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Daniele Silvestri e la sua terra, sotto i piedi

È uscito il 3 maggio il nuovo album del cantautore romano

L'Isola era alla presentazione del disco alla Feltrinelli di Roma

È sceso giù dal filo che lo teneva in equilibrio sulla copertina di Acrobati. Caduto forse, come ci racconta nella presentazione di questo La terra sotto i piedi, alla Feltrinelli di Roma. O meglio, l'immagine corretta non è neanche quella di una caduta, ma di qualcuno che ti afferra e ti riporta giù. «La vita – ci racconta Daniele Silvestri – a volte lo fa, ti viene a riprendere. E allora sono tornato a parlarne...». Non che abbia mai smesso Silvestri di parlare della vita, e delle mille sfaccettature che la compongono, ma capiamo dalle sue prime parole che questo disco è forse meno poetico del precedente e più diretto.

La terra, qualcosa di veramente solido al quale appoggiarsi, dal quale partire, dal quale prendere sostegno. «In questo nostro mondo è tutto a portata di mano, a portata di click, ci sembra tutto possibile e vicino...ecco io credo che forse ci sta mancando sempre di più qualcosa di solido che sia alla base di tutto questo, che faccia da fondamenta. Questo profondo cambiamento violento, che ha modificato non solo il nostro quotidiano ma addirittura la nostra stessa specie sembra mancare della cosa più importante, il pensiero. Il pensiero etico che dovrebbe guidarci».

Questo nuovo album non è affatto totale disillusione anzi, è pieno di speranza resistente. S'intravedono gli anticorpi di questa malattia in corso e non a caso il brano Qualcosa cambia è stato posizionato lì, in apertura. «È il manifesto emotivo del disco. L'ho scritta pensando che sia necessario più che mai andare a cercare qualcosa che sia più vero, più autentico. Più vero di quello che ogni giorno ci propinano come vero. Oggi la voglia di capire, di comprendere, e confrontarsi, è preziosa, è una merce rara». Silvestri nel frattempo, nella sala strapiena della libreria, a casa nella sua città, chiama sul palco alcuni dei compagni di viaggio: Daniele Fiaschi, Duilio Galioto e Daniele Tortora; quest'ultimo presentato come colui senza il quale questo disco non ci sarebbe stato...e non fatichiamo a crederlo.

Sempre nel brano che apre il disco è presente un omaggio (o furto, scherza Daniele) a Lucio Dalla. «Lucio è stato un seme dentro di me che non ha mai smesso di germogliare, la sua fantasia e la sua estrema libertà hanno illuminato il mio cammino. Dopo l'esibizione al primo Sanremo e L'uomo col megafono, dove pensavo di aver fatto schifo, mi arrivò un telegramma di Lucio con solo tre parole. Dentro a quelle tre parole c'è il perché mi sono convinto in quel momento che questo mestiere forse lo potevo fare». Altro omaggio nel disco, differente per stile ed intenzione, è quello all'ex Capitano della Roma. È un tifoso Daniele, lo è da sempre ma non è certamente quello che voleva raccontare nel brano La vita splendida del Capitano. Lo ricordiamo tutti, il giorno dell'addio al calcio di Francesco Totti c'è stata una partecipazione collettiva che è andata ben oltre lo sport e l'affetto per l'uomo, e il tifo. Abbiamo visto piangere persone che non avevano mai seguito una partita di calcio in vita loro. Questo perché quello che Francesco ha messo in scena quel giorno è stata la rappresentazione di una sensazione condivisibile e comune: l'esatto istante nel quale diventi adulto. Che tu lo scelga o che la vita scelga per te, è quel momento lì, in cui capisci che la tua vita non sarà più come è stata fino a quel giorno. «Questo ho cercato di mettere dentro alla canzone».

Il racconto è proseguito con Scusate se non piango e la giornata di riprese all'Angelo Mai per il videoclip del brano (visibile qui), che più che videoclip bisognerebbe chiamare corto. Alla regia l'amico Valerio Mastandrea e Giorgio Testi (regista anche del video di Argento vivo) e la partecipazione attiva di più di 100 persone tra amici, artisti, attori, e fan. Chi conosce un po' la storia musicale e umana di Silvestri e quella più travagliata dello spazio culturale romano dell'Angelo Mai può comprendere bene la scelta non casuale della location.

Le ultime parole prima del firmacopie (che brutta parola che si sono inventati) sono in risposta ad una domanda sul trio (Silvestri-Fabi-Gazzè), dal pubblico qualcuno chiede se è in previsione un loro ritorno assieme. «Abbiamo fatto un piccolo miracolo insieme, forse non avrebbe senso tornare per replicare quell'esperienza». Ma, prosegue, e lancia un sasso. Quello di un grande progetto, al quale partecipare da soli non basterebbe, l'apporto di ognuno di loro singolarmente non sarebbe abbastanza, e allora potrebbe rivederli insieme. Questo progetto, grande, in un luogo sconosciuto e a data da destinarsi.

Nell'attesa di capire a cosa si stesse riferendo Silvestri siamo felici di averlo seguito nel suo cammino in bilico sul filo, e di vederlo con in piedi di nuovo in terra ora. Perché in equilibrio su di un filo ci siamo sempre sentiti anche noi, e il bisogno di terra è, per tutti, oggi come non mai, primario e necessario.


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