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Locomotiva con vista sulla rambla - Guccini celebrato a Barcellona, dove la canzone d'autore, nostra e loro, viaggia su binari sempre più felicemente paralleli

Cose di Amilcare e l'omaggio catalano al cantautore emiliano

Molti gli ospiti intervenuti nella tre giorni catalana

Capita di sentirsi particolarmente vicini ad altre realtà cantautorali, noi che in Italia il fenomeno (possiamo ancora chiamarlo così?) lo viviamo con una certa partecipazione. Nel corso dei decenni è accaduto con i francesi, gli americani, i brasiliani... È accaduto – e accade, oggi più che mai, visto che da quattro anni esiste una realtà come Cose di Amilcare – con i catalani. A diversi di loro, da quando esiste, è stato assegnato il Premio Tenco, alcuni ne sono diventati amici e habitués.

C’è questa sinergia, insomma, e non da oggi. Oggi però, come dicevamo, c’è in più Cose di Amilcare, che in qualche maniera, con un’attività continuativa e sempre di sicuro spessore, è diventato il cuore dello scambio – sintetizziamo – Sanremo/Barcellona (dove appunto ha sede). La più recente, sostanziosa riprova ne è stata la tre giorni (11/13 febbraio) organizzata in concomitanza con la festa di Sant’Eulalia, patrona della capitale catalana, per celebrare Francesco Guccini (come aveva fatto giusto il Tenco pochi mesi fa, già), che naturalmente non ha potuto (né, certo, voluto) esimersi dall’essere presente.

Nella giornata centrale, anzi, il Nostro si è pure reso protagonista di una rentrée in voce, per incidere in coppia con l’autore Joan Manuel Serrat una nuova versione, nell’originario catalano, della Tieta (che come qualcuno ricorderà Guccini aveva pure tradotto in modenese, traslandola nella Ziatta e inserendola nel 2004 in ‘Ritratti’). L’incontro con Serrat rientra in un progetto discografico ancora in via di definizione con al centro il Guccini più squisitamente internazionale (essere più precisi, al momento, sarebbe velleitario).
All’incisione ha preso parte anche Juan Carlos Flaco Biondini, (qui a fianco con Silvia Comes, con cui ha condiviso due brani) che la sera prima, in voce e chitarra, aveva aperto la tre giorni alla Tinta Roja, dividendosi – lui, argentino da oltre quarant’anni trapiantato in Italia e da quasi subito alla corte del Maestrone – fra amori atavici (quattro pezzi di Atahualpa Yupanqui, fra cui la celeberrima Los hermanos, e poi Cielito lindo, ecc.) e icone del suo ex-datore di lavoro, fra cui Scirocco, sua per la parte musicale e nella specifico tradotta in spagnolo (per avere ulteriore diritto di accesso a Barcellona sarà meglio dire “castigliano”...), Canzone quasi d’amore, magistrale (e sempre nella lingua di cui sopra), e, in italiano, Il vecchio e il bambino.

La serata finale, al Teatro C.A.T. (Centre Artesà Tradicionàrius), era invece tutta incentrata su Guccini, attraverso suoi brani (otto) tradotti e cantati in lingue “altre” (anche questo rientra nel progetto discografico di cui sopra) e, a seguire, una chiacchierata tra il festeggiato e due suoi amici di vecchia data, Sergio Staino e Carlin Petrini (a presentare la serata era Steven Forti, con Sergio Secondiano Sacchi anima di Cose di Amilcare, che per quei quattro o cinque che non l’avessero capito sta per Amilcare Rambaldi, storico patron – nonché fondatore – del Club Tenco).

Ma dicevamo degli otto brani tradotti (sette gli interpreti): la parte del leone, come traduttore, l’ha fatta Miquel Pujadò, che ha pure cantato, accompagnandosi con la chitarra (piede appoggiato a una sedia, come nelle migliori tradizioni di settore, da Brassens a Cantacronache), uno dei quattro brani in catalano, Un altro giorno è andato, che ha seguito l’inaugurale Scirocco riproposta da Flaco e ha preceduto TroffaHamra (qui sotto nella foto), la quale, in trio con violoncello e flauto, ha offerto, in maltese, una delle rarità della serata, E tornò la primavera, mai cantata da Guccini (suo solo il testo), ma unicamente da Deborah Kooperman (anche al Tenco 2015, fra l’altro), autrice della musica.

Una delle più belle nuove realtà del cantautorato catalano, Roger Mas, si è quindi prodotto in una versione quanto mai rotonda, anche rilassata, di Canzone per un’amica (alias In morte di S.F.), passando quindi il testimone a colei che più si è allontanata dai moduli gucciniani interpretando per piano e voce, e nientemeno che in maori, Ti ricordi quei giorni, la neozelandese Tamar McLeod Sinclair (in basso a destra nella foto). Nuovamente in catalano, Rusó Sala, accompagnata alla chitarra da Caterinangela Fadda, ha quindi presentato Via dei poeti, altra rarità (sta, come L’osteria dei poeti, nel recente megabox ‘Se io avessi previsto tutto questo’, da un’esibizione gucciniana al Folkstudio datata 1974), mentre a chiudere ci ha pensato Silvia Comes che, col rientrante Flaco alla chitarra, ha cantato Amerigo in spagnolo/castigliano e in chiusura La locomotiva in catalano, prima che, nel secondo tempo della serata, i tre vecchietti (la definizione è loro) si spartissero il palco in amenità varie ma senza equità alcuna, con uno Staino incontenibile e un Petrini, per contro, quanto mai asciutto (secondo incontrollate voci di corridoio perché più attento alla cronaca di un altro secondo tempo, quello di Juventus-Napoli, come la mano portata di frequente all’orecchio a celare l’auricolare di turno, modello Fantozzi-Corazzata Potemkin, lascerebbe supporre; peccato che gli orari non coincidano) e un Guccini collocatosi a una giusta via di mezzo.

Tornando alla Locomotiva presentata da Silvia Comes, facciamo un passo indietro, sempre nell’ottica da cui siamo partiti, notando come identico brano e identica interprete figurino anche nel doppio album Cançons d’amor i anarquia (Picap), testimonianza dell’omonimo spettacolo che ha visto un ulteriore gemellaggio Italia/Catalogna (e Club Tenco/Cose di Amilcare), presentando artisti di entrambe le etnie (e non solo) in differenti contesti e con cast variabili. Il doppio CD di cui sopra ne documenta la costola primigenia e ha visto la luce a fine 2014 a nome di Joan Isaac (tra l'altro presente in veste di uditore al rendez-vous Guccini/Serrat, come da foto qui a fianco), grande amico del Tenco e particolarmente attento a tutto il cantautorato di casa nostra.

‘Cançons d’amor i anarquia’ allinea dunque Isaac con numerosi altri interpreti: a lui toccano l’incalzante La setmana sagnant d’apertura, Les anarchistes di Léo Ferré, Sacco e Vanzetti, però quella tradizionale (l’altra, Here’s to You, chiude, per più voci e più lingue, il disco), e la deandreiana Canzone del maggio, per metà in catalano, in questi ultimi due casi in coppia con Olden (che ha tutta per sé Addio Lugano bella), e ancora A Margalida, suo capolavoro in proprio (anche come scrittura, intendiamo), pressoché tutte fra i vertici dell’opera, accanto quanto meno a Este y aquel, uno dei tre brani in cui ricompare Flaco Biondini, la splendida Joe Hill, cantata in lingua originale (quindi in inglese) da Wayne Scott, e la collettiva A las barricadas.

Ma Joan Isaac, come dicevamo da sempre amico dell’Italia e della sua migliore canzone (in passato ha tradotto e cantato fra l’altro Genova per noi di Conte, E penso a te di Battisti e Le lettere d’amore di Vecchioni), ha voluto andare oltre e così, dopo un lungo lavoro di incisione e assemblaggio (e acquisizione dei diritti, nella cui rete è rimasta purtroppo L’animale di Battiato, già incisa), a fine 2015 ha pubblicato il suo nuovo album, Joies italianes i altres meravelles (Picap), quindici brani di cui nove italiani, con punte d’eccellenza (per comodità indichiamo i titoli originari) per Com’è bella la luna di e con Giorgio Conte (che la canta lui pure in catalano), Piazza Grande, Via del Campo (col già citato Roger Mas, qui a destra nella foto), La luna e il capitano, canzone non notissima del repertorio di Tosca qui impreziosita dalla splendida voce di Maria del Mar Bonet (altro Premio Tenco catalano, come Serrat), la magnifica Modì di Capossela, Guarda che non sono io di De Gregori e, raffinata ed evocativa, D’amore non parliamo più di Ivano Fossati (da notare come la scelta sia spesso caduta su brani forse inattesi, nei vari serbatoi).

Non mancano poi le gemme non di provenienza nostrana, su tutte Gent Senzilla di Vinicius de Moraes e Chico Buarque (altri due Premio Tenco, tanto per gradire), docile ed elegante, in coppia con Silvia Comes, e Torno al Sud di Piazzolla (testo di Pino Solanas), con Joan Manuel Serrat (ma altrove ci sono anche Luis Eduardo Aute, un elegantissimo Silvio Rodriguez ed Eugenio Finardi), mentre, di suo, Joan Isaac inserisce la bilingue Cala la notte a Sanremo, dedicata al Club Tenco e specificatamente ad Amilcare Rambaldi. Tanto per dire che ogni cerchio che si rispetti deve chiudersi immancabilmente in gloria.

 

Foto di Alberto Bazzurro (colore) e Teresa Guccini (bianco e nero).

 

Link:

www.cosediamlicare.eu

www.francescoguccini.it

www.joanisaac.cat


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