mondo, di essere una madre severa ma gioiosa, e di ispirarsi moltissimo all’ottimo lavoro che i suoi genitori hanno fatto con lei: «Sono una copiona, e se sbaglio è solo perché ho copiato male». Non è neppure un caso, forse, che l’album si chiuda proprio con Questa piccola magia, la canzone più esplicitamente legata al suo essere mamma, nella quale il buio della contemporaneità è illuminato da una nuova vita che nasce, cresce, si trasforma, fatta di uno stupore ingenuo e spontaneo e che ci aiuta a sperare che «la felicità abbraccerà questa vita».

La Cantantessa, fedele a se stessa torna, e lo fa in grande stile, con un album che musicalmente porta certamente chiara la sua cifra stilistica (e che ascoltare in acustica è stato certamente un privilegio) ed è «nato nella libertà, senza imporre una linea produttiva». Alle atmosfere tipicamente consoliane si uniscono le anime di Gianluca Vaccaro (qui a fianco nella foto), con la sua vena più elettronica e rock e che contribuisce a regalare aggressività all’album, e di Massimo Roccaforte, dal sapore più jazz con fascinazioni noise. «Abbiamo fuso i nostri geni, come i gameti».

Non manca, nella canzone Oceani Deserti, la collaborazione con il collega e amico Max Gazzé, che le ha insegnato a suonare il basso e di cui Carmen ricorda il primo incontro, risalente a molti anni fa: «Ci siamo conosciuti a Roma a “Il Locale”. Ci sono stati da subito grande feeling e amicizia. È stato un incontro nel quale abbiamo parlato la lingua che conosciamo meglio».

E non è solo il disco l’occasione per godere della “lingua” di Carmen: il ritorno discografico è infatti accompagnato anche dalla dimensione live molto attesa, da sempre forza eccezionale della sua carriera artistica. Il nuovo tour sarà nei Palasport e partirà il 9 aprile 2015 da Porto San Giorgio (FM), per poi attraversare tutta l’Italia. Un’occasione imperdibile per rivedere all’opera quella che il New York Times ha definito una «magnifica combinazione tra una rocker e un’intellettuale… una voce piena di dolore, compassione e forza».



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